
Immergi alcuni uccelli nel cherosene, toccali con il fuoco e guardali volare in alto, in fiamme, nella notte!
La vicenda è nota: è il 13 agosto 1944, il diciannovenne Lucien Carr, per difendersi dalle avances dell'amico David Kammerer, lo ammazza con un coltellino da boy scout e ne getta il corpo nelle acque del fiume Hudson. Di questa storia esistono numerose versioni, alcune anche molto discordanti, e non si ha la percezione di riuscire a chiarire in maniera definitiva quello che accadde. Il primo ad occuparsene fu, già nell'autunno del 1944, lo studente e poeta John Hollander, amico di Ginsberg, che scrisse per il Columbia Spectator un racconto sull'assassinio e i dettagli piccanti si dimostrarono così irresistibili per molti altri scrittori dell'epoca che la vicenda apparve in numerose opere di memoria.
Leggendo questi testi ci si rende subito conto che la chiacchiera da bar, la voce di corridoio e i particolari sessuali sono alla base di tutto il clamore, lasciando tutta la faccenda su un piano superficiale, in cui l'omosessualità dei protagonisti pare essere la sola e unica causa possibile delle loro azioni e deviazioni. Fortunatamente però Carr e Kammerer facevano parte del gruppo più ampio formato da Jack Kerouac, William S. Burroughs e Allen Ginsberg, che naturalmente scrissero in proposito. I primi due si cimentarono in un onirico romanzo a quattro mani, E gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche, mentre Allen, all'epoca diciottenne e che ancora non aveva rivelato a nessuno la sua omosessualità, scrisse tutto in un diario, ricostruendo, tra le altre cose, anche la drammatica vicenda che cementò il rapporto tra i quattro, garantendo tutta quella frenetica attività che permise la nascita della Beat Generation.
Ginsberg divide il diario in cinque parti che temporalmente percorrono gli anni dal dicembre 1943 all'agosto 1945. In esso Allen appunta tutto quanto, sogni che lo tormentano la notte, desideri, progetti, descrizioni delle chiacchierate con gli altri del gruppo e soprattutto inizia a scrivere un romanzo – incompiuto – a cui dà il titolo di Bloodsong.
Qui troviamo, per sua stessa ammissione la versione romanzata di una tragedia, dove trovano concretezza i pensieri, le visioni e i sogni raccolti nelle pagine precedenti. Quella di Allen è forse la narrazione più veritiera di quanto accaduto tra Carr e Kammerer, ma questo non è importante, ciò che conta è il mostrarsi della nascita di un racconto, seppur lacunoso, del lavorio artigiano e perturbante che sta dietro alle vicende di tutti i protagonisti beat che, si badi, iniziarono a pubblicare e a farsi conoscere solo dieci anni dopo quella drammatica vicenda.
Bloodsong, prima che una cronaca è un manifesto di una generazione, una dichiarazione d'intenti che fa tremare i polsi, una carica rivoluzionaria sentita e agognata da coloro che sapevano di poter cambiare il mondo con la letteratura.
Concludiamo con una poesia che Allen scrisse una settimana dopo l'incidente. Questa, da sola, potrebbe bastare.
Epitaffio per David Kammerer
Amante deluso
un giorno era stato
E piangeva come solo
un amante ha provato-oppure rideva
come un amante tocca;
adesso di polvere
è cerchiata la sua bocca.Infatti è morto,
e presto guarita
Sarà la pena
solo da lui sentita.Ha avuto il coraggio-
Va detto a suo onore-
Che dentro la tomba
Si è portato il suo amore.
Allen Ginsberg, Bloodsong, ilSaggiatore, 2013
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