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Dan Brown, e l’arte al tempo del nuovo Inferno

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Perché mettersi a presentare Dan Brown quando tutto il mondo ormai lo conosce, suo malgrado persino? Bisogna davvero dire che ha venduto milioni di copie? No. Che dai suoi romanzi sono stati tratti film? Nemmeno. Che è Il Bestsellerista gerarchicamente più Bestsellerista di tutti (e perciò potenziale fonte maggiore di vergogna)? Neanche. Soprattutto quando l'ultima fatica, Inferno (Mondadori, 2013) è oggetto di marketing selvaggio da mesi ormai.

danbrown Dan Brown, e larte al tempo del nuovo InfernoE perciò si venga al sodo. La fortuna del caro Dan Brown è stato scovare quel perfetto equilibrio tra Arte e Action. Niente di più, niente di meno. Prima pagina e sei già catapultato nel mezzo di una super-azione adrenalinica, con il protagonista su un letto d'ospedale colto da amnesia. Che dire della trama senza spoilerare l'inspolerabile? Che siamo a Firenze, almeno all'inizio e per molta parte del libro, che c'è in corso una minaccia mondiale, e che Dante è onnipresente, ovviamente.

Ma tornando al connubio Arte/Adrenalina. Dan fa così: sceglie uno degli artisti più conosciuti al mondo, o meglio più conosciuti al pubblico americano, cioè all'incirca 3 o 4 mostri sacri che conoscono anche i sassi (Leonardo DaVinci, Dante e fra poco la lista si chiude), costruisce intorno alla loro figura un qualche mistero esoterico e lancia il Robert Langdon in una corsa disperata contro il tempo per scongiurare qualche grave pericolo, che in qualche modo riguardi le care icone. Così facendo, il lettore si sente subito più colto e contemporaneamente iniziato a un circolo culturale di cui potrà vantarsi con i vicini (pratica un poco più difficile per gli europei, ma mai disperare). Effetto collaterale: che Inferno oltre a portare turismo a Firenze, aumenti le vendite della Divina Commedia, vedere la faccia del lettore medio che si trova davanti le terzine dantesche al posto di un horror/thriller sarebbe un momento impagabile. 

Comunque, in Inferno, Dan ha superato se stesso in termini di icone. Ha citato e stra-citato l'Inferno di Dante, si è lanciato in descrizioni del giardino di Boboli, Palazzo Vecchio, il Duomo, il David di Michelangelo di Firenze, e innumerevoli altri, in modi così dettagliati che non c'è da meravigliarsi se il lettore a un certo punto non sa più se sta leggendo un romanzo o un TripAdvisor. (Tra parentesi, non avevamo stabilito di comune accordo, noi lettori, che le descrizioni erano noiose e tanto valeva metterci delle foto?)

D'altro canto però il Dan ha beccato un tema che si presta a infinite discussioni. Sempre senza spoilerare, o comunque appena appena, tanto la cosa si chiarisce presto, il problema del Nemico di turno (ricchissimo genio carismatico con un'ossessione per Dante) è la sovrappopolazione globale, che porterà al collasso dell'ecosistema, con fine delle risorse, guerre, carestie e inferno dantesco in Terra (e questa non è fiction). La domanda che viene posta è questa: “Uccideresti metà della popolazione per salvare la nostra specie dall'estinzione?”. C'è di buono che Dan non risponde. Il suo Langdon ha un'idea ma le co-protagoniste ne hanno un'altra e in definitiva la domanda è lasciata sospesa. E quindi, lettore e non lettore, di nuovo a te:

Se premendo un interruttore potessi uccidere a caso metà della popolazione mondiale, lo faresti? No? E se ti dicessero che se non premi subito quell'interruttore la razza umana si estinguerà nel giro di un secolo?

Ps: Che Dan Brown, oltre ad aver chiamato il suo ultimo Inferno come quello di Dante, abbia anche voluto "stelle" come ultima parola del tomo esattamente come l'ultima della Divina Commedia fa di lui un megalomane o un fedele ammiratore?

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