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Apologia di Daisy, una ragazza “per bene”

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Se ci seguite regolarmente, non vi sarà certo sfuggito che ieri la nostra Laura ha dato della gatta morta a Daisy, la bella e viziata ereditiera protagonista del film.. volevo dire del libro Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald. Leggendo le sue argomentazioni, non certo prive di fondamento, ho pensato che non era giusto che Daisy passasse per stronza senza che si tentasse di spiegare almeno perché è stronza e mi sono decisa a scrivere due righe per difenderla.
Vi dirò, all’ultimo ho quasi desistito, per il semplice fatto che proprio ieri sera ho visto il filmone di Baz Luhrmann e si è risvegliata prepotente in me l’antipatia per Carey "faccia d’angelo" Mulligan (so che molti la amano, io non capisco l’hype che c'è intorno a lei… forse sto ancora rosicando per quel limone in ascensore).

Tornando a noi, oggi prenderò comunque le difese di Daisy, non quella vestita da Miuccia Prada che balla sulle note di Beyoncé ma quella vera, quella nata nelle pagine di Fitzgerald e data in pasto a generazioni e generazioni di lettori con tutte le sue debolezze e le sue imperfezioni. Prima di me lo ha fatto dalle pagine del suo blog Dana Goldstein, collaboratrice di Slate e The Atlantic, che ha sottolineato che Daisy, ritenuta da molti una delle figure più antipatiche della letteratura mondiale, è in realtà una ragazza spaventata e in trappola, una che non ha scelto la sua vita ma si è calata nei panni che la sua nascita e le sue condizioni le hanno cucito addosso, schiacciata dal suo stesso privilegio. Che abbiate letto il libro, visto il film, o fatto entrambe le cose, non vi sfuggirà che c’è una verità in questo: Daisy si sposa che è ancora una ragazzina con quel bruto di Tom Buchanan, un uomo razzista e beone che le è perennemente infedele, e diventa madre ad un’età troppo giovane per esserlo in modo consapevole. Non ha occasione di viaggiare da sola né di studiare, attività per lo più riservata agli uomini. Non stupisce quindi che mitizzi la sua breve storia con Gatsby, forse l’unico momento in cui ha davvero scelto nella sua vita. 

E Gatsby? Se ci pensate, nemmeno lui la ama davvero, è ossessionato da lei e l’ha idealizzata. Vi ricordate cosa dice Nick Carraway del loro primo pomeriggio passato insieme dopo quasi cinque anni che non si vedevano?

Ci dovevano essere stati dei momenti, perfino in quel pomeriggio, in cui Daisy non era stata all’altezza dei suoi sogni – non per colpa sua, ma per la colossale vitalità della sua illusione. Era andato oltre lei, oltre tutto. Si era gettato in quella storia con una passione creativa, accrescendola continuamente, ornandola con tutte le piume più colorate trovate sulla sua strada. 

E ancora, quando confessa all’amico che cosa aveva provato dopo il loro primo incontro:

Scoprì che si era dedicato all’inseguimento del Graal. Sapeva che Daisy era straordinaria ma non si rese conto di quanto straordinaria potesse essere una ragazza "per bene". Svanì nella sua ricca casa, nella sua vita ricca e piena, lasciando a Gatsby – niente. Lui si sentiva sposato con lei, ecco tutto.*

Vista da questo punto di vista, anche la frase incriminata sulla figlia – la speranza che sia una “bella piccola stupida” – è, come sottolinea a sua difesa il nostro lettore Paolo, più una dolente presa d’atto del maschilismo di quell’epoca che un vero auspicio. Daisy non è cattiva, è figlia del suo tempo; e non è nemmeno stupida, per questo si augura che sua figlia lo sia, la sua condizione di figlia di qualcuno e poi di moglie di qualcuno le peserebbe molto meno.

Volete un paragone pop? Pensate a Betty Draper (per chi non la conoscesse, è la moglie di Don Draper, protagonista della serie tv Mad Men attualmente arrivata con successo alla sua sesta stagione). Betty è insopportabile e viziata, ma è anche una donna dell’America di fine anni ’50, una che può indossare bikini succinti solo in casa mentre il marito si fa letteralmente qualunque donna gli capiti a tiro, una che sta tutto il giorno nella sua bella casa nei sobborghi a un’ora di treno dalle luci e dalla vita di New York, ad aspettare che torni il marito per riscaldargli la cena.
Una delle scene più memorabili della serie è quella in cui Betty esce in giardino in vestaglia e spara con un fucile ai piccioni del vicino; è una scena di ribellione, del tutto fine a se stessa, che ce la fa sembrare più simpatica nella sua follia, anche se sappiamo che un minuto dopo tornerà la spocchiosa cotonata di sempre. Allo stesso modo proviamo empatia per Daisy, almeno per qualche riga, quando scoppia a piangere a dirotto, senza un motivo apparente, in mezzo alle camicie di Gatsby "perché non aveva mai visto delle camicie così belle prima".

Se anche voi state con Daisy, Betty, o qualche altra stronza suo malgrado, unitevi a me e facciamo sentire loro il nostro affetto!

* Francis Scott Fitzgerald – Il grande Gatsby – Newton Compton Editori – traduzione di Bruno Armando.

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