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Carmen Pellegrino | Cade la terra

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Photocredit: Rebecca Litchfield

Cade la terra (Giunti, 2015) di Carmen Pellegrino è il racconto della lenta e inesorabile deriva di un paese. E non mi stupisce che questo paese immaginario si chiami Alento. La lentezza, infatti, con cui scompare Alento, frana dopo frana, è paragonabile all'agonia di un pianeta; così come vagare tra paesi abbandonati è diventata una specie di odissea spirituale per confrontarsi con la fine. Sono sempre più numerosi quelli che intraprendono questa sorta di pellegrinaggio laico tra case vuote, alla ricerca del senso del vivere. E, come suggerisce la stessa Carmen Pellegrino, un paese vuoto è una nave che viaggia nel tempo:  

Da qui il paese morto sembra oscillare nella sua massa convessa, come una nave nel mezzo della tempesta, e dalla poppa non si vede la prua. (p.22)

Devo ammettere che i paesi abbandonati mi mettono un'infinita tristezza, forse perché anche il paese in cui sono cresciuta sta scomparendo. Tutte le volte che vi faccio ritorno scopro una nuova crepa sui muri, un sorriso in meno tra la gente.

cade Carmen Pellegrino | Cade la terraLeggendo Cade la terra non ho provato tristezza ma una profonda commozione: mi sono tornate in mente alcune fotografie di Rebecca Litchfield che mi avevano fatto emozionare ma non ero riuscita a capire perché. Come le immagini  della Litchfield, la scrittura onirica di Carmen Pellegrino mi ha finalmente svelato che i luoghi abbandonati posseggono una forza diversa. Il vuoto e il silenzio sono soltanto apparenti. In realtà qualcosa di straordinario accade con il passare degli anni: la natura si riappropria di tutto quello che abbiamo lasciato ad esistere senza di noi. Insomma, io ho capito che i paesi non sanno morire. O almeno non sanno morire come noi.  

Un'altra cosa vi devo confessare. Orfana inconsolabile di Gabriel Garcìa Marquez, ho creduto di ritrovare in questo romanzo le atmosfere magiche di Macondo e i suoi vividi fantasmi:

Siamo una folla di invisibili, cacciati molto presto dalle vostre vite,- dice Cola Forti, interrompendo i miei confusi pensieri, – una folla che permane nell'oscurità del paese.

(p.193)

La vita di un paese abbandonato è una narrazione difficile, piena di insidie. Si auscultano rovine di case in cerca di piccoli segni: rumori appena percettibili, leggeri crolli, piogge di calcinacci, lente frane, lievi lesioni

Non so voi ma io credo nel destino e, quando certi libri arrivano tra le mie mani, capisco di averli aspettati, li riconosco. Non serve essere cresciuti in un paese abbandonato per innamorarsi di Cade la terra e apprezzare quello che, secondo me, la scrittura di Pellegrino riesce a fare: restituire la vita alle rovine.

Qui, fra queste pietre che si lasciano attecchire dalla natura nei modi più strani, non è come camminare in paraggi in cui non c'è nulla, perché ci sono loro. In questa prospettiva ben più lieta di una fossa, si possono cucire i rattoppi sulle giacche dure di chi è vissuto infelice – silenzio nel silenzio – ora che la morte non può più venire, ora che anche la fine, se è venuta, è passata. 

(p.208) 

 

Carmen Pellegrino, Cade la terra, Giunti, 2015 

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