
Photo Credit: Steve Bertrand
Se James McBride avesse creduto un po’ di più nelle sue chances di vittoria, probabilmente, al pacato annuncio di Charles McGrath non avrebbe alzato, incredulo, lo sguardo dal suo piatto di millefoglie alle mele nella sala del Cipriani Club di Manhattan. Anzi, si sarebbe messo comodo in attesa del verdetto, in un misto di emozione, presunzione e compostezza, tipico di chi sotto sotto in fondo crede di essere il predestinato ma non vuole darlo a vedere. Invece, ed è il bello della diretta, James McBride era così sicuro che il suo romanzo The Good Lord Bird non avrebbe vinto il National Book Award che ha raggiunto il palco stordito, impacciato tra gli applausi, nel suo smoking e inseparabile cappello di feltro, andatura sincopata come il jazz che tanto ama. E in mano, anziché il gli appunti di un discorso, ancora il tovagliolo del dessert.
Così sicuro di non farcela da non preparare nulla da dire. D’altronde, le nomination di quest’anno per la sezione Fiction erano di tutto rispetto: George Saunders con i racconti di Dieci Dicembre e Thomas Pynchon – già vincitore nel 1974 – con Bleeding Edge, The Flamethrowers di Rachel Kushner e The Lowland di Jhumpa Lahiri, già finalista al Man Booker Prize. È andata diversamente dalle attese: The Good Lord Bird ha sbaragliato la concorrenza. E se in Italia il nome di James McBride dice poco e niente, noto ai più solo per il romanzo Miracolo a Sant’Anna, diventato famoso con l’adattamento cinematografico di Spike Lee, il mondo editoriale americano non è stato certo colto di sorpresa dalla notizia. Già lo scorso agosto lo scrittore Baz Dreisinger, dalle colonne del New York Times Book Review aveva elogiato la scrittura di McBride, paragonandolo a un moderno Mark Twain.
Disponibile per ora solo in lingua originale, The Good Lord Bird narra la storia di Henry Shackleford, un giovane schiavo che vive in Kansas nel 1857 durante la guerra civile. L’arrivo del leggendario abolizionista John Brown scuoterà per sempre la vita di Henry, costretto a lasciare la città con Brown, che lo crede una ragazza. Nei mesi successivi, Henry – soprannominato da Brown Cipollina – continuerà a nascondere la sua vera identità a Brown mentre lotta per rimanere in vita. I due si ritroveranno protagonisti in alcuni momenti chiave della guerra civile americana, come l’attacco ad Harpers Ferry nel 1859.
Mai come quest’anno la storia del passato schiavista era stata al centro dell’attenzione culturale americana. Il film di Steve McQueen, 12 Years a Slave, sicuro protagonista ai prossimi Oscar e le celebrazioni per il 150° anniversario del Discorso di Gettysburg ne sono la dimostrazione. La vittoria di James McBride si inserisce in questo solco, ma porta con sé un’indubbia novità: raccontare il periodo della schiavitù e i suoi protagonisti con uno sguardo diverso, che tirasse fuori anche agli aspetti divertenti, quasi comici, dei personaggi. È il caso dell'abolizionista John Brown. Lo stesso McBride, in un’intervista, dichiara: «Ci sono un sacco di buoni libri scritti su John Brown, ma sono tutti seri. A me non piacciono i libri troppo seri, mi deprimono. Volevo scrivere un libro che avrebbe fatto ridere la gente, e allo stesso tempo, avrebbe continuato a informarla su quanto è accaduto». Ecco allora che la visione che abbiamo di John Brown nel romanzo è quella di un uomo a tratti persino giocoso. «The Good Lord Bird si differenzia dalle mie opere precedenti perché è un libro di caricature, che mira a essere divertente. [...] La caricatura dirama il grigiore, si dirige spedita verso la verità».
Vivere il dramma ricercando continuamente la leggerezza necessaria per andare avanti. Trovarla nel miracolo della scrittura, nella forza della propria immaginazione. Lo sa bene McBride, che ha scritto The Good Lord Bird nel periodo più difficile della sua vita: a inizio 2010 deve affrontare la scomparsa di sua madre, due settimane dopo la perdita di una nipote. Infine, nello stesso anno, il divorzio dalla moglie. «Ho scritto gran parte del romanzo dormendo su un futon nella mia casa sulla 43esima strada, durante il periodo del divorzio. Eppure, è stato un sollievo per me immergermi ogni volta nella vita di Henry Cipollina e ridere insieme a lui, trovare felicità dove non c’era niente. Le sue avventure con John Brown mi hanno fatto divertire».
A proposito, ha raccontato questo, James, alla platea del Cipriani. Questo il suo discorso: la storia del suo romanzo, la sua storia. Meglio di qualsiasi lista generica di ringraziamenti. Mi verrebbe da chiedergli se poi il tovagliolo l'ha conservato da qualche parte.
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