
La capra linguista
Dovete sapere che Adele, prima di essere una conduttrice radiofonica era una traduttrice, e dopo essere stata una conduttrice radiofonica è ancora una traduttrice. Perciò, capirete, ha accolto con un leggero accapponamento della pelle la notizia del bunker per traduttori predisposto nei sotterranei della sede di Mondadori. Si sa che tra gli esponenti di una categoria c'è sempre un filo di cameratismo, per questo, quando domando ad Adele «perché rinchiudere dei traduttori ai lavori forzati per dieci ore al giorno, sette giorni su sette, praticamente senza pause e senza nemmeno il supporto di un sindacato cinese?», la risposta le viene dal profondo del cuore.
«Forse non tutti sanno che quando inizi a tradurre qualcosa, se è ben scritto - ma a volte soprattutto se è scritto male - tu parti letteralmente per una missione. Una delle frasi che, a mio avviso, meglio riassumono il lavoro del traduttore l'ha scritta Percy Bysshe Shelley: The plant must spring again from its seed, or it will bear no flower — and this is the burthen of the curse of Babel. La pianta deve germogliare dal suo stesso seme, o non porterà fiori, e questo è il fardello della maledizione di Babele. Una maledizione che, come dicevo, diventa una vera e propria missione. Quella di rendere giustizia al testo che stai traducendo. È da nuovignoranti pensare che un libro sia brutto perché è tradotto male, e magari a leggerlo in lingua "ah, signora mia, è tutt'altra cosa". Certo, "signoramia", è effettivamente tutt'altra cosa; ma, a un occhio ben allenato, non sfugge la differenza tra un libro tradotto male e un libro che semplicemente è brutto.»
Mi fa un certo che pensare che i traduttori ricevano tutte queste attenzioni proprio nel momento in cui vengono rinchiusi in un bunker. È il più classico dei paradossi. Tempo fa abbiamo già osservato che l'Italia non è un Paese per traduttori. Si lavora tanto, si guadagna poco e c'è sempre questa forma sottile di nuova ignoranza delle persone che non sanno, o, più probabilmente, che per pigrizia non si fermano a pensare, che dietro un libro straniero c'è sempre un traduttore. Io mica ci penso, per dire. È un po' come il rapporto tra sceneggiatori e registi: tutti che conoscono i registi, ma gli sceneggiatori?
In fondo, il traduttore è proprio un tipo da sgabuzzino, da segrete, da bunker. Non c'è niente da fare. E Adele me ne dà conferma. Ore e ore passate al buio di una stanzetta… La nuova ignoranza sta anche nel pensare che solo i traduttori di Dan Brown si spacchino per dieci ore al giorno, sette giorni su sette, chini sui libri e fuori dal mondo. In realtà è normale, non c'è nulla di straordinario, e dovremmo solo essegliene grati. E speriamo che i traduttori di Dan Brown, almeno in virtù di questa "operazione figheria" siano stati pagati un po' più del solito.
Adele & Michele
PS. Per chi si fosse perso le puntate precedenti, questa è la prima volta che La nuova ignoranza non va in radio. D'ora in avanti sarà sempre così. Sapevatelo.
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