
Con una fidanzata immersa negli studi classici mi capita spesso di rimembrare questioni circa la filosofia e la cultura classica, specialmente quella greca, anche se i nomi che vengono citati più di frequente sono, ad esempio, Saffo, Euripide, Sofocle, e altri poeti o drammaturghi.
Mi risulta un po' strano che, magari per dare una parvenza di interdisciplinarietà a questi studi, non vengano minimamente citati fra gli esponenti della cultura greca personaggi del calibro di Pitagora, Talete o Euclide, ossia dei matematici.
Per quanto infatti in epoca classica (fino sostanzialmente a Galileo) non esistesse una vera e propria distinzione fra letterati, filosofi e scienziati, possiamo senz'altro mezionare fra questi dei veri e propri "specialisti del settore". Il più rappresentativo di loro è stato, indubbiamente, Euclide.
Uomo dalla storia alquanto oscura, visti i pochissimi riferimenti bibliografici e archeologici rinvenuti, si pensa che sia nato e vissuto fra 367 e il 283 a.C., ossia durante il regno di Tolomeo I, fondatore della dinastia tolemaica in Egitto a seguito della conquista da parte di Alessandro Magno.
Biografia pressoché assente a parte, di Euclide ci è rimasta quella che può considerarsi con buon diritto la più "importante opera di matematica della civiltà greca", ovvero: gli Elementi. Tale opera racchiude tutte le conoscenze dei Greci in ambito matematico e contiene i "teoremi" che portano il nome dell'autore. Formata da tredici libri, Euclide instillò in essa quell'approccio logico e quel formalismo che tutti ci siamo dovuti sorbire fino almeno al liceo, distinguendo fra: assiomi, o postulati, tutte quelle proposizioni che vengono ritenute vere anche se non sono dimostrate; teoremi, cioé le proposizioni che per esser ritenute vere necessitano di una "dimostrazione" ed infine i corollari, diramazioni logiche di un teorema riguardanti delle casistiche specifiche.
La matematica di Euclide è da identificarsi quasi esclusivamente con la geometria, per questo definita "g. euclidea", della quale si riconoscono cinque postulati essenziali:
- tra due punti è possibile tracciare una e una sola retta
- si può prolungare un segmento oltre i due punti indefinitamente
- dato un punto e una lunghezza, è possibile costruire un cerchio
- tutti gli angoli retti sono uguali
- se una retta che taglia due rette determina dallo stesso lato angoli interni minori di due angoli retti, prolungando le due rette, esse si incontreranno dalla parte dove i due angoli sono minori di due retti.
Quest'ultimo postulato, noto anche come "quinto teorema di Euclide", o "teorema delle parallele" ha costituito un dilemma per i matematici di tutti i tempi. Esso infatti non enuncia direttamente la nozione classica per cui "per un punto passa una e una sola retta parallela ad una data", ma tale affermazione ne scaturisce come effetto, per cui è sostanzialmente "prima di formalismo". Tale assenza di formalismo ha spinto studiosi del calibro di Riemann, Poincaré ed Hilbert ad allargare la geometria di Euclide, aggiungendo postulati, e dando lungo a discipline che per i Greci sarebbero inimmaginabili come le "g. non euclidee"; un esempio, se volete, si ritrova in Einstein, che con la relatività generale non negò la teoria della gravitazione di Newton, bensì la estese a sistemi diversi.
Dai banchi di liceo, alle geometrie del cosmo, Euclide ci accompagna da duemila anni, nell'attesa che i progressi della matematica avanzino a tal punto da farcelo scordare, o che il libro di matematica finisca nel fondo dell'armadio.
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