
Roberto Calasso mi ha sempre spaventata. Non so, ci ho sempre visto, nella sua persona, quell’esempio di conoscenza che mette in soggezione, che ti fa sentire piccolo e immobile, incapace di muovere un muscolo. Sono anni, letteralmente, che voglio leggere qualcosa di suo, ma poi quella sensazione lì, tipo pizzicorio, tipo brezza sulla pelle sul lungomare in settembre, che inizia a fare freschino, mi ha sempre raggiunto e io ho sempre mollato la presa, ho messo il giubbino, voltato le spalle al mare e sono tornata a casa.
A sfatare il mito è servito questo piccolo libro, edito ovviamente Adelphi, che si intitola L’impronta dell’editore e che Roberto Calasso ha scritto per il cinquantesimo anniversario della casa editrice di cui è presidente e direttore editoriale.
Un buon 8% di questo libro è fatto da parole che non conosco. Parole di origine germanica (tralasciamo il fatto che io abbia studiato il tedesco per tre anni, dimenticandolo tre settimane dopo il diploma), parole in sanscrito, parole forse in greco (dico “forse” perché non ho studiato il greco antico e tiro un po’ a indovinare). Quell’8% mi ha aperto una finestra che dà su quella parte di conoscenza che mi metteva in soggezione, mostrandomi quanto fossi in errore.
Calasso mi raccontato la nascita di Adelphi, mi ha presentato Foà e Bazlen, mi ha spiegato cosa significasse essere o voler essere un editore nel 1963, mi ha parlato dei libri unici, del loro significato, mi ha mostrato la bellezza delle copertine, le ha paragonate all’epidermide di ogni essere vivente.
Ma soprattutto, Calasso ha davvero tracciato una storia, quella della casa editrice Adelphi, dalla scelta dei titoli all’incontro con gli scrittori, mi ha mostrato l’importanza del legame esistente tra ogni libro pubblicato; e mi ha accompagnata su questa strada disseminata di parole che non conoscevo, come fosse il mio Virgilio, mostrandomi certi significati, facendomi scoprire certi autori e certi editori, facendomi rimpiangere per la trecentomilionesima volta di non aver fatto il liceo classico (lo so che non c’entra, ma è un rimpianto grosso, ché a quest’ora saprei qualcosa di greco antico), invogliandomi ad approfondire, a studiare, spronandomi alla curiosità.
Di questi tempi può sembrare un po’ da sfigati decidere, anziché farsi la vasca in centro, di rimanere a casa la domenica pomeriggio, mettersi a gambe incrociate sul divano, prendere un libro, passare la mano sulla copertina, annusare le pagine come fa la mia amica Evelina, che ci affonda il naso dentro, e cadere nella tana del bianconiglio.
Ecco, questo libro fa proprio così: ti fa venire voglia di stare a casa a leggere, perché una volta aperto quel libro, una volta iniziato a leggerlo, chissà che finestra si apre, chissà che posti bellissimi stiamo per guardare.
Roberto Calasso, L'impronta dell'editore, Adelphi, 2013
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