Λάϑε βιώσας
Bella copertina vero? Sembra fatta da Gipi. Forse perché l'ha fatta Gipi, proprio per Quit the Doner.
Parliamo di un libro che è di un blogger che è un caso. Ad esempio perchè rifugge la notorietà e cerca in tutti i modi di vivere nascosto. Ops, ma questo blogger è così peculiare che Quit the Doner è diventato un autore (voce riconconoscibile al di là della firma, tematiche ricorrenti, fan) ancora prima di pubblicare un libro. Eh sì, provate a dirgli che è un blogger e un po' storce il naso. Lui racconta storie, analizza, scrive. Giustamente preferisce le definizioni "giornalista" e "reportagista". Quindi, nonostate scriva principalmente online e sotto pseudonimo, inquadrarlo come "blogger" è assi riduttivo.
Ok, ma allora perchè tutto questo discorso? Solo per scrivere il paragrafo che segue.
C'è stato un momento, verso febbraio del 2013, controllate sulle vostre pagine Facebook, in cui i tre argomenti che andavano per la maggiore erano i video di Andrea Diprè, i post di Beppe Grillo e il post sul blog di Quit the Doner su Grillo (e sul perché non votare il Movimento 5 Stelle). Ecco, secondo me questi tre personaggi rappresentano un po' i tre punti apicali di come si può utilizzare l'internet e avere successo in Italia. E, benché nessuno dei tre personaggi qui sopra sia propriamente un blogger (anche se potremmo chiamare Diprè videoblogger, Grillo vabbé, Quit vedi sopra), tutti e tre hanno capito qualcosa di internet. L'ha capito Dipré che ci dà quello che vogliamo, l'ha capito Grillo che ci dà quello che ci meritiamo e l'ha capito Quit the Doner, che ci dà quello di cui abbiamo bisogno.
Eh sì, se l'internet italiano è Gotham City, Quit The Doner non è l'eroe che meritavamo ma quello di cui avevamo bisogno. Ora parliamo del libro.
Ci sono dei reportage che credete di avere già letto e in parte è così. Ma li avete letti online, erano impaginati in modo diverso e avevano le foto. In Quitaly non ci sono foto, ma alcuni dei reportage migliori, completamente riscritti: l'escursione al Fuorisalone, l'adunata nazionale degli alpini a Piacenza con gli striscioni per papa Francesco, la gita a una convention di Herbalife… E poi ci sono due reportage che non avete letto da nessuna parte, ma che trovate solo in Quitaly.
Ma l'aspetto che più mi interessa, della scrittura del Doner, e che va di pari passo con la sua analiticità, è la fecondità del suo umorismo. Le sue battute non sono acidi esercizietti di stile, ma passaggi fondamentali del suo testo. Vedete, spesso nelle recensioni di libri (ma anche di serie tv e di film, ma anche nei giornali) incontriamo molti testi in cui possiamo leggere la spiegazione definitiva del significato di quello che abbiamo letto (o visto…). Ecco, queste spiegazioni ci impoveriscono perché si propongono di chiudere un rapporto che il lettore e l'opera stanno intraprendendo: quella della conoscenza reciproca.
Quit spiega, sì, ma apre porte e mostra delle strade. E le battute nei suoi testi spalancano finestre e illuminano paesaggi. Ad esempio, in Se ti dicono che stai sbagliando, vuol dire che hai ragione, quando Quit visita una manifestazione contro le scie chimiche, scrive:
I manifestanti indossano una pettorina gialla con la scritta BASTA SCIE CHIMICHE, sono un’umanità anagraficamente varia ma con una netta predominanza della fascia di età che scrive «Grazie dell’amicizia!» quando gli accetti la richiesta su Facebook. (pag. 190)
Fa ridere, almeno a me, perché ho ripensato a quelle volte che mi hanno scritto "grazie dell'amicizia", ma fermandomi un secondo ho ripensato a quelle volte che sono stato io a scriverlo (l'ho fatto? Sì, per una scrittrice siciliana che poi mi ha tolto dagli amici, stronza), e poi ho ripensato che tutti quelli che mi hanno scritto "grazie dell'amicizia" forse sono veramente dei complottisti… o forse no, ma probabilmente sono più inclini a credere alle notizie di Lercio, tanto per dire. Tutto questo ragionamento, e il suo bagaglio di ricordi e riflessioni, semplicemente da una frase.
In alcuni testi la parte reportagistica diventa l'occasione per qualche riflessione più intima, come quando parla del Pratello (Quit è bolognese) o nell'inedito L’Osteria da Gianni e le Brigate rosse. Parla di tutto Quit e la copertina di Gipi è azzaccatissima, uno sguardo su tutto: internet, politica, feste, fuorisaloni da un lato, la via sotto casa sua, il concerto alternativo e l'osteria fuori città dall'altro. E in ogni pagina non mancano battute (con echi luttazziani) e opinioni argute.
Ma non è tutto qui.
L'ultimo capitolo non è più un reportage, è un racconto: Apocalypse Venezia. O meglio, è l'opinione di Quit sulla campagna #coglioneno, scritta come solo il Doner sa fare. Ma questo racconto dona all'umanità uno dei personaggi più esilaranti di sempre, di certo uno dei migliori italiani degli ultimi anni (e chi dice il contrario mente!). Sto parlando del Pingue, l'ombra moderna del Kurtz di Apocalypse Now: socio di uno studio di designer, schiavista di stagisti, figlio del suo tempo.
Un racconto in cui c'è tutto: ironia, sarcasmo, riflessioni ma soprattutto il Pingue: potente, carismatico e magnetico come la crapa pelata di Marlon Brando. Chiuso il libro ho pensato: non vedo l'ora di conoscere l'uomo che ha ispirato questo personaggio. Spero presto.
(siete proprio sicuri che Quit the Doner sia una maschio? Lasciate perdere quelle due foto in cui compare Massimo D'Alema e il fatto che parli al maschile… e pensate ai continui riferimenti che fa a certe "studentesse del Dams" che si scoperebbe con le scuse più disparate… pensateci)
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