Quanto odiavo il gioco dell’oca. In realtà non ricordo in quali occasioni ci giocavo, forse a Natale con i cuginetti o d’estate con i vicini di casa seduti in un angolo della nostra corte, ma ogni volta era una rabbia incontrollabile. Perché era bellissimo quando il dado era tuo amico e ti faceva correre lungo tutto il percorso ma poi, quando arrivavi verso la fine e già stavi per cantar vittoria, ecco la regola più irritante a bloccare il tuo cammino: per vincere dovevi proprio fermarti sull’ultima casella, non una più avanti e non una più indietro, proprio l’ultima. E io ogni volta, ovviamente, arrivavo per prima vicina al traguardo ma poi perdevo la partita perché non riuscivo mai a trovare la combinazione perfetta per fermarmi sopra la meta. Una filosofia di vita? Forse. Certamente lo è Il gioco dell’oca dello sceneggiatore Stefano Munarini e del disegnatore Mauro Ferrero che con una storia molto originale (e a tratti commovente) raccontano di Jason e del suo tentativo di arrivare alla meta senza passare dal via.
Jason è un appassionato di fumetti con un lavoro che non gli piace e una vita che non lo soddisfa. Un giorno, per sfuggire al grigiore e alla monotonia della quotidianità, gli viene l’idea di farsi passare per un fumettista. Inizialmente è un gran divertimento, la sua finta carriera lo porta in giro per il mondo a firmare autografi passando le serate a divertirsi ed essere elogiato dai fan in soggiorni gratuiti all'estero con fanciulle che se lo contendono. Succede, però, che la vita da celebrità di Jason sia destinata a terminare a causa di una fan che cercherà di contattarlo dopo un loro incontro decisamente molto intimo. Sarà proprio un fumettista di cui Jason indossò i panni in uno dei suoi incontri a svelare le bravate del ragazzo che verrà scoperto e arrestato per furto d’identità e frode in commercio per un totale di tre anni di carcere. È solo da quel momento che Jason comincerà a riflettere sulla propria vita, sulle scelte che l’hanno portato a comportarsi in un modo così assurdamente folle e a cercare una scorciatoia invece di realizzare i propri sogni credendo in se stesso, considerazioni che saranno destinate, poi, a diventare il tema principale che si nasconde fra le tavole de’ Il gioco dell’oca.
Stefano Munarini e Mauro Ferrero hanno deciso di presentare il misfatto sin dalle prime pagine dell’opera, mettendo subito in chiaro la situazione fin troppo rocambolesca. È incredibile, però, come il lettore si ritrovi subito a provare un senso di disagio nei confronti della scelta di Jason, descritta in modo neutrale, quasi fredda, grazie al tratto lineare e mai sfumato di Mauro Ferrero e dalla scelta dei colori, il verde acqua e il nero, che rendono ogni tavola così vivida e chiara ma, contemporaneamente, quasi
distaccata dal suo contenuto. Pare, così, che la storia de’ Il gioco dell’oca voglia essere presentata così come è avvenuta, senza nessuna critica al comportamento del personaggio, quasi a voler lasciare la parola e il giudizio a linee e cromature e, soprattutto, al lettore. Con questo metodo, Il gioco dell’oca diventa la prova di come il coraggio e la costanza possono guidare ciascuno di noi verso la meta tanto sognata: perché se c’è una cosa più triste di non vedere i propri sogni realizzarsi, è non credere in nessun futuro e, specialmente, in se stessi.
Stefano Munarini e Mauro Ferrero; Il gioco dell'oca; 112 pp; euro 9,90.
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