L’immagine di copertina è di Annie Spratt
1.
«Non sono più un Animale, sorella».
2.
Yeong-hi cerca il sole, si spoglia per ricevere sulla pelle il calore necessario alla vita. Si crede una pianta, un albero. «Tutti gli alberi del mondo sono come fratelli e sorelle». Yeong-hi ha una nuova famiglia, un nuovo popolo; verde, vivo. Ho letto La vegetariana di Han Kang scosso da brividi di freddo. Corpi nudi, prosa scarna, ambulatori asettici. Soprattutto: mancanza di empatia, di contatto umano. Non sorprende dunque che a fronte di un divario emotivo così ampio, la protagonista reagisca in modo inflessibile, restando indifferente al mondo che, attorno a lei, deraglia con grazia.
3.
Yeong-hi, se vogliamo, è una lontana parente di Bobby Sands.
4.
Il corpo diventa un campo di battaglia, lo stomaco selettivo (o del tutto vuoto) una replica silenziosa ai rapporti di potere che hanno costruito, negli anni, una gabbia attorno a lei. Yeong-hi diventa vegetariana. O meglio: vegana. Anzi: decide di non cibarsi più. Deperisce. Fino alla diagnosi di anoressia nervosa, fino al ricovero psichiatrico. La sua lotta incompresa è raccontata dal marito, poi dal cognato e infine dalla sorella. Essi non la capiscono; alcuni tentano, altri no. La vegetariana di Han Kang è un romanzo che parla di costrizione.
5.
«La gabbia standard per [galline] ovaiole concede a ogni gallina una superficie di 4,32 decimetri quadrati».
Meno di un foglio A4, per chi non se la cava con le conversioni.
6.
Cibarsi è, sempre, un’azione di potere. Lo hanno detto in tanti, paragonando il mangiare a una azione politica, agricola, o di emancipazione. Attraverso ciò che ingurgito sono qualcosa di diverso: il piatto come scheda elettorale, il fornello e il frigorifero come luoghi di protesta al pari di piazze e centri di assemblea. Smettendo di mangiare Yeong-hi protesta, e protestando fa un salto; come dice il cognato, ascoltandone la voce: «era il tono calmo di una persona che non appartiene a nessun luogo, di qualcuno che è entrato in una zona di frontiera tra diversi stati dell’essere». Yeong-hi è altrove, dove pochi se non nessuno sono in grado di vederla né, tantomeno, di comprenderla.
7.
Dal Dodecalogo di uno scrittore di racconti, contenuto in Le cose che non facciamo di Andrés Neuman: «Raccontare un racconto è saper tenere un segreto».
8.
Han Kang ha vinto l’International Booker Prize con questo romanzo. L’autrice coreana sa bene che rivelare tutto quanto non soddisfa il lettore. Per cui ha sottratto e ha donato mistero: ha reso la sua protagonista un buco nero facendola raccontare da altre voci, quelle dei suoi parenti, che non la capiscono. Le ha donato, forse in modo inconsapevole, il fascino misterioso di un albero millenario. La vegetariana è un libro leggero come una piuma e al tempo stesso pesante come un macigno.
9.
La Vegetariana è un libro che conferma la teoria del punto cieco di Javier Cercas, al pari di Moby Dick, del Chisciotte e del processo kafkiano. «Al loro inizio, o nel loro nucleo, c’è sempre una domanda, e tutto il romanzo consiste nella ricerca di una risposta a quella domanda centrale; al termine della ricerca, però, la risposta è che non c’è risposta, cioè, la risposta è la ricerca stessa della risposta, la domanda stessa, il libro stesso». Sta al lettore, ovviamente, riempire il punto cieco.
10.
La mia scena preferita (sconvolgente):
Yeong-hi viene nutrita a forza dal padre fino a quando non afferra un coltello e si taglia.
La mia seconda scena preferita (affascinante):
Il cognato, già infatuato dalla di lei magia, dipinge il corpo di Yeong-hi con motivi floreali.
11.
La studiosa americana Chloë Taylor sostiene che nell’opera della scrittrice canadese Margaret Atwood il cibo rifletta le relazioni di potere. In molti testi, sia romanzi sia racconti, le donne smettono di mangiare carne, identificando le loro vite martoriate e oppresse con quelle degli animali di cui si cibano. Accade in La donna da mangiare, così come in Tornare a galla. Una volta affermata la propria individualità, il proprio essere donna libera, attraverso la scelta alimentare, tutte le protagoniste della Atwood tornano a mangiare carne in un finale conciliatorio, vittorioso e, a tratti, lieto.
12.
A Yeong-hi verrà applicato un sondino naso-gastrico.
13.
La vegetariana non è un libro che parla di dieta. Non è nemmeno un libro sul vegetarianismo, nonostante il titolo. Trovo che sia un romanzo che invita a tenere gli occhi aperti. Non chiudete gli occhi, sembra urlare Yeong-hi dalla sua barella, non chiudete gli occhi di fronte alla costrizione, di fronte alla violenza! Purtroppo, come si sente dire la sorella da una donna che, alla fine, pesa meno di trenta chili: «Nessuno mi capisce». Il lettore, mi chiedo, la comprende?
14.
Fra le pagine polari di questo romanzo coreano, c’è comunque una piccola traccia di speranza. Le ultime righe contengono, pare, un barlume di speranza. Il finale è cinematografico, nel senso che stimola la visione e dilata il tempo. Sembra quasi di vedere il viso di Hi-hye e di sentire che dietro a quella fronte ci sia del lavorio in corso; come se l’atto – estremo, menefreghista e rigoroso – di Yeong-hi abbia, in qualche modo oscuro, fatto breccia nella coscienza della sorella maggiore.
15.
Albert Speer nelle sue memorie: «Ora, al termine di questa mia esistenza, essa, la Tecnica, trova davanti a sé il Dubbio».
16.
La vegetariana è un libro affine a Carne di Ruth Ozeki. Entrambi sono libri in cui i personaggi dubitano e indagano, libri in cui donne (donne orientali, anche qui) si liberano dalla costrizione. Ma la forza di questi libri è di essere, prima di tutto, libri di narrativa – eleganti ed emozionanti. Nessuno di essi vuole essere prescrittivo, nessuno di essi vuole essere tomo di denuncia sociale.
17.
Le quattro qualità essenziali dell’empatia sono:
1. Perspective taking (assumere la prospettiva altrui);
2. Astenersi dal giudicare;
3. Riconoscere le emozioni altrui;
4. Comunicare quanto sopra.
Nel romanzo La vegetariana molti personaggi mancano di queste qualità. Come dice il marito della protagonista di fronte alla rivolta alimentare (e sessuale) della moglie: «Non volli cedere alla tentazione di guardarmi dentro: quella strana situazione non aveva niente a che fare con me».
18.
In numerosi passaggi del libro Yeong-hi assume la bellezza di colei che si ritrae. Come scrive Ovidio a proposito della ninfa Dafne in fuga: «Anche allora era bella a vedersi. Il vento le denudava le membra, venendole incontro faceva vibrare la veste sospinta in avanti, e col suo soffio lieve le mandava indietro i capelli, sì che la bellezza era accresciuta da quella fuga». Il romanzo di Han Kang invita tutti noi a spogliarsi delle vesti di Apollo: abbandonare potere e desiderio, in favore della sempre bistrattata comprensione empatica.
19.
Yeong-hi diventa una donna vegetale per un motivo. Un sogno. Un sogno orrendo, pieno di sangue. Si alza di notte e butta via la carne presente in casa. Al marito dice: «Non potevo lasciare quelle robe nel frigo. Non le sopportavo più».
20.
«Non le sopportavo più», dice la donna vegetale.
21.
Ogni cambiamento, drastico o meno che sia, passa attraverso le forche caudine della sopportazione.
L'articolo La donna vegetale – Un saggio lirico sembra essere il primo su Finzioni Magazine.