Pur lontano dall'attenzione/banderuola dei socialcosi, rimane il fatto che ieri un gruppo armato di militanti ha assaltato un'università pakistana uccidendo più di una ventina di persone lì radunate in occasione di un reading di poesia pashtun dedicato alla figura del leader nazionalista non-violento Bacha Khan nel ventottesimo anniversario della sua morte. Insomma: kalashnikov e granate contro poesia e pace.
Ora è chiaro che non sta alle pagine di Finzioni occuparsi nel dettaglio di una questione del genere, ma vista la crudeltà e — peggio — la recente generale familiarità con episodi di tal genere (ogni poesia, così come ogni vignetta, ogni teatro, ogni scuola, è una cosa di tutti), è bello per una volta poter rispondere a tono, e ribadire una volta di più la nostra possibilità, di fronte alla violenza, di sciogliere qualcosa a essa diametralmente opposto, ovvero la letteratura.
E dunque già che ci troviamo a parlare di Pakistan, allora tanto vale ricordarci che durante la prima settimana di febbraio si terrà fra Karachi e Islamabad il Karachi Literature Festival, che radunerà nelle due città pakistane centinaia di scrittori, poeti, artisti e critici per tre giorni di letture, spettacoli, performance e tavole rotonde intorno alla letteratura. Il festival letterario di Karachi, pur non potendo vantare (ancora) radici profonde, a partire dalla sua inaugurazione nel 2010 ha visto numeri sempre maggiori di lettori affollarsi ai propri stand, raggiungendo nel 2015 un apice di quasi centomila visitatori, perciò l'edizione di quest'anno non può che partire da ottime base e promettere molte buone cose.
Ameena Saiyid, curatrice dell'edizione 2016 con il supporto della Oxford University Press, intende portare avanti anche quest'anno a testa alta la missione del festival quale "punto di convergenza di diversi autori, lingue e generi" nel clima di uno dialogo, di uno scambio continuo. L'importanza di un tale festival in un paese come il Pakistan, spesso teatro di violenza dissennata e feroce, è stato ribadita anche da Hanif Kureishi, forse lo scrittore di origini pakistane da queste parti più conosciuto:
Partecipo abitualmente a molti festival, ma devo dire che il senso d'urgenza che caratterizza quello di Karachi, così come il desiderio da parte della gente di parlare di letteratura, politica e del proprio paese in confronto agli altri rende questo incontro urgente e necessario. C'è un costante ronzio di eccitazione da queste parti. E quando mi trovo a pensare, come fanno tutti gli scrittori quando siedono al proprio tavolo, a perché diavolo sto facendo tutto ciò, mi basta venire in posti come questo e incontrare altri lettori e scrittori, per ricordarmi della vera importanza e significato dello scrivere…
Ora io mi rendo conto che questa notizia possa gravitare lontano dalle abitudini quotidiane da qualcosa come il 99,9 per cento dei lettori di Finzioni (non penso insomma che molti di noi abbiamo la possibilità di prendere un biglietto per Karachi) ma sono convinto che, nella nostra veste di lettori, sapere che da qualche parte del mondo, pur lontano da noi, si possano e si vogliano usare i libri e la poesia come scudi di fronte alla morte e alla violenza, metta le cose in prospettiva e ricordi anche a noi l'importanza e il significato del leggere.
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