
Se siete su Twitter, nella giornata di ieri vi sarete sicuramente imbattuti in qualche accorato appello che si concludeva con l’hashtag #salvatesbn. Qualunque studente universitario, ma anche chi l’università l'ha finita da qualche annetto e chi lavora nella didattica e nella ricerca a vario titolo, sa a che cosa si riferisce questo acronimo. Per chi non lo sapesse, si fa riferimento all’OPAC-SBN, il catalogo del Servizio Bibliotecario Nazionale che permette a chiunque di effettuare una ricerca tra migliaia di biblioteche italiane semplicemente consultando online l’archivio collettivo, nonché di richiedere prestiti interbibliotecari a qualunque biblioteca che faccia parte della rete.
Un servizio esistente da vent’anni che forse abbiamo sempre dato per scontato, ma che richiede il lavoro costante di molte persone e che ora rischia di essere interrotto proprio per la mancanza dei fondi necessari alla sua gestione. L’allarme arriva direttamente dal personale dell’Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle Bibilioteche Italiane e per le Informazioni bibliografiche (ICCU) con un appello diffuso negli ultimi giorni in rete che potete trovare qui. Un SOS frutto dell’esasperazione dovuta ad anni di tagli alla cultura, che hanno colpito non solo il personale dell'ICCU ma di tutto il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, impedendo il ricambio generazionale e vanificando il passaggio di competenze tecnico scientifiche accumulate in anni di lavoro. Tagli indiscriminati che, come si sottolinea nel comunicato, offendono "il diritto allo studio, alla ricerca e alla crescita culturale".
L’appello era stato ripreso dai principali quotidiani nazionali in occasione della sua pubblicazione, in data 7 maggio. Come ricorda il blog Vibrisse, al comunicato sopra è seguita alcuni giorni dopo un’ulteriore comunicazione da parte del Direttore dell'Istituto, Rosa Caffo, che ha precisato l'entità dei tagli: negli anni il bilancio sarebbe dimezzato e il personale si è ridotto dalle 90 unità del 2007 alle 43 attuali, ma la cifra stanziata per l’anno prossimo non sarebbe sufficiente a garantire nemmeno questo servizio ridotto. Solo ieri però il passaparola si è scatenato sul web.
Forse qualche numero ci darà l’idea di quale bene si sta mettendo a rischio: una rete di oltre 5 mila biblioteche, un catalogo di 14 milioni di titoli con 64 milioni di localizzazioni, al quale accedono oggi più di 2 milioni e mezzo di visitatori l’anno, con circa 50 milioni di ricerche bibliografiche e più di 35 milioni di pagine visitate.
Provate a immaginare che impresa sarebbe per qualunque studente, ricercatore o docente cercare un titolo se questo sistema non fosse consultabile. Una carenza che ci porrebbe inoltre come fanalino di coda a livello europeo, mentre è noto che questo sistema ha costituito per anni un esempio a livello internazionale.
Una vicenda sconfortante in un paese che sembra auto-sabotarsi, e non c’è bisogno che vi annoi ricordandovi che la cultura è il patrimonio più importante che abbiamo; lo stesso comunicato rimanda al Manifesto per la cultura del Sole 24Ore diffuso meno di un anno fa, nel quale si individua nella cultura e nella ricerca il volano per guidare l’innovazione e lo sviluppo del paese nel medio-lungo periodo.
Tante le mobilitazioni sul web, alle quali ci uniamo anche noi. Forse un tweet non salverà la vita del catalogo, ma almeno ci aiuterà ad aprire gli occhi su quello che succede intorno a noi. Vi è, inoltre, una petizione per ripristinare i fondi che potrete trovare – e firmare – proprio qui.
Vi saluto citando una geniale vignetta di Makkox di qualche tempo fa, che chissà perché mi è tornata in mente proprio oggi: e se ci dessimo anche delle martellate sulle palle?
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