Le serie tv sono i nuovi romanzi? Questo il titolo ad effetto di un articolo comparso alcuni giorni fa sul sito americano dell’Huffington Post che riassume una delle tesi esposte in un recente saggio, The Change Book: How Things Happen che illustra, attraverso una serie di grafici e di infografiche, i recenti cambiamenti nei modelli culturali, sociali e economici. Nella chart relativa alla conquista da parte delle serie tv dello spazio dedicato alla lettura, esplicitamente intitolata Why a dvd box-set is the modern equivalent of a novel, gli autori del saggio sostengono che le serie tv siano la nuova modalità di fuga della realtà per noi spettatori, grazie al legame che si crea con i personaggi e che ci porta a voler capire come evolveranno e ad essere emotivamente coinvolti da quelli che più amiamo.
Non credo che sia la prima volta negli ultimi anni che vi capita di sentir paragonare le serie televisive – per la narrazione complessa e appunto seriale, per il livello di scrittura raggiunto, per l’approfondimento di trame e personaggi – ai romanzi e addirittura di vederle presentate come astro nascente rispetto ad un romanzo un po’ acciaccato dalla crisi del mercato editoriale e dall’orientamento del pubblico verso altre forme di intrattenimento 2.0.
E se la previsione apocalittica del saggio citato sopra suona come una boutade, quel che è certo è che un’industria editoriale sempre più affaticata ha capito che il successo delle serie televise può fare da traino per le vendite di un romanzo. È il fenomeno della novelization, approfondito in questi giorni in un lungo articolo sulle pagine del New York Times a partire dall’uscita di una nuova crime novel, Bratva, che narra la storia di una banda di motociclisti che sfida la mafia russa per salvare la sorellastra di uno dei membri, Jackson "Jax" Teller. I fan non tarderanno a riconoscere in questa descrizione i personaggi di Sons of Anarchy, una serie di grande successo del canale FX in onda dal 2008, della quale è stata da poco trasmessa la settima e ultima stagione.
Ma Bravta è solo l’ultimo esempio di un fenomeno, quello delle tie-in novels, diffuso da tempo: in passato infatti sono state tratti romanzi da Homeland, la serie nella quale Claire Danes interpreta un agente della CIA che indaga su un caso di terrorismo legato a un ex prigioniero di guerra, dalla crime serie inglese Broadchurch e da Fringe, firmata da J.J. Abrams. Ma altri titoli sono stati tratti da serie morte e sepolte da tempo, quali Veronica Mars, Buffy l’Ammazzavampiri e addirittura La signora in giallo, giunta quest’anno al 43esimo e 44esimo seguito, i cui personaggi rivivono attraverso gli adattamenti letterari.
Una prassi alla quale forse non siamo troppo avvezzi, dato che normalmente assistiamo al processo contrario, ovvero l’adattamento cinematografico di un romanzo di successo; ma in realtà è da tempo che l’editoria attinge alle storie del grande e del piccolo schermo, con anche alcuni casi di successo duraturo, tra i quali il più noto è quello della serie di romanzi tratti da Star Wars, apparsi a partire dal 1976 e che hanno raggiunto oggi il numero record di 125 milioni di copie stampate. Sono stati proprio i film a far esplodere il fenomeno della novelization negli anni ’70 e ’80, quando quasi ogni blockbuster aveva il suo adattamento letterario. Ovvio che oggi il successo delle serie tv, spesso ritenute più interessanti e innovative della maggior parte delle cose che si vedono al cinema, abbia spostato l’attenzione dal grande al piccolo schermo.
Come vedremo, il beneficio è reciproco. Se infatti è vero che queste operazioni commerciali permettono alla casa editrice di accedere direttamente a un grande bacino di persone – si stima che una percentuale tra l’1 e il 2% dei fan acquisterà il libro, cifra significativa se pensiamo che spesso queste serie hanno milioni di spettatori - è altrettanto importante per i creatori delle serie tv "terminate" mantenere viva l’attenzione dei fan conquistati nel tempo. Non a caso, il romanzo tratto da Sons of anarchy è stato commissionato allo scrittore Christopher Golden dal creatore della serie, Kurt Sutter, per mantenere vivo il legame degli spettatori con i personaggi e quindi il loro interesse verso il remunerativo merchandising legato alla serie.
Insomma, quella che si definisce una win-win situation nella quale ci guadagnano tutti: il network televisivo e la casa editrice, ma fores anche il fan rimasto "orfano" della sua serie tv preferita. Io, ad esempio, sto ancora cercando di capire cosa fare della mia vita dal 29 settembre 2013, giorno in cui è stata trasmessa l’ultima puntata di Breaking Bad.
L'articolo Novelization, quando la serie tv diventa romanzo sembra essere il primo su Finzioni.