
Se frequentate le librerie o altri posti in cui si parla di libri, di sicuro avrete già incontrato la collana Live di Newton Compton. Quella dei 99 centesimi, per capirci. Ricorderete bene, perciò, che attorno a questa iniziativa si è sviluppata una discussione che ha coinvolto sia i comuni lettori sia gli addetti ai lavori. Noi di Finzioni ne abbiamo parlato qui, qui e anche qui. Ne hanno parlato Einaudi su Twitter con l'hashtag #menodizero e Luca Bianchini sul suo blog, ma già che ci sono vi segnalo anche un altro post degno di nota, così completo la rassegna stampa e posso finalmente riaprire il dibattito con una notizia: Newton Compton, nonostante tutto il polverone, ha avuto ragione.
Be', c'era anche da aspettarselo, eh, perché non servono eccezionali competenze in materie economiche per prevedere il successo di un prodotto a prezzo stracciato. Se ci aggiungiamo che se ne è parlato un bel po', abbiamo tutti gli ingredienti per un sano boom di vendite. E così è stato. In questa intervista l'editore di Newton Compton, Raffaello Avanzini, annuncia che con i titoli della collana Live, lanciata a marzo, è stato superato il milione di copie vendute. Se siete interessati ai dati, sappiate che i primi dodici titoli (a fine maggio ne arriverrà una nuova ondata, a luglio ci sarà la terza e a gennaio la quarta) vengono stampati in 100-120mila esemplari, che L'arte di essere felici di Seneca e Il sogno di Freud sono già esauriti e che nelle prossime settimane saranno seguiti dagli altri titoli, di cui non è prevista una ristampa. Cosa significa tutto questo? Che, piaccia oppure no, questi libri a 99 centesimi gli italiani li hanno comprati eccome. Certo, magari non sono molti quelli che li hanno letti, ma, se proprio vogliamo essere sinceri, di fronte agli altri casi editoriali ci mettiamo a puntualizzare una cosa del genere? In tal caso, sulle fascette dovremmo ogni volta pretendere che insieme al numero di copie vendute ci sia anche il numero effettivo dei lettori. Andiamo, di tutte le possibili argomentazioni, quella dell'aver letto o meno i titoli Live è forse la più debole. Anche perché se vogliamo entrare in questo territorio, dobbiamo tirar fuori i soliti dati penosi sui lettori italiani, discutere sul senso di comprare un libro come esemplare di una collezione e ricordare che i classici russi sono meglio di Fabio Volo.
Per evitare che la discussione continui a impantanarsi su posizioni sterili, personalmente partirei dal fatto che ognuno fa quello che vuole: compra i libri che vuole, legge i libri che vuole, al prezzo che vuole. Non esistono lettori migliori di altri. Un lettore che sbrana tre libri a settimana non ha più diritti di uno che ne legge uno l'anno. Un lettore di Tolstoj non è più bravo di un lettore di Ammaniti. Un lettore che spende 20 euro per un libro non è più retto di uno che vuole spendere 99 centesimi. L'unica reale e sensata questione riguarda il rapporto tra il prezzo del libro e la sua qualità. Certo, per 99 centesimi c'è chi chiude un occhio sulla qualità, e allora? Un esemplare di libro mediocre resta tale, a qualsiasi prezzo. Ma quando spendiamo 18 euro per un libro che dovrebbe valere questo prezzo e poi troviamo un refuso, una riga sbiadita o una costina danneggiata, non dovremmo ugualmente indispettirci? Avanzini ha detto che la maggior parte dei titoli Live è stata venduta nella rete della grande distribuzione, il resto nelle librerie indipendenti e di catena. Volendo ampliare il discorso, potremmo parlare della situazione della distribuzione libraria italiana, ma ho l'impressione che, gira e rigira, si finisca sempre per scoperchiare una specie di vaso di Pandora.
L'unica cosa da dire è che i piagnistei non servono a niente e che la buona letteratura non verrà colpita a morte dai Newton Compton a 99 centesimi. Io ho comprato i Racconti del terrore di Poe perché non li avevo e volevo leggerli. L'edizione non è malaccio, è leggera, comoda e decisamente più carina dei centopaginemillelire. Non li ho ancora letti, come non ho ancora letto un bel po' di altri libri che ho comprato negli ultimi mesi, ma prima o poi li leggerò. Aver speso 99 centesimi non mi obbliga ad avere fretta, né ne avrei se avessi speso di più. Certo, si potrebbe anche evitare di ristampare un titolo già presente sul mercato in varie edizioni, ma nessuno è obbligato a farlo, così come nessuno è obbligato a comprare l'edizione che costa di più o quella con la copertina migliore, quella con l'introduzione del critico famoso o quella di cui tutti pubblicano le foto su Twitter. Le sentenze lasciamoli ai posteri. A noi importa solo di leggere buoni libri, costi quel che costi.
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