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Lieve è l’error

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onofri

Si stava meglio quando si stava peggio, o almeno così pare a sentir parlare alcuni scrittori che più o meno volutamente hanno deciso di fare dell'omosessualità una precisa scelta poetica. Meglio gli antichi castighi oppure i castigati ammonimenti degli antichi? L'“Epistola ai froci romani” dal Super Eliogabalo di Alberto Arbasino risuona ancora viva e cupa:

Fate, fate gli spiritosi o gli sciocchini, camerati e compagni… Eravate ‘come pesci nell’acqua’, integrati nella società più bisessuale d’Europa perché qui il sesso mediterraneo era facile e diffuso, spontaneo e disponibile, allegro e sportivo, pagano e gentile, privo di colpe cattoliche e di rimorsi puritani e di complessi borghesi, soprattutto perché finché una cosa non viene nominata dunque non esiste e rimane invisibile anche se la si fa… non bastavano tre notti – ricordate? – per girare tutti i posti di incontri polimorfi molto facili e molto simpatici, e le divisioni o differenze classiste c'entravano davvero poco, in quelle spiagge e stazioni e terme e parchi e bastioni e colossei, giacché si era vestiti tutti in modo molto 'casual', senza una lira addosso, e vigeva semmai il razzismo del centimetraggio. E adesso, come se non bastassero i falsi problemi e i tormentoni provocati dai giornalini 'liberati' o zozzi, ecco tutti questi gruppi che facendo i collettivi sul discutere e mai sul vivere si costruiscono giorno dopo giorno i loro ghetti – tutto un discorrere di ruoli e rapporti e identità e funzioni e livelli e sistemi e limiti e formalizzazioni e focalizzazioni e autocoscienze e castrazioni e paranoie – come i radioamatori e i pescatori subacquei, gli alpini e i tifosi, i callasiani e i numismatici, gestendo un full time tutto gerghi intimi e mitologie private, con la propria etichetta appiccicata e sventolata 24 ore, 365 giorni, sempre.

Era il 1969 e nonostante le riscritture successive il senso non più cambiato. Ogni generazione individua in quella precedente (o in un'ipotetica età dell'oro gaia) la possibilità di vivere l'esperienza omosessuale a tutto tondo, senza pregiudizi e pregiudiziali. Il passato idealizzato e romanzato come estremo antidoto all'omologazione e alla banalità della vita quotidiana. Anche di quella gay.

A quasi mezzo secolo dall'epistola ai romani, Lo splendore e la scimmia di Anton Giulio Onofri riparte proprio da Alberto Arbasino (soprattutto quello di L'Anonimo lombardo e di Fratelli d'Italia, cui si ispira esplicitamente il titolo) per raccontare un viaggio nell'Italia (con una trasferta in Marocco) degli anni '90 di un gruppo di amici melomani e omosessuali che si conclude con la notte di capodanno del 2000, anno in cui si tenne a Roma il primo World Pride e in cui si poteva ancora sperare in un cambiamento di attitudine da parte della politica italiana pronta, così sembrava, ad accogliere le istanze del movimento LGBT.

I protagonisti del romanzo di Onofri, però, si tengono ben lontani dalla politica e dalle politiche identitarie. Sono omosessuali e vivono da omosessuali apertamente, seguono le loro passioni (la musica, l'arte, il cinema), i loro desideri e i loro amori apparentemente a prescindere da quello che le comunità gay stanno conquistando, anche per loro. Sono liberi di scegliere di essere omosessuali e non gay. Si innamorano spesso di giovani eterosessuali (o di etero-curiosi diremmo oggi) del Sud dell'Italia e dai fisici perfetti, spesso rimorchiati all'uscita delle caserme, e ne diventano più che amanti, migliori amici con benefici, pigmalioni, fratelli (spesso sono accolti nelle 'inconsapevoli' famiglie di questi ragazzi di vita tardonovecenteschi come veri e propri figli). Le donne (madri, mogli, amanti, rivali) fanno da sfondo a questa partitura tragicomica in cinque atti, purtroppo loro non è il regno dei cieli. 

Il paradiso è la grande bellezza dei corpi muscolosi e tonici dei militari, i paesaggi italiani ancora da scoprire e da vivere in prima persona, la musica colta e mai popolare. Un paradiso per pochi eletti, per pochi sopravvissuti. Un perfetto androceo, dunque, parimenti scollacciato e raffinato, a tratti asfissiante e vagamente misogino, costruito su storie, personaggi e linguaggi mai piatti, vissuti sul sublime e del culto del passato, che passato non è del tutto (esemplare è il recupero di alcune pagine militaromoerotiche di Edmondo De Amicis: alcuni padrini letterari sono più queer di altri), o che non è mai stato. Si stava meglio quando si stava peggio, o forse no?

Lo splendore e la scimmia di Anton Giulio Onofri, Lantana, 2013, pp. 192

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Abbiamo le prove

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Quella di cui sto per parlarvi è proprio una bella notizia, anzi, una bella storia. È la storia di Violetta Bellocchio, scrittrice e giornalista, che all'improvviso decide di fondare una rivista on line. Lo so, starete già pensando: "Sai che novità, ne nasce una ogni giorno!". Stavolta però c'è qualcosa in più ed è dato dai contenuti e da chi li scrive: solo donne e solo storie vere.

Che vuol dire storie vere? Vuol dire nonfiction, un genere che tutti conosciamo, solo che non abbiamo mai saputo che c'era un nome per definirlo. Nessuna finzione, storie davvero accadute a chi le scrive, e per scriverle, Viola Bellocchio, ha chiamato scrittrici professioniste, scrittrici debuttanti, giornaliste, non scrittrici, non giornaliste.

Da tutti questi ingredienti nasce Abbiamo le prove, una rivista on line aggiornata quotidianamente, dal lunedì al venerdì, con storie vere, grandi e piccole, tutte scritte da donne e quasi tutte italiane.

In quello che lei ha chiamato il suo "finto" editoriale, Violetta Bellocchio spiega, in modo molto ironico, cosa l'ha spinta a fondare una rivista e dice (tra le altre cose, compreso qualche vaneggiamento su musica, attrici, quella volta che è entrata in un bar ed è scoppiata a piangere, nonni etc):

Il Web italiano “per le donne” offre galassie di raccoglitori su moda e bellezza,‭ ‬e scarpe, e consumi,‭ ‬anche, nel senso più lato possibile, e alcuni di questi raccoglitori sono fatti molto bene, se è per quello‭; ‬il resto a me manca.‭

Io, da lettore e non da femmina, sono stanca di passare opinioni,‭ ‬spin,‭ ‬corsivi,‭ ‬para-Amache‭, gomitini gomitini e ‬commenti del commento del fatto di domani‭; ‬io voglio un posto dove c’è solo la storia,‭ ‬dove c’è solo LA ROBA,‭ ‬le ossa e la pelle‭; ‬io ne ho bisogno fisicamente.‭

Mi hanno sempre fatto EEEEH i discorsi del genere sì le donne,‭ stiamo tra donne, ‬solo ragazze,‭ ‬tee-hee,‭ però, lo vedi?, ‬a un certo punto anche se ti fanno schifo ti rendi conto che è tutto comunque necessario‭; ‬che un posto senza mansplaining ci vuole,‭ ‬e che se non c’è‭ (‬o non l’hai trovato tu‭) ‬tanto vale tirarne su uno.‭

Pensando a “una rivista”, io volevo poter pubblicare un pezzo al giorno,‭ ‬dal lunedì al venerdì‭; ‬volevo la stabilità di una piccola rete con due parole-chiave (nonfiction, donna) e volevo sapere che ogni giorno ci sarebbe stata una cosa nuova da leggere.‭
Volevo un posto dove potessero scrivere donne che non si conoscono tra loro‭; ‬un posto al netto delle divisioni gay/straight,‭ ‬giovane/vecchia,‭ dentro/fuori.
‭E v‬olevo un posto dove potessero scrivere tutte le donne italiane che mi piacciono. E’ venuto fuori che me ne piacciono tante,‭ ‬e tante continuo a trovarne.‭

Il giorno del debutto, il 15 settembre, ha aperto le danze la scrittrice siciliana Nadia Terranova con la storia Quella volta che avevo nove anni e non sono morta.

A questo punto, suppongo che tutto ciò che potrei aggiungere adesso sarebbe superfluo., quindi seguite Violetta con le sue donne e le sue storie, anche su Twitter!

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Tempo d’autunno

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Ho incontrato un'amica (capita a tutti un'amica così) e mi è venuto il mal d'autunno: lei è una donna con molte certezze. Ad esempio, lei crede che esista l'autunno. Mi ha annunciato che arriverà sabato, il 21 settembre. Io le ho risposto che non c'è più la mezza stagione. Ma lei mi faceva di no con la testa. Allora ho provato a convincerla, le ho detto che non c'è più la mezza stagione, ma lei faceva di no col dito della mano destra. Allora ho urlato: non è vero! Non c'è più la mezza stagione! Ma lei ha un cuore autunnale e, con l'antipatia di un vento gelido, ha ribadito: arriva l'autunno! I miei occhi si sono riempiti di lacrime e sono volata via. Come una foglia.

Tempo d'autunno…

Nord

Spiccata variabilità lungo l'arco alpino con piogge qua e là e deboli nevicate sui crinali di confine anche sotto i 2000m. Meglio su pianure e coste con cieli poco o parzialmente nuvolosi, a tratti nuvolosi sulla Liguria orientale con possibili piovaschi serali. Temperature in lieve rialzo ad Est, in calo ad Ovest. A voi consiglio un libro che ha dentro il calore di una famiglia, per riscaldare le prime sera d'autunno: Taiye Selasi, La bellezza delle cose fragili (Einaudi, 2013). Qui le prime pagine.

 

Centro

Ancora giornate soleggiate, ma con annuvolamenti in sviluppo sulle zone interne tirreniche e con possibilità di qualche precipitazione la sera-notte sull'appennino toscano. Variabile anche altrove con isolati piovaschi. Con le prime piogge servirà una lettura idrosolubile. Vi consiglio: Fulvio Ervas, L'amore è idrosolubile (Marcos y Marcos, 2013). Un giallo celestiale!

 

Sud

A tratti instabile sul basso versante tirrenico con qualche pioggia sparsa. Asciutto con ampi spazi soleggiati per la maggior parte del tempo. Il consiglio di lettura la raccolta di saggi, Di carne di nulla, di David Foster Wallace (Einaudi Extra, 2013). A DFW il 12 settembre scorso Finzioni ha dedicato un meraviglioso #DFWday! Voi dedicategli le prime sere d'autunno. 

Arrivederci!

 

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Italo Calvino

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Dati biografici: io sono ancora di quelli che credono, con Croce, che di un autore contano solo le opere. (Quando contano, naturalmente.) Perciò i dati biografici non ne do, o li do falsi, o comunque cerco sempre di cambiarli da una volta all'altra. Mi chieda pure quello che vuol sapere e Glielo dirò. Ma non Le dirò mai la verità, di questo può star sicura. 

Quindi, farò finta che oggi non sia l’anniversario della morte di Italo Calvino. Non parlerò della Cuba dove nacque e della villa di Roccamare dove morì. Non parlerò della sua esperienza come partigiano, né del suo impegno politico altalenante. Non parlerò degli anni trascorsi a Parigi, dell’amicizia con Queneau e della partecipazione all’OuLiPo. Non parlerò del matrimonio con l’argentina Chichita e della nascita della figlia Giovanna. E non ne parlerò soprattutto perché l’opera di Calvino, vastissima, multiforme, classica e contemporanea al tempo stesso, sembra uscita dalla penna di dieci persone diverse, o di un uomo vissuto mille anni, o di uno che ha viaggiato nel tempo, o di uno scienziato, o di un poeta, o di un bambino, o di un indovino.

E se di un autore non conta la biografia ma le opere, forse ancora più di queste conta quanto e come i suoi libri abbiano influenzato la vita di chi li ha letti.

Il mio primo incontro con questo autore, in giovanissima età, è avvenuto con La foresta-radice-labirinto, un’affascinante e immaginifica storia per bambini che unisce il gusto per l’assurdo e l’amore per il fiabesco. Ancora oggi ricordo l’incanto con cui sfogliavo quel libro, dalle labirintiche e fantasiose illustrazioni in bianco e nero.

Poi, alle elementari, lessi Il barone rampante su consiglio della maestra di italiano. Provai subito simpatia per Cosimo, questo strano nobile che manda all'aria tutte le convenzioni e si libera dei suoi doveri salendo sugli alberi e non tornando più giù, e per un certo periodo lo imitai arrampicandomi ai giardini pubblici.

Qualche anno dopo Il visconte dimezzato figurava tra le letture obbligatorie alla scuola media. Nonostante lo spontaneo ribrezzo per le letture imposte, la vicenda di quest'uomo diviso in due parti, una buona e una malvagia, storia a tinte cupe in bilico fra l'assurdo e il meraviglioso, è stata capace di turbarmi e di suscitare in me molte domande sulla mia personalità.

Una volta approdata al liceo ho scoperto in Calvino un vero alleato contro i molti critici astrusi e istintivamente antipatici che affollano i manuali di letteratura. La sua lettura dell'Orlando Furioso apre le porte di un universo narrativo esaltante e visionario, un poema labirintico, pregno di una vitalità inesauribile, spensierato e irrazionale. Allo stesso tempo, il suo saggio Perché leggere i classici mi ha fatto scoprire un nuovo modo di studiare la letteratura: un modo soggettivo e emotivo, che tiene conto non dei canoni estetici ma del gusto personale e della propria storia.

Negli anni del liceo ho letto anche Marcovaldo. Ho sorriso e mi sono commossa per le avventure di quell’urbanicolo così ingenuo e buffo nel suo cercare sprazzi di natura, vita e umanità nei luoghi freddi e inospitali dove abita. Nata e sempre vissuta in città, sentivo di condividere la stessa malinconica e idealistica battaglia.

Quando ho compiuto diciott’anni e sono stata chiamata a votare al referendum abrogativo del 2011, quella volpe di mia madre mi ha consigliato di leggere La giornata di uno scrutatore, libriccino breve quanto micidiale. Così ho scoperto un Calvino ancora nuovo: impegnato sì nella politica, ma prima di tutto attento a tematiche vertiginose come il discrimine fra umano e disumano e i diritti dell'essere vivente e senziente.

Verso la fine del liceo, proprio quando gli interrogativi e i timori sul futuro diventavano più opprimenti e pressanti, mi è capitato di leggere Le città invisibili. Esplorando il regno del Gran Khan insieme a Marco Polo mi sono ritrovata in un labirinto di paradossi, di immagini potenti ed evocative, di suggestioni e sogni, in cui però si intuisce una segreta coerenza e geometria. E mi sembrava che quei racconti surreali mi sussurrassero la risposta a molte domande, mi offrissero nuovi occhi per guardare la realtà e affrontare i problemi da una prospettiva nuova, più rarefatta e serena.

Ci sono tanti Calvino che ancora non conosco: quello neorealista dei Sentieri dei nidi di ragno, quello dedito a una scrittura metanarrativa di Se una notte d’inverno un viaggiatore, quello fantascientifico delle Cosmicomiche… E sono felice di avere ancora molti Calvino da scoprire, perché sono sicura che fra le sue opere ne troverò sempre una adatta al momento che sto vivendo. Così, a ventotto anni dalla sua morte, i romanzi di Calvino sono più vivi che mai nella mia esperienza e nella mia storia.

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Re-Kiddo: Dahl, elogio del bambino cattivo

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http://heykiddo.it/storie/quasi-teen/letture-kiddiche/roald-dahl-bambino-cattivo/

Questo non vuole essere un tributo a Roald Dahl, scrittore da me adorato e ancora tra i miei preferiti, bensì un tributo ai bambini cattivi, da lui molto amati e raccontati in modo tenero, crudele, poetico, straniante. 

"Cattivi" non nel senso canonico del termine, quello scritto nel vocabolario, quello che ci dice la vecchia zia quando non ci siamo comportati a modino – cattivi in un modo diverso, positivo. Bambini che non si arrendono alle regole dei grandi, spesso troppo assurde e prive di fantasia. Bambini che non vogliono credere che la vita è quella che è, che dobbiamo fare buon viso a cattivo gioco, perché non possiamo cambiarla. Bambini che hanno il coraggio di alzare la voce, di dire non lo faccio, di rischiare, di mettersi in gioco, di mettersi in pericolo. Di provare e non riuscire, senza sentirsi per questo un fallimento. Di essere antipatici e scostanti, se è quello che si sentono di fare. Bambini che si ribellano a molte cose, alla ditattura dell'essere carini, arrendevoli, al non fare rumore, a non disturbare. Bambini che vogliono creare sconcerto, che mischiano le carte in tavola, che ribaltano dogmi e costruiscono nuovi mondi che nessuno credeva fossero possibili. Bambini che sanno perdere con stile, e vincere con gioia. Bambini che sognano e non credono a chi dice che è inutile, tanto i sogni non si avverano mai. Bambini che vedono un mondo che a loro non piace e decidono di cambiarlo: ma non per eroismo, bensì con un filo di egoismo, che a volte è l'unica cosa che davvero ci permette di andare avanti. 

I bambini di Roald Dahl hanno capito una cosa molto importante: cliccate qui per scoprirla!

http://heykiddo.it/storie/quasi-teen/letture-kiddiche/roald-dahl-bambino-cattivo/

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Ti guardo, ti sento e ti stravoglio

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Jack London

Per una buona riuscita del post si prega di regolare il vostro tono di voce in modalità sensuale – tono suadente, eccitato, ansimante, sensuale.

Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, corpi bollenti, sono tutto un fuoco, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, ardo d'amore, sono tutto ardente, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, le tue labbra calde, il tuo corpo caldo, le tue mani calde, il tuo sesso caldo, i tuoi seni caldi, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, brucio, brucio, brucio, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, accendi la passione dentro di me, accendi la passione dentro di me, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, corpi bollenti, corpi bollenti Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, ho il fuoco dentro, brucio di desiderio Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai siAh, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, sono tutto bollore, sarà la febbre, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Irene Cao, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, Ah, si dai si, 

Preparare un fuoco, Jack London, 92 pg – 45 minuti

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Caro-libri: la ribellione dell’assessore di Cosenza

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(photocredit: schicchi)

 

Metto in conto fin da ora che il tono dell'articolo potrà sembrarvi populista, piagnone e qualunquista, ma pare proprio che la situazione stia prendendo una piega precisa che non rende facile la vita a chi vuole rimanere tranquillo. Proprio di recente avevamo parlato dei libri scolastici e della loro puntuale «stangata», perché è così che ormai è giornalisticamente cristallizato questo serissimo problema trascinato e aggravato di anno in anno. Se per trovare un'etichetta non si è perso tempo, una soluzione reale sembra che nessuno ce l'abbia in mente, perciò finisce che a Cosenza l'Assessore alla scuola deve arrivare a forme di protesta decisamente sopra le righe.

Lo chiamano «caro-libri» ed è ciclico come le stagioni: si accende a settembre, per tutto il mese, e arriva fino a metà ottobre, spegnendosi poi insieme all'autunno e ripresentandosi l'anno seguente, identico a prima, ma aumentato nel prezzo, proprio come ogni nuova edizione. Solo che sappiamo bene tutti quanti che non è questo il momento storico per tirare troppo la corda e che la pazienza delle persone è direttamente proporzionale al loro conto in banca. E sappiamo che un aiuto dall'alto non sarebbe solo auspicabile, ma doveroso, e che non si dovrebbero chiedere le elemosina ma pretendere un diritto sacrosanto: il diritto alla decenza. Credo, su per giù, che siano questi gli umori della vicenda che ha visto protagonista Geppino De Rose, Assessore alla scuola del comune di Cosenza che ha protestato pubblicamente contro un provvedimento che ha tagliato del 60% l'ammontare dei buoni per la fornitura gratuita e semigratuita dei testi scolastici. De Rose ha deciso di incatenarsi simbolicamente davanti la scuola elementare Carmelina D'Ambrosio; in questo istituto, in realtà, gli studenti potranno avere gratuitamente i libri, ma l'assessore ha scelto di far partire da qui la protesta perché la scuola si trova in uno dei quartieri poveri, dove l'eco del gesto si espande con un effetto particolare.

Oltre all'incatenamento, De Rose ha dichiarato di voler fotocopiare a sue spese i testi per gli studenti delle famiglie meno abbienti che non potranno usufruire dei buoni libro, dicendosi pronto ad autodenunciarsi per violazione sui diritti sulla proprietà intellettuale. L'episodio di per sé attira l'attenzione soprattuto per la sua vistosità, ma a volerlo indagare si possono fare tutte le considerazioni che vogliamo e possiamo parlare anche di gesto demagogico che cavalca l'onda del momento o di strumentalizzazione per fini propagandistici. Ognuno ha la giusta quantità di fantasia per vederla come vuole, ma credo che casi come questo debbano tutt'al più evidenziare in che razza di situazione si sta cacciando la scuola e, soprattutto, in che razza di condizione si devono ridurre le persone. In realtà, quindi, il gesto di De Rose non va commentato più di tanto. Gli atti come questo aumenteranno, almeno finché il loro messaggio non verrà considerato. Ma nel frattempo si continuerà a parlare di proteste, ribellioni, provocazioni, nella speranza che arrivi novembre e che, entro settembre dell'anno prossimo, la rabbia si sia cicatrizzata in rancorosa rassegnazione. Dopotutto, se proprio hanno tutta questa voglia di studiare, i libri sono pur sempre costretti a comprarli, no?

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Rughe | Paco Roca

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“Ti ricordo che siamo vecchi e per questo dobbiamo fare cose da vecchi”
la Signora Antonia

A me gli anziani sono sempre piaciuti.
Mi piacciono i vecchi che camminano lentissimi, i vecchi che guardano i lavori in corso, quelli che stanno stanno seduti al bar a parlare del tempo o a guardare altri vecchi che giocano a carte.
Anche quelli brontoloni che alla fine sono brontoloni solo perché gli serve una ragione per lamentarsi e se gliela togli ne troveranno un’altra.
Mi piacciono quelli che ti chiedono quanti anni hai e qualunque sia la risposta replicano “beato te”, quelli che chiamano la Telecom ‘SIP’ e perfino quelli pericolosissimi che guidano con il cappello. Quelli che che vanno in chiesa ma se gli accade qualcosa di inaspettato – nel bene o nel male – bestemmiano fortissimo.
Mi piacciono perché sono come dei bambini ma con la presunzione di averne viste tante e tu-che-sei-giovane-che-ne-vuoi-sapere.

rughe le ali cover HR e1379671074397 Rughe | Paco Roca Detto questo, Rughe di Paco Roca non può che essere un fumetto bellissimo perché i protagonisti sono proprio degli anziani. 
Sono tanti e molto vari, ladri, ottimisti, lamentoni, alcuni totalmente rincoglioniti, sordi, orbi. Sono adulti con difetti esasperati all’inverosimile, e in molti dei loro atteggiamenti chissà che non ritroviate i vostri nonni. 

Lo scenario in cui si muovono – molto lentamente – è una casa di riposo in cui ovviamente non succede assolutamente nulla.
Il tema già di per sé è ben triste: la monotonia della vecchiaia, in un ospizio il cui massimo evento è l’arrivo dell’ora di cena, una routine desolante fatta di ore passate a non far niente, ad aspettare che succeda qualcosa per sapere di cosa parlare per qualche ora. 

Come se non bastasse il protagonista Emilio, ultimo arrivato nella casa di riposo, è affetto da Alzheimer. La malattia è ancora ai primi stadi, ma lentamente e dolorosamente Emilio prende coscienza del suo stato. 
Il vero dramma, ancora più doloroso del non ricordare, sembra essere la consapevolezza della perdita della memoria, a causa di una malattia che non ha margini di miglioramento né vie di scampo. Simbolo della degenerazione della malattia è il piano superiore della casa di riposo, dove vengono confinati i malati terminali e contro il cui trasferimento Emilio si opporrà con tutte le sue forze. 

 Rughe | Paco Roca

Nonostante la difficoltà e profondità del tema, in Rughe il dramma è affrontato con ironia, si sorride spesso, almeno tante volte quante ci si intristisce. Paco Roca si conferma un maestro del genere e a Tunué va il merito di aver portato in Italia questa bella storia. 

Da Rughe è anche stato tratto un film. Io non l’ho visto ma con questi presupposti mi fiderei.

Domani invece, sabato 21 settembre, è la giornata mondiale dell’Alzheimer.
Pensateci e sappiatelo.

Paco Roca, Rughe, Tunué, pp. 96, Euro 7,90 – ISBN 978-88-97165-67-5

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Mai pensato a un book therapist?

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LucySun

Avete presente la famosa frase «quel libro mi ha cambiato la vita»? Beh, vi confesso che io questa esperienza non l’ho mai vissuta nel senso letterale del termine: ci sono libri che hanno cambiato la mia visione di alcune cose, o hanno aumentato la mia consapevolezza su altre – io li chiamo i libri dai cui non si torna indietro – ma nessuno che abbia modificato a lungo termine le mie azioni o il modo in cui vivo, almeno non consapevolmente. Probabilmente sono tutti i libri che ho letto ad averlo fatto. Ho amici invece che ricordano il singolo libro che li ha resi la persona che sono oggi; per farvi un esempio, scusate se banale, conosco almeno un paio di persone che hanno cambiato il loro atteggiamento verso il consumo di carne dopo aver letto Se niente importa di Jonathan Safran Foer.

Probabilmente proprio per questo, se sbirciando in una bacheca di annunci alla ricerca di un imbianchino trovassi l’annuncio di Lucy Sun, ne sarei incuriosita: il volantino riporta una foto di questa donna, accompagnata dalla scritta «Il libro giusto ti può cambiare la vita». Il servizio che offre al costo di 30 $ all’ora? Quello di book therapist. 

Due blogger di The Gawker sono incappate in questo flyer a Brooklyn, nel quartiere di Prospect Heights, e incuriosite dalla promessa dell’annuncio – aiutarti a scovare il libro che può fungere da life coach nella vita, nelle relazioni, nella carriera o ad uscire da un momento di crisi - hanno deciso di strappare l’indirizzo mail alla base del volantino e scrivere alla presunta terapista (presunta in quanto non ha una formazione accademica né in letteratura né in psicologia, ma è molto attiva su Goodreads) per capire di cosa si tratta. La terapia si svolge in questo modo: alcuni incontri preliminari per inquadrare la situazione e capire che libro occorre, poi si passa a leggerlo insieme e stilare un piano per mettere in pratica le lezioni contenute in esso. La scelta del libro, sulla carta, non si riduce ai soliti manuali di self-help ma spazia dal romanzo al saggio storico.

Alcuni l’hanno trovata una c****a pazzesca, altri un’idea brillante. Io non so se accetterei consigli da una terapista che si fa chiamare Sole, ma a parte questo, senza mettere in dubbio il valore di un libro in un momento buio o di svolta, credo che preferirei in ogni caso scoprirlo autonomamente o con l’aiuto di un amico e soprattutto leggerlo da sola.
E voi, c’è un libro che vi ha cambiato la vita? O un romanzo «terapeutico» al quale ricorrete nei momenti di crisi?

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Tablet sui banchi di scuola

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L'abbiamo già detto e non ci stancheremo di ripeterlo: la digitalizzazione può rappresentare un grande passo evolutivo per la scuola. Ma mentre in Italia abbiamo ancora da smacchiare vari leopardi, da picchiare eventuali Jo Condor e da guardare altri anziani su Youtube prima di poter anche solo pensare ad un passo grande ed importante come la digitalizzazione scolastica, altrove si passa ai fatti. Anche se il nostro sistema scolastico è invidiabile, perchè in Italia riceviamo un'educazione davvero ampia ed approfondita, siamo ancora qua a preoccuparci dei tagli alla scuola, alla ricerca, al personale, ai fondi per le suppellettili. Va da sè che abbiamo ben altro a cui pensare, al momento.

Però. In Canada, pare che i dati sulla scolarizzazione dei bambini nativi (indiani, per intenderci) fossero preoccupanti, con un 60% circa di studenti semplicemente inadatti alla società proprio a causa dell'analfabetizzazione all'interno della comunità. A quel punto non è arrivato Medioman, e nemmeno Superman: è arrivata Kobo, che ha sganciato 3.500 eReader ai bambini nativi canadesi, oltre a qualcosa come $ 100 mila per lo sviluppo di un programma di scolarizzazione studiato insieme all'associazione Free the Children. Un'idea semplice per invogliare i bambini a leggere: regalare loro qualcosa di interattivo e dotato di schermo touch è sempre una mossa infallibile (la prima volta li ammutolisce per un'ora buona, provare per credere). Kobo ha regalato dei device Touch già pre-caricati con testi della tradizione nativa americana, con autori tipo Jaqueline Guest, Sylvia Olsen, Richard Wagamese, in modo da creare automaticamente una sinergia e suscitare l'interesse della comunità: quando si parla la stessa lingua, la comunicazione è più facile, dicono.

La collaborazione tra Kobo e Free The Children durerà un anno, durante il quale il team ha organizzato un tour attraverso le regioni dell'Ontario, Manitoba, Saskatchewan e Columbia Britannica per promuovere appunto il progetto, che siccome non era figo abbastanza si avvale anche della collaborazione di Frontier College, un'organizzazione di volontariato su scala nazionale per l'alfabetizzazione, che già sostiene i programmi autoctoni aborigeni.

Meanwhile, in Australia l'azienda Copia, in collaborazione col progetto LearningField, ha lanciato un programma di vero e proprio restyling digitale del sistema scolastico.  Per ovviare a tutta quella serie di fraintendimenti sulla natura di un eBook, se è un libro o un software, e chi lo possiede e quanto si deve pagare per accedere al materiale scolastico ed altre ciancerie simili, si è tagliata la testa al toro optando molto più semplicemente per la soluzione "pacchetto", "sottoscrizione" o "a buffet", come vi piace. Con testi digitali a disposizione su Tablet, due gli abbonamenti disponibili per le insegnanti "dell'asilo" (non esattamente: la pre-school è una scuola preparatoria alla scuola, in cui i bambini già imparano a leggere e scrivere): il primo, a $ 160, comprende inglese, matematica, geografia, scienze e storia; il secondo, a $ 250, che copre 45 materie.

Il materiale è gentilmente sponsorizzato dalla Oxford University Press, Cambridge University Press, Wiley, Pearson e Cengage (n.d.r. almeno 4 su 5 sono marchi europei), i quali hanno probabilmente collaborato soprattutto per curiosità nei confronti dell'esperimento: questo tipo di educazione, tutta digitale, offre la possibilità di partire da un modello standard su cui costruirne uno personalizzato per ogni studente, monitorandolo nei progressi e nei regressi. Il progetto sarà ampliato anche alle scuole secondarie australiane, che saranno quindi le prime al mondo a sperimentare appieno la digitalizzazione scolastica.

E comunque, non serve attraversare oceani per snasare che il cambiamento è nell'aria e capire quante e quali opportunità offre la digitalizzazione scolastica: tanti gli esperimenti anche in Inghilterra, tante le piattaforme di e-learning che sbocciano. Al di là dei decreti entusiastici ed avventati, probabilmente i nostri figli faranno i compiti sui tablet.

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Bruno Pontercorvo e il neutrino errante

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Due appuntamenti si sono conclusi nella scorsa settimana, entrambi dedicati ad uno dei più importanti scienziati italiani del secolo scorso ma che, ahimè, non è vissuto abbastanza per vedere la sua persona riconosciuta nel contesto nazionale. I due appuntamenti si sono svolti per la precisione l'11 e 12 Settembre, il primo, e dal 18 al 20 Settembre, il secondo. Entrambi gli appuntamenti, che sarebbe meglio chiamare "convegni", si sono svolti sotto il patrocinio dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), del Centro Europeo per la Ricerca Nucleare (CERN) di Ginevra e dell'Istituto Congiunto per la Ricerca Nucleare (JINR) di Dubna, in Russia.

A questo punto posso dirvi anche chi era questo importante scienziato, del quale si sono commemorati i 100 anni dalla nascita: il fisico Bruno Pontercorvo, noto anche come Bruno Maksimovič Pontekorvo. Nato il 22 Agosto del 1922 a Marina di Pisa (PI), Pontecorvo è stato uno dei fisici più brillanti ed influenti del XX secolo, ma, come avrete forse immaginato dal secondo nome, la sua fama scientifica è stata offuscata fino ad oggi a causa della sua scelta, già all'epoca fortemente criticata, di trasferirsi con la moglie svedese e i figli in Unione Sovietica, era il 1950.

Pontercorvo, come altri brillanti fisici italiani della sua epoca, riuscì a combinare per anni i tre aspetti fondamentali della ricerca scientifica: la ricerca teorica, la ricerca sperimentale (pura) e la ricerca applicata. Non bisogna stupirsi di questo però, se si pensa a chi sia stato il "maestro" di Bruno Pontecorvo. Dopo aver superato il biennio di Ingegneria all'Università di Pisa, egli si trasferì a Roma, dove si iscrisse al terzo di Fisica per poter studiare con l'allora docente di Fisica Teorica della Sapienza, Enrico Fermi.

Pontercorvo fece parte fino al 1934 dell'ormai celebre gruppo di giovani scienziati diretto da Fermi del Regio Istituto di Fisica dell'università di Roma, allora collocato in Via Panisperna e per questo chiamato gruppo dei "Ragazzi di Via Panisperna". Pontercorvo, seppur appena laureato collaborò con Fermi e con gli altri del gruppo, come Ettore Majorana ed Emilio Segrè, nei suoi studi sul decadimento dei neutroni lenti, che poi portò lo stesso Fermi a scoprire il meccanismo delle reazioni nucleari che gli valse il premio Nobel per la Fisica nel 1938.

Dopo diversi anni nella fisica nucleare, Pontercorvo, errante come le sue particelle, che dopo via Panisperna viaggiò dalla Francia agli Stani Uniti e all'Inghilterra, intorno la fine degli anni Cinquanta cominciò ad interessarsi della fisica astroparticellare, ossia del comportamento delle particelle subnucleari nello spazio. Egli ipotizzò, prima di tutti, un ormai verificato fenomeno riguardante delle strane particelle chiamate neutrini, aventi carica nulla e dunque assomiglianti ai loro parenti più "grossi" i neutroni, aventi spin 1/2 e dunque facenti la parte la categoria dei fermioni, come gli elettroni, ma, aventi una massa estramente inferiore rispetto proprio a questi ultimi. Pontercorvo pubblicò nel 1957 un articolo sul fenomeno dell'oscillazione dei neutrini, secondo il quale queste particelle, che si differenziano fra di loro in base al tipo di particella subnucleare dalla quale "provengono", nello spazio vuoto tendono a cambiare la loro natura.

Bruno Pontercorvo può essere considerato uno dei padri fondatori della fisica delle alte energie, ed in particolare della fisica dei neutrini e per i suoi meriti scientifici venne insignito di importanti premi dell'URSS. È un peccato quindi che abbia dovuto aspettare tanto perché anche in Italia si potesse finalmente parlare di questo grande scienziato solo perché il suo cuore e le sue idee politiche l'avevano spinto in una diatriba internazionale più complicata dei suoi stessi studi.

A tal proposito, visto che Pontecorvo non ha lasciato opere divulgative se non un libro intitolato Fermi e la fisica moderna del 1972, voglio ricordare un'opera divulgativa di qualche anno fa scritta dal mentore di Pontercorvo, Enrico Fermi, riguardante proprio gli anni cruciali della sua vita scientifica, intitolata Atomi, nuclei, particelle. Scritti divulgativi ed espositivi 1923-1952.

Buona lettura!

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Esperanza: quando la beat generation incontra la indie generation

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Esperanza

(image credits: theolympian)

What you believe
you'll wish to receive
I won't believe in you

Hang on to your life
Tristessa

(Smashing Pumpkins – "Tristessa")

Non siamo diventati una webzine musicale così, all'improvviso e senza preavviso, e (purtroppo) non vi voglio raccontare la storia di come Billy Corgan degli Smashing Pumpkins sia rinsavito grazie alla book therapy e abbia ricominciato a scrivere canzoni belle come "Tristessa". Anzi, a dire la verità, non parlerò nemmeno degli Smashing Pumpkins, li ho tirati in ballo solo perché fino ad ora questo loro secondo singolo è stato l'unico legame tra il mondo della musica e l'omonimo romanzo di Jack Kerouac.

Fino ad ora, appunto: la notizia è che Jim Sampas, nipote di Jack Kerouac e music producer specializzato in tributi, ha messo insieme gente figa come Lee Ranaldo dei Sonic Youth, i Low Anthem, William Fitzsimmons e Tony Dekker dei Great Lake Swimmers per farli lavorare ad Esperanza, un disco uscito questa settimana per l'etichetta di Boston Reimagine Music, con 19 tracce che omaggiano Tristessa di Kerouac (il titolo del disco, tra l'altro è il titolo della donna che ha fatto da ispirazione per la storia). Alcuni dei musicisti coinvolti hanno semplicemente messo in musica testi poetici o in prosa di Kerouac, nei quali, come lo stesso Sampas ha dichiarato «C'è una grossa musicalità». Altri, come Peter Bradley Adams, hanno scritto anche i testi e non conoscevano Tristessa fino a quando Sampas non gliene ha parlato.

Questo, comunque, non è la prima produzione di Sampas dedicata ad omaggiare la memoria dello zio beat: l'idea per Esperanza, infatti, è stata il seguito naturale della risposta positiva del pubblico a One Fast Move Or I’m Gone: Kerouac’s Big Sur, documentario e disco con Jay Farrar dei Son Volt e Ben Gibbard di Death Cab For Cutie e Postal Service tra i vari ospiti.

Non ci resta che augurarci che nascano sempre più cose del genere (chi mi fa un tributo a DFW, grazie?), che i link tra musica indipendente e letteratura si moltiplichino esponenzialmente perché, come ha dichiarato il suddetto Peter Bradley Adams «Nonostante quanto si pensi c'è un sacco di gente che ancora legge libri, là fuori».

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e-News al ragù

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Stanchi dei soliti pranzi etnici? Stufi dei buffet giapponesi? Annoiati dagli aperitivi sofisticati? Pronto per voi il buon vecchio classico ragù di e-News della domenica, che borbotta per ore e scalda il cuore. Preparato con amore come solo mamma e nonna sanno fare.

  • Random House, in partnership con Flipboard (piattaforma di aggregazione digitale), ha avuto la brillante idea di creare il magazine di Game of Thrones. La zine si chiamerà The World of Ice and Fire e fornirà ai fan della serie (letteraria, ma anche televisiva) info, curiosità e spoiler sul lavoro di George R. R. Martin. Stessa storia per la trilogia di MaddAddam, di Margaret Atwood. Conoscete qualcuno che non ha nemmeno finito di leggere la frase e si è già abbonato?
  • È uscito il 24 Settembre How Roland Rolls, l'eBook per bambini che Jim Carrey ha scritto e auto-pubblicato: è la storia di una piccola onda che ha paura di crescere, perchè sa che si infrangerà su uno scoglio e morirà. Il self-publishing è oramai talmente comune che la notizia non ha nemmen suscitato domande da parte della stampa;
  • Prevista per Novembre l'uscita europea dello smartphone Yotaphone con doppio schermo, LCD ed eInk. UN cellulare dalle caratteristiche di tutto rispetto, e in più un display eInk (purtroppo non touch screen, ma navigabile tramite tastierino nello chassis) che agevola la lettura e fa risparmiare batteria. Euri 500, venghino siòri venghino;
  • La formula del bundling sta davvero prendendo piede, generando fusion tra editori, retailer, agenzia di comunicazione come in un reattore nucleare: l'ultima è stata Livrada che, con una partnership con Hook Book Events propone un libro o un eBook gratis ai partecipanti all'evento che si terrà il 24 Settembre;
  • Altro giro altro regalo, è uscito il nuovo eReader Illumina HD, di Icarus: schermo eInk HD 6 pollici, luce frontale integrata, processore da 1GHZ, 4Gb di memoria interna (come dire 40 librerie da 400 libri l'una). Per € 100… anche se il display non è di ultima generazione e non ha tutte le strabilianti features del nuovo Kobo o del nuovo Kindle;
  • I cugini galli, di là dal Piemonte, hanno ricevuto un cospicuo aiuto da papà Google: 60 milioni di Euro come finanziamento all'editoria online. L'aiuto è arrivato a coprire quello che il governo francese non era riuscito ad assicurare con i fondi nazionali, il tutto onde evitare l'attuazione della proposta di legge sull'indicizzazione a pagamento per i motori di ricerca;
  • La star della serie Modern Family Julie Bowen ha prestato la propria voce per la creazione si un enhanced eBook per bambini, The Adventures of Ana and Phil: The Carnival. L'eBook, che potete sfogliare gratis, ha lo scopo di sensibilizzare bambini e genitori sul tema delle allergie al cibo, pericolose se ignorate soprattutto a scuola. L'attrice stessa ha voluto partecipare per il figlio, allergico alle noccioline e alle punture di insetto. Quando si parla di bambini, tutto è importante.

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Già, perché Vecchioni?

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(photocredit: nanopress)

 

La notizia di Roberto Vecchioni candidato al Nobel per la Letteratura ci voleva proprio. Solitamente, i nomi che circolano non fanno discutere più di tanto perché molti di essi non sono noti al grande pubblico, mentre stavolta le reazioni ci sono state eccome, specie su internet, tra "il popolo di Twitter", Sì, perché ormai gli utenti di Twitter vengono considerati come un'unità sociale dai tratti definiti, che propone, giudica, accetta e rifiuta. Il modo in cui i media tradizionali si rapportano con loro fa quasi tenerezza, perché è a metà tra il divertito e l'intimorito, ma ciò che conta è sfruttare per i propri scopi gli umori di Twitter. Così ecco che per la candidatura di Vecchioni al Nobel si va a pescare una manciata di tweet selezionando quelli ironici (la maggior parte, perché stando a Twitter sembrerebbe che la stragrande maggioranza di questo Paese sia dotata di un'ironia e una sagacia eccezionali), quelli arrabbiati, quelli perplessi e quelli tiepidamente soddisfatti, in controtendenza. Dato che è difficile esprimere un'opinione profonda in 140 caratteri e che è inutile dare le notizie parandosi dietro i tweet altrui, cercherò di capire insieme a voi come stanno le cose. 

La nostra Francesca Modena qualche settimana fa ci aveva parlato del #totoNobel, ma dubito che, pur sbizzarrendoci, saremmo riusciti a tirare fuori il nome di Roberto Vecchioni. Lui è anzitutto un cantautore, perché in merito alle persone che fanno più di una cosa è sempre opportuno ricordare ciò che fanno veramente, quello per cui nascono (che non è per forza quello in cui riescono meglio). Alcuni suoi brani sono molto famosi, come Luci a San SiroSamarcandaVoglio una donna e nel 2011 ha vinto il Festival di Sanremo con Chiamami ancora amore. Alla sua attività musicale, però, si intreccia quella di scrittore: nel 1983 insieme all'album Il grande sogno esce in allegato un omonimo libro di poesie e racconti, nel 1996 pubblica per Einaudi la raccolta di racconti Viaggi del tempo immobile e prosegue con il romanzo Le parole non le portano le cicogneIl libraio di SelinunteDiario di un gatto con gli stivaliVolevo. Ed erano voli, Scacco a Dio. Tra gli anni Novanta e gli anni Duemila avvia anche una carriera da insegnante presso licei e università tenendo corsi come "Storia letteraria della canzone italiana" o "Forme di poesia per musica". 

Non solo ridere, ridere, ridere ancora, quindi. Nell'inverno del 2011, Vecchioni era stato nominato anche Presidente del Forum delle Culture di Napoli, ma l'incarico fu al centro delle polemiche per i presunti 220mila euro che il cantautore avrebbe chiesto come compenso, e tutto finì pochi mesi dopo con le dimissioni del diretto interessato. A settant'anni suonati, Vecchioni sventola così una lunga e riconosciuta carriera musicale, una parallela e più dimessa carriera letteraria associata a quella di professore, e anche un immanente impegno politico. Eppure il suo nome tra i candidati al Nobel per la Letteratura continua a sorprendere. Lui per primo ha dichiarato che credeva si trattasse di uno scherzo, dicendosi poi ovviamente onorato per il grande attestato di valore che l'Accademia di Stoccolma riconosce alla sua «intera produzione letteraria». Vecchioni non è l'unico cantautore del gruppo, perché tra i candidati c'è anche Bob Dylan, ma evocare questo nome non gioca molto a favore del paroliere nostrano, dato che a voler fare un confronto diretto, e spiace dirlo, ne uscirebbe un po' malconcio. 

Se il concetto di letteratura non è definibile in senso stretto e se non è possibile circoscrivere la sua zona di competenza in modo netto, nulla impedisce ai cantautori di essere tra i candidati. Il punto è che la Letteratura, con la L maiuscola, resta dei poeti, dei romanzieri e dei drammaturghi, e la musica, almeno per ora, sembra tutt'al più destinata a un ruolo di rappresentanza, quasi fosse una quota minima da ammettere per legge. In questo senso, non è tanto il nome di Vecchioni a dover far discutere (l'Accademia poteva optare anche per Guccini o De Gregori), quanto l'estraneità intrinseca della sua categoria con il resto dei candidati. Bob Dylan, il cui valore musicale è indiscutibile, è anch'egli un pesce fuor d'acqua, di quelli che Murakami si mangia con le bacchette a colazione. Vecchioni fa bene a gioire e a gongolare, ma chi vede in lui l'intruso nel gruppo Carducci-Deledda-Pirandello-Quasimodo-Montale-Fo non ha tutti i torti, per il semplice fatto che oltre a lui ci sono tanti altri letterati che, pur non avendo scritto Il fu Mattia Pascal, rimandano al mittente qualsiasi smorfia di perplessità (e i primi nomi che circolano sono Eco e Maraini, ma ognuno può, con ragionevolezza, pensarne altri).

E poi, se proprio vogliamo dirla tutta, il più grande riconoscimento letterario dovrebbe premiare autori e opere che fanno Letteratura, e fare Letteratura significa confrontarsi con la propria epoca e lasciare un segno visibile su di essa, nero su bianco. Il nome del vincitore può essere più o meno conosciuto e il Nobel può eventualmente consegnare l'autore al pubblico che merita per farsì che la Letteratura faccia il suo corso. Se Vecchioni non bagna sette camicie al solo pensiero di dover essere adatto a tutto ciò, dimenticandoci per un attimo il discorso sull'estraneità dei cantautori al Nobel, allora la sua candidatura non è così assurda. Eppure dubito che Murakami, sapendo di essere tra i papabili, abbia risposto «pensavo si trattasse di uno scherzo». Credo che la differenza, e la spiegazione, in fondo sia tutta qui. 

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Più James Franco in copertina!

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I libri possono elevarci spiritualmente, specie se in copertina c'è James Franco, o trasformarci nei protagonisti di una nuova puntata di "Sepolti in casa". A volte possono portarci a commettere atti deprecabili, come il tentato omicidio. Scopriamo il potere dei libri con i Bookatini di oggi.

 

  • Come spesso succede, in contemporanea all'uscita del film ispirato al romanzo, gli editori cavalcano l'onda della popolarità mettendo in copertina le locandine cinematografiche (vedi qui, qui e qui). L'han fatto anche per As I lay Dying (Mentre morivo), il romanzo di Faulkner che James Franco ha portato a Cannes quest'anno. L'apporto di Franco in copertina è tale, che vien da chiedersi perchè non ci sia un po' di Franco in ogni grande opera letteraria. (via buzzfeed)

 

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  • Una libraia della University of Iowa ha condiviso sul suo tumbrl alcuni volumi di Robert Mudie del 1837, Spring, Summer, Autumn e Winter che testimoniano l'antica arte dei dipinti sui bordi delle pagine: a libro chiuso non si nota nulla, ma se si aprono le pagine a ventaglio emergono dei dipinti complessi che corrispondono a ogni stagione dell'anno. (via dailymail)

fore edge paintings gif Più James Franco in copertina!

 

  • Accumulate libri? Siete compulsivi, ligi o ottimisti? L'atto di comprare i libri senza poi leggerli, in Giappone ha un nome specifico, Tsundoku. Dare un nome al proprio problema aiuta a prendere coscienza ma quello che aiuta ancor di più è una lista di giustificazioni per continuare ad accumulare e non leggere, senza sentirsi in colpa. (via htmlgiant)

 

  • L'amore per i libri può sfociare in un disturbo ossessivo-compulsivo, e a volte può anche far perdere la ragion pura. È successo a un ventenne di Rostov sul Don, nella Russia meridionale, che in seguito ad un'accesa discussione su Immanuel Kant, ha ferito a colpi di pistola l'interlocutore suo coetaneo. (theguardian)

 

 

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Jonathan Coe | Expo 58

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Era un pomeriggio piovoso a Bruxelles. Passeggiavo raccolta sotto l'ombrello per protteggermi dalla pioggia battente, ma tirava vento e non riuscivo a ripararmi. Quand'ecco, sulla mia destra, la Passaporta: uno dei pochi negozi aperti di domenica pomeriggio nella capitale belga e, per mio sommo piacere, una libreria anglo-franco-germano-fiamminga che mette a disposizione dei suoi clienti thermos di caffè caldo. Sono entrata per riscaldarmi e sfogliare un paio di libri aspettando che la pioggia si calmasse. Nella sezione inglese c'era un mucchietto di volumi con una fascetta arancione che diceva: "Firmato dall'autore". Ne ho preso uno in mano: era La pioggia prima che cada.

Dunque Jonathan Coe era stato a Bruxelles, alla Passaporta. Io sapevo che, oltre ai thermos di caffè ai clienti, la Passaporta mette alcuni alloggi a disposizione degli scrittori di tutto il mondo, che li possono sfruttare per scrivere, lavorare e scoprire la cultura locale nella campagna belga.

Ho comprato una copia de La pioggia prima che cada e sono ritornata in strada, dove la pioggia cadeva ormai da un pezzo. Ero curiosissima: forse Jonathan stava scrivendo un libro ambientato a Bruxelles?

Tre anni più tardi, Expo 58 ha risposto alla mia domanda.

copertina coe 2 Jonathan Coe | Expo 58

Ambientato nel 1958, agli albori di quello che è uno dei periodi di pace più lunghi per l'Europa, Expo 58 ci parla di una Bruxelles all'avanguardia, pronta, nel cuore della guerra fredda, a ricevere esponenti da tutto il mondo per celebrare il progresso dell'umanità. L'Atomium, gigantesca struttura in alluminio eretta per l'occasione nel cuore di Heysel, il quartiere dedicato alla fiera, si alza a simbolo della fiducia nel futuro.

Expo 58 è una storia di spionaggio. Un ignaro funzionario inglese si trova nel bel mezzo delle operazioni di spionaggio tra russi e americani. È anche, in un certo senso, la storia di un erasmus: un inglese stanco della vita che conduce in patria si trova per sei mesi in Belgio, circondato da persone provenienti dal mondo intero. Un'esperienza straordinaria quanto eccezionale: se a tratti il protagonista si sente al centro del mondo, a tratti si trova invece a dubitare che ciò che sta vivendo sia reale.

Expo 58 è, infine, una storia che solo Coe poteva scrivere. Rispetto ad altri suoi romanzi, la vicenda si snoda in un lasso di tempo piuttosto ristretto – poco più di sei mesi – e i personaggi sono relativamente pochi. Eppure, anche in Expo 58 si percepisce quello che è uno dei tratti distintivi dell'autore, ossia il suo gusto per gli intrecci di vite. Vite che avrebbero potuto scorrere per sempre parallele, ma che invece si incontrano, dando luogo a sviluppi imprevedibili, con conseguenze che si fanno più grandi tanto più passa il tempo.

In questo viavai tra il Belgio e l'Inghilterra, un piccolo cammeo spetta anche a Bologna. Non posso fare a meno di chiedermi come gli sia venuta in mente. Che Coe ci sia stato? Che ci sia stato e gli sia piaciuta? Chissà se fra tre anni la newsletter della Penguin mi annuncerà la prossima uscita di un nuovo romanzo di Coe, ambientato questa volta proprio in Italia, nella mia città natale…

Jonathan Coe, Expo 58, Feltrinelli, 2013

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Addio ad Álvaro Mutis, amico di Márquez e del Faber

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(photocredit: AGI.it)

È morto ieri, all'età di 90 anni, lo scrittore Álvaro Mutis, a causa di complicazioni cardio-respiratorie per le quali era ricoverato in ospedale da circa una settimana. A darne la notizia è stata la moglie Carmen Miracle, mentre su Twitter sono comparse le condoglianze ufficiali di Rafael Tovar y De Teresa, presidente del Consiglio Nazionale per la Cultura e le Arti:

«Alvaro Mutis è morto. Le mie condoglianze a Carmen e ai loro figli ed a Gabriel Garcia Marquez per la morte del suo più caro amico.»

Nato a Bogotá, in Colombia, nel 1923, lo scrittore si stabilì in Messico nel 1956, a causa di un'accusa di frode per la quale fu costretto a trasferirsi. Grande era l'amicizia con il connazionale Gabriel García Márquez del quale fu infatti il primo lettore di bozze. 

Considerato uno dei grandi maestri della letteratura latinoamericana e dei maggiori esponenti del "Realismo magico", Mutis esordì nel mondo della letteratura come poeta. Forte il legame col mondo del cinema; alcune sue opere, Il Araucaima padronale e Ilona arriva con la pioggia sono state riportate sul grande schermo, mentre grazie alla bellissima voce divenne anche la voce narrante spagnola de Gli intoccabili.

Dal libro di poesie Summa di Maqroll il gabbiereFabrizio De Andrè trasse ispirazione per la sua Smisurata Preghiera, tratta dall'ultimo album Anime Salve. I due si conobbero alla prima del film Ilona arriva con la pioggia e divennero amici.

Mutis ricevette il Premio Cervantes nel 2001 e, nel 1997, il Príncipe de Asturias de las Letras e il Reina Sofia, due importanti premi della letteratura americana.

In Italia, Álvaro Mutis è pubblicato da Einaudi, Mondadori e Franco Pruzzo Editore.

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Richard Stark – Parker: l’inferno in terra

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Proprio davanti a casa mia c'è un piccolo negozietto che vende tutti i libri a 2 euro. Ce ne sono tantissimi, tutti usati ovviamente, cambiano spesso e costano, appunto, poco. Certo, la maggior parte sono, come dire, poco invitanti, ma a volte, spesso, si trovano delle vere perle (con un'ora di tempo libero, almeno). Ecco uno dei migliori libri che ho trovato a caso e che mi godo alla faccia dei Mondadori Multicenter che mi chiedono 18 euro per il meglio di Roald Dahl con la copertina in cartoncino tutta raggrinzita.

Qualche anno fa avevo scoperto, un po' per caso, un po' perché la BUR ne ha ripubblicati due e molto per le convincenti parole di Tito Faraci, Richard Stark, pseudonimo di Donald E. Westlake e scrittore di noir. I noir più famosi che ha fatto sono il ciclo di Parker. Roba talmente bella che quando ne leggi due poi impazzisci e vuoi continuare per sempre. Il problema è che non si trova. Da nessuna parte: bancarelle, librerie, biblioteche, siti internet. Ormai avevo perso la speranza, quando un frizzante pomeriggio settembrino, più per riscaldarmi che per acculturarmi, entro e, vicino a un Michael Crichton d'annata, ti vedo questo:

parkercover Richard Stark   Parker: linferno in terra

Una raccolta del 2008 di Mondadori, già introvabile, con i primi tre romanzi di Parker. In quel momento non si può davvero dire che cosa provi: un misto di sorpresa, incredulità, soddisfazione e botta di culo che quasi gli davo tre euro e dicevo: tieni il resto. Non esistendo una moneta da tre euro la cosa risultava però infattibile. 

Insomma: corro a casa per leggermelo tutto in due ore e tornare presto a essere triste perché non posso andare avanti all'infinito, lo apro e sulla prima pagina una tal Elisabetta ha scritto questo, a matita:

Parker è immorale e a me sta pure antipatico. Mi sembra un figlio dei nostri tempi; anche se l'autore ce lo presenta quasi come un mezzo Robin Hood, a me pare sono un fottuto egoista.

Parkerbetty Richard Stark   Parker: linferno in terra

Effettivamente, a una prima lettura, Parker è proprio antipatico, egoista e pure fottuto. Ma c'è un errore di fondo: attribuirgli vizi o virtù che afferiscono alla sua sfera personale, alla sua coscienza di sè. Perché, Betty, vedi, la grandezza di Parker, l'irraggiungibilità di Parker è il suo essere pura azione. Il suo non dico non pensare ma proprio non darsi le condizioni di possibilità per farlo. Parker non è, Parker fa. Fa e basta.

Di più: se mi chiedi che tipo è Parker, non saprei rispondere. Non lo costruisci nemmeno per differenza. Parker è un algoritmo che davanti a una situazione fa sempre la cosa giusta per uscirne conservando i propri interessi. Non c'è vendetta, o rabbia, o furbizia o pietà in sè, ma solo in quanto propedeutici a un'azione. Ecco, sì. Parker è un algoritmo. E come tale la bellezza dei suoi libri è superata dalla particolarità del loro protagonista, che non è giudicabile come bella o brutta, ma come, come dire, mirabile.

Che lavoro fa Parker? I titoli dei tre libri che compongono la raccolta dovrebbero essere abbastanza esaustivi: Anonima carogne, Liquidate quel Parker e Parker: a ferro e a fuoco. E un Gratta e vinci costa 5 euro, in che mondo vivamo.

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Torna Roland, per ragionare adesso sulla scrittura

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Da venerdì 27 a domenica 29 settembre torna a Milano, nello spazio di Via Assab 1, Roland. Macchine e animali, una tre giorni letteraria nata da un’idea di Giorgio Vasta e Marco Peano, in collaborazione con Matteo B. Bianchi e Francesca Manzoni e con Ilaria Bernardini ed Elena Quarestani. Se vi state chiedendo il perché di questo nome, sappiate che la spiegazione è una storia a sé, la storia di una macchina tipografica e di un elefante marino che dovete proprio leggere

L’obiettivo dichiarato di questa manifestazione è «ragionare adesso sulla scrittura, sulle estetiche e sulle pratiche editoriali, sulla lingua, sull’immaginazione letteraria e sul mercato» e lo si farà attraverso incontri, dibattiti, reading e conversazioni in compagnia di tanti ospiti tra i quali vi segnaliamo Carolina Cutolo, Fulvio Ervas, Giuseppe Genna, Michela Murgia, Aldo Nove, Marco Rossari, Tiziano Scarpa, Francesco Tricarico. Sul sito dell’iniziativa trovate l'elenco completo dei partecipanti e il programma delle tre giornate, noi ci soffermiamo solo su qualche momento che ci sembra particolarmente interessante. 

La particolarità di questa manifestazione, che balza all’occhio scorrendo il programma, è che in quel discorso "intorno ai libri" c’è un mondo e ci sono le risposte a tante domande sulle dinamiche della scrittura e sul panorama editoriale che il lettore curioso – come noi – si pone quotidianamente. Ad esempio, vi siete mai chiesti da dove nascono i libri? Gli scrittori Ermanno Cavazzoni e Antonio Moresco proveranno a risponderci in un incontro venerdì sera, durante il quale ci spiegheranno che il libro non nasce sotto un cavolo bensì nello stomaco, l’organo dal quale il narratore trae tutto quanto gli serve per dare forma a una storia. 
E ancora, dove vanno i libri? Quali sono le tendenze della proposta letteraria attuale? A chiunque abbia seguito le uscite della scorsa stagione editoriale non sarà sfuggito il fenomeno del dolorismo, come viene definita la tendenza a raccontare storie di malattie e di dolore proprie o di un familiare. Per citarvi solo un paio di titoli, La fine del giorno (Rizzoli) di Pierluigi Battista che narra la malattia e la morte della compagna o Il panico quotidiano (Einaudi) di Christian Frascella, un memoir sulla difficoltà di convivere con gli attacchi di panico (ma in questo articolo di Ida Bozzi su La Lettura trovate una rassegna molto più esaustiva). Se ne parlerà sabato alle 18 con Fulvio Ervas, Giuseppe Genna, Guido Mazzoni, Andrea Tarabbia. 

E poi: un incontro dal titolo Guastafestival nel quale si indagherà il paradosso tutto italiano delle piazze piene e delle librerie vuote, del quale vi abbiamo parlato anche noi un paio di mesi fa. Ci si soffermerà anche sulla mania editoriale dei ringraziamenti letterari, specchio della vanità dello scrittore, tramite un’analisi fatta dagli scrittori Sergio Garufi e Carolina Cutolo che hanno esaminato il fenomeno dei ringraziamenti nella narrativa italiana degli ultimi venti anni, raccogliendoli e catalogandoli per genere.

Insomma, se vi va di dare un’occhiata al mondo dei libri quasi da dietro le quinte, fate un giro a Roland; l’ingresso è gratuito con sottoscrizione della tessera annuale al costo di € 5.

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Intervista a Jussi Adler-Olsen

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Jussi Adler-Olsen sul palco con Roberto Costantini

Quando devi incontrare uno scrittore, non sai mai cosa aspettarti.

E Jussi Adler-Olsen non è certo il tipico scrittore scandinavo di thriller che ha venduto milioni e milioni di copie in giro per il mondo. O per lo meno, io mi aspettavo tutt'altro, e invece: voce profonda, sicuro di sé, fare da divo del cinema, esordisce in una sala gremita, con una buona dose di ironia. «No, non sono svedese. Gli svedesi non hanno senso dell'umorismo. Vengo dalla Danimarca, noi siamo i latinos della Scandinavia».

Il pubblico apprezza e ride. Jussi Adler-Olsen è a Pordenonelegge per presentare il suo ultimo libro, Il messaggio nella bottiglia (Marsilio), il terzo della saga di Carl Mørk e la Sezione Q. Un romanzo come sempre carico di tensione e di emozione, che sa far venire i brividi ma anche commuovere. Poi qualche battuta su Berlusconi, il pubblico apprezza ancora di più, applaude e ride. Jussi è proprio un frontman.

Finisce la presentazione e rimango colpito da questa situazione: la gente sta uscendo, esce anche Jussi e si avvicina ad un signore che, tra i tanti in sala, aveva posto una domanda, e gli dice: «Thank you for your question». Mica male. Dopodiché firma qualche autografo, scambia quattro chiacchiere con qualche altro lettore e a quel punto ci dirigiamo verso la sala stampa per l'intervista. Insieme a me c'è anche Giulia di Criticaletteraria e – per fortuna – la traduttrice.

Jussi è disponibilissimo e lo torchiamo per almeno un'ora. Insomma, ecco l'intervista:

La sua scrittura, con l'alternanza di situazioni diverse e l'intreccio di fili narrativi, ha un ritmo che ricorda in parte i grandi epos, sia cavallereschi che nordici, ma anche quello dei serial crime televisivi alla CSI. Mi può dire come e se è stato influenzato da ambo le cose? E nel caso delle influenze letterarie, quali sono le sue letture preferite?

«È vero, ma in realtà leggo molto poco. E quando leggo preferisco letteratura dell'assurdo come Samuel Beckett, Hrabal… oppure rileggo i miei preferiti again and again. Il mio scrittore preferito di tutti i tempi è John Steinbeck, perché è divertente, politico e sociale, tutto in una volta. E in più sa sorprendermi sempre. Ma mentre scrivo non leggo, non voglio farmi influenzare. Al massimo leggo molta non-fiction, più che altro per le mie ricerche. Perciò invidio i lettori perché possono leggere tutto quello che vogliono. Però guardo un film al giorno, insieme a mia moglie. Ho conosciuto la storia di Stieg Larsson solo guardando il film. E imparo un sacco di cose dai film brutti, così come imparo molto dalle serie tv come Breaking bad, i Sopranos ecc… sono ottime nel timing, nel montaggio. È una nuova ondata di buone narrazioni di qualità che arriva dagli Stati Uniti. I migliori al momento.»

Poi ci racconta la storia del film tratto dal suo primo romanzo, La donna in gabbia, e di come non gli abbiano permesso di partecipare alla sceneggiatura (perciò il film non lo interessa) e come se non bastasse ci tira fuori questa notizia bomba: «Un giorno mi chiama un tipo e mi fa: "Ciao Jussi, sono Scott Frank…". Dovete sapere che Scott Frank è uno dei miei sceneggiatori preferiti». Insomma, ci racconta che Scott Frank ha letto i suoi libri e ha detto che devono assolutamente farne una serie tv. Così il mese scorso si sono incontrati a New York e… fatta! Per ogni libro una stagione. «Come Dexter» gli dico io, e lui perentoreo risponde: «I hope better than Dexter». Jussi ha le idee chiare. 

Il messaggio nella bottiglia è un topos di molta letteratura di genere – romanzi rosa, d'orrore, d'avventura – perché ha scelto di partire da un'immagine così presente nel nostro immaginario comune?

«Questa un tempo era definita exciting literature, ma io oggi voglio tenermi libero dagli stereotipi dei generi. Avevo questa idea di risolvere un mistero successo molti anni prima e volevo capire se da una vecchia traccia di sangue si potesse ancora risalire al DNA… tutto questo per dimostrare che questo genere di cose può accadere, per davvero. E in realtà ogni libro, ogni caso della sezione Q, è solo un episodio. Il mio è una sorta di esperimento: voglio scrivere la storia più lunga mai scritta tra le crime stories. La prima sinossi che ho scritto era quella relativa al protagonista, Carl Mørk. Tutta la sua storia, una lunga storia. Poi ho scritto la storia di Assad e poi ancora quella di Rose… ho scritto la storia di ogni personaggio. Questo mi permette di creare diverse interazioni, innumerevoli possibilità di interazione. Ho messo queste storie in cassaforte e le conosco solo io. I singoli libri, invece, sono un'altra cosa.»

A proposito di personaggi, i suoi personaggi sembrano tutti dei freak, hanno alterità/menomazioni, sia interiori che esteriori. È una scelta consapevole di allontanamento dalla “figaggine” dei personaggi classici? E mi può dire come le è venuto in mente il personaggio di Assad? [Il mio preferito: è l'aiutante atipico del detective Mork; sembra goffo e incompetente, ma spesso le sue intuizioni sono determinante per risolvere i casi]

«Potrei scrivere di me, di te, è molto semplice, ma non resterebbe nella testa della gente. Per fare qualcosa che rimanga impresso, devi riflettere te stesso in quello che non sei, nella tua parte oscura o strana. Perché tutti noi abbiamo dei segreti. E perché quando scrivi una storia devi essere good and evil at the same time. Ad esempio, nel personaggio di Carl Mørk, il nome e il cognome testimoniano questa doppia anima: Carl è il mio primo nome, la parte buona, mentre Mørk è il cognome di un assassino che ho conosciuto quando avevo 5 anni [il padre lavorava in un ospedale psichiatrico e lo portava a conoscere bella gente...]

Per Assad invece ho preso ispirazione dai tassisti che mi accompagnano a casa dall'aeroporto di Copenhagen. Il più delle volte sono mediorientali, ma soprattutto sono sempre più istruiti e più divertenti di me. Questo mi ha sempre fatto incazzare, per questo ho scelto di costruire il personaggio di Assad.

E poi c'è un altro segreto: considerare i lettori la parte più importante della scrittura. Sono quelli che chiamo “the missing voice”. Questa missing voice è il lettore, che deve completare con la sua immaginazione quello che io non scrivo. Anche per quanto riguarda i personaggi. Quindi questi personaggi ci piacciono proprio perché non siamo noi, ma grazie al processo di lettura ci conosciamo un po' meglio dopo averli letti.»

E per finire una domanda che facciamo sempre. Fingiamo che lei non sia sposato: quale il personaggio letterario con il quale andrebbe volentieri a cena e flirterebbe un po’?

«Esmeralda del Gobbo di Notredame, oppure Mercedes del Conte di Montecristo. Credo che siano wild» [risatina]

Per chiudere in bellezza gli ho fatto la classica foto con il segnalibro di Finzioni - che potete trovare qui - ma Jussi, non contento, ne ha voluta una anche con noi blogger - e la trovate qui.

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