Un train peut en cacher un autre
L’invenzione della madre è un braccio che esce dalle pagine, ti entra in bocca, ti scende attraverso e quando ti arriva allo stomaco stringe le dita della mano per duecentocinquantapagine circa. Piuttosto forte anche. Obiettivamente, è un trattamento che vi consiglio.
Viaggi in un inferno, con Mattia. In modo lucidissimo che quasi senti gli odori, ricordi per giorni la luce del sole sul viso della madre come se l’avessi realmente vista, immagini una casa che è come se la conoscessi. Sei seduto in un angolo tra due pareti fuori campo e assisti una narrazione. Al congedo hai accarezzato il gatto, guardato la tv, aperto il frigo, rubato una nocciolina nel 2006.
Mi ricordo i trasferelli. Voi? Disegni adesivi impressi su una carta trasparente di materiale plastico protetto sul retro da un velo. C’erano soggetti di tutti i tipi: cartoni animati, personaggi dei fumetti, fiorellini, cose così. Togliendo la velina potevi ricalcare a matita il disegno e con un po’ di pressione trasferirlo su un foglio. Se lo facevi bene, con cura, l’inchiostro scompariva dalla carta trasparente e si traslocava su altro, perfettamente intatto. Potevi mettere i supereroi sulla lista della spesa, ad esempio. E poi ricominciare.
Peano fa questo. Apri il libro e lui si siede sul divano, di fianco a te. E comincia a raccontarti una storia. Non ti avvisa, parla. Attacca. Arrivi a un livello che va oltre partecipazione o passività. Come se ti stesse appoggiando un foglio di trasferelli su un braccio e cominciasse a grattare con una matita sulla pelle. Ogni parola scava. La storia di Mattia scava Mattia e tutto quello che Mattia tocca con gli occhi. La storia di Mattia sono le parole di Peano che scavano te, contemporaneamente. E il trasferello sul braccio è decisamente nitido.
La prima emissione vocale dotata di senso, nel corso della vita umana, spesso è quella che serve a chiamare la madre.
Mattia è un giovane di provincia. Ha una ragazza, un sogno, lavora in una videoteca e ha una madre malata di cancro. La madre malata di cancro è il centro dell’universo mentale e fisico della sua vita. Il resto sono satelliti, più o meno. Ci sono un prima un durante e un dopo che si svolgono sul filo rosso di Mattia che continua a vedere. Vedere come ogni cosa, dall’edera antica, al gatto, alla marmellata per i dolci nella dispensa, sia un prolungamento di quel rapporto.
Tutto il tempo della sua vita si regola sull’orologio del tempo di lei, che sta finendo. La malattia porta un nuovo alfabeto fatto di medicine, strumenti, non detti, improvvisati. E contro tutto questo Mattia può solo usare quello che ha, qualsiasi mezzo la vita di tutti i giorni sia disposta a concedergli, per congedarsi da questo grande amore.
E allora concentrati. Trattieni tutto ciò che non riesci a dimenticare.
I trasferelli riusciti meglio, a pensarci, sono quelli che riescono a trattenere più inchiostro possibile rispetto all’originale. Perché ciò accada bisogna che il foglio resti immobile, che la mano sia ferma, che la pressione sia adatta. Concentrazione. I trasferelli sono uno spostamento di immagine da un supporto a un altro. Sono la collocazione di qualcosa che si vuole conservare in un posto che abbiamo scelto.
L’invenzione della madre significa la madre che inventa il figlio nell’ordine naturale delle cose. Un ordine sconvolto dalla metastasi. Metastasi, etimologicamente parlando, significa cambiamento, lo spostamento di posizione. Dunque l’inversione dei ruoli: L’invenzione della madre significa il figlio che cerca di conservare la madre. Perché non si rassegna alla fine. E vuole immortalare tutto, vuole adottarne le parti, cristallizzarne il respiro, gli atti, non si rassegna al cambiamento. Perché la fine è anche il modo in cui la vita dice che devi fare il meglio. E fare il meglio è tua responsabilità.
Un giorno, forse, potrà dire quella frase che dicono i registi: Sto girando un film. Gli piace quel gerundio, perché è un verbo che si contraddice all’evidenza: in quel preciso attimo quei registi sono intervistati, stanno facendo altro, non stanno girando un film. È come quando affermi: Sto leggendo un libro molto interessante, e lo dici stando in piedi alla fermata dell’autobus con le mani in tasca. Sono verbi in cui passa la vita, in mezzo alle azioni soffia l’alito delle cose che accadono, le pagine che leggi si riempiono d’aria e di pensieri, le immagini che filmi si gonfiano di azioni e di parole.
Poi, quando si cresce, la faccenda dei trasferelli è più rara. Io non ci gioco da moltissimo. Anche se mi piacerebbe ogni tanto. Però me li ricordo. Molto bene.
In fondo, l’invenzione è l’unico posto dove si nasce continuamente.
Marco Peano, L'invenzione della madre, Minimum fax, 2015.
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