
(photocredit: hypable)
Ecco, si può dire che il gioco è davvero finito. Nelle ultime settimane gli occhi del mondo sono rimasti puntati sul suolo britannico principalmente per due ragioni: per il figlio di William e Kate e per Robert Galbraith. Se in questa sede del pargolo reale ce ne possiamo bellamente fregare, del secondo possiamo e e dobbiamo parlare, visto che si tratta dello pseudonimo utilizzato da JK Rowling per pubblicare The Cuckoo's Calling (chi necessita di una rinfrescata può andare qui e qui). Be', Galbraith ha, per ovvi motivi, fatto il botto: vende vagonate di copie, pubblicherà a breve un sequel e vedrà il suo romanzo finire ul grande schermo per un adattamento cinematografico. Per uno scrittore esordiente tutto ciò è un sogno, ma forse per JK Rowling no.
Okay, tutta questa vicenda ha come al solito comportato la formazione di due schieramenti, uno a favore dell'innocenza della Rowling e uno a sostegno della tesi è tutta una cosa preparata a tavolino. Cercando di andare oltre questo pantano, è bene far sapere che la Warner Bros, già produttrice dei film di Harry Potter, non vuole farsi scappare i diritti di The Cuckoo's Calling, anche se per ora non c'è nulla di ufficiale e i diretti interessati smentiscono. Nel frattempo JK ha già preparato il secondo capitolo del romanzo, che uscirà nel 2014, seguendo senza sorprese l'iter classico del successo. Un perfetto sconosciuto come Robert Galbraith difficilmente avrebbe intrapreso una simile scalata, o perlomeno non con cotanta rapidità. L'effetto-Rowling ha cambiato la vita di Galbraith ma allo stesso tempo lo ha anche ucciso. Tutto era nato come un gioco, come una valvola di sfogo sfruttata dall'autrice per togliersi lo sfizio di scrivere e pubblicare senza essere l'autrice di Harry Potter, come ai vecchi tempi. Poi è stato smascherato tutto, per la gioia dell'editore e dei lettori, e quella che normalmente dovrebbe apparire come una storia a lieto fine assume dei caratteri quasi "tragici".
D'accordo, ormai è partito a ripetizione il chiacchiericcio riguardo al marketing, alla voglia di fare soldi e alla presa in giro ai danni della poveraggente, tuttavia proverò a mostrare la faccenda sotto una luce diversa. Forse sarà una forzatura, ma lo smascheramento del falso nome di JK Rowling mostra quanto sia impossibile rincorrere la genuinità o, meglio, la semplicità. Detto così è quasi paradossale perché in teoria non c'è nulla di più autentico di un'identità che viene rivelata, ma nel caso di Rowling-Galbraith ci troviamo davanti non alla vittoria della verità, bensì alla vittoria dell'identico. Non voglio filosofeggiare peché vorrei evitare di sembrare ridicolo, oltre che incompetente, ma ora abbiamo visto che il solito meccanismo attesa-uscita-successo è già stato attivato e che The Cuckoo's Calling passerà per tutte le tappe del bestseller; questo perché è uscito fuori che dietro c'era lo zampino della Rowling, che però aveva scritto il romanzo sotto pseudonimo proprio perché voleva starsene tranquilla e senza pressioni e senza il solito carrozzone pronto a partire (e qui, scusate se insisto, ma continua a emergere una contraddizione che gioca a favore della "tesi dell'innocenza"). Di fatto il suo nome è una prigione dorata dentro cui succedono un sacco di belle cose, come entrare nella storia della letteratura di tutti i tempi e diventare più ricca della regina d'Inghilterra, ma esso comporta ovviamente una limitazione: l'impossibilità di evadere. La storia del successo di Robert Galbraith, quindi, può essere letta come la storia del potere JK Rowling, in grado di creare sia personaggi che vivranno per sempre nel cuore dei lettori, sia scrittori che, dopo aver pubblicato un romanzo, sono costretti a smettere di esistere.
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