
Lavoro otto ore al giorno in ufficio e la sera leggo romanzi ambientati in ufficio. Mi piace evadere entrando negli open space degli altri. Questi sono i cinque tipi da ufficio che ho amato di più.
1. Bartleby – Bartleby lo scrivano, H. Melville
Mi sono immaginata più volte rispondere al mio capo come farebbe Bartleby, e mi sono anche immaginata la pedata nel culo due secondi dopo. Ho tanto da imparare da Bartleby, che lavora come scrivano in uno studio legale di Wall Street, "macina lavoro in silenzio, esangue, con moto meccanico". E agli ordini dell’avvocato, con voce ferma e pacata, replica con un «preferirei di no». Non è che Bartleby non voglia eseguire il compito che gli si vorrebbe assegnare, è che preferirebbe di no. Il suo non è un rifiuto secco, il segreto sta nella formula. Il capo si spacca la testa nel tentativo di inquadrarlo: lo crede prima pigro, poi pazzo, prova rabbia, stupore, pietà. Ed è proprio il fatto di non riuscire comprenderlo a impedirgli di esercitare il suo potere su di lui. Con i suo "preferirei di no" Bartleby sfugge a ogni tentativo di assimilazione e paradossalmente diventa illicenziabile. Genio.
2. Tom Mota – E poi siamo arrivati alla fine, J.Ferris
Ferris parla della vita da ufficio di un gruppo di pubblicitari di Chicago, e tra l'altro lo fa usando per tutto il tempo la prima persona plurale. In quel "noi" ci sono un sacco di personaggi, tra cui Tom Mota, quello che odia se stesso più di tutti i suoi colleghi per il fatto di lavorare dove lavora e per questo mi sta simpatico. Essenzialmente è lo stereotipo del collega frustrato che vuole combattere il sistema e risvegliare le coscienze, in questo caso scrivendo ai colleghi mail chilometriche che prendono rigorosamente spunto dalle citazioni di Ralph Waldo Emerson. Fa il suo esordio nel romanzo indossando tre polo aziendali una sopra l'altra, per "orgoglio aziendale". Nasconde pezzi di sushi negli armadi provocando tanfi nauseabondi ma è anche capace di regalare le poesie di Walt Whitman al collega depresso. È vero, nonostante tutta la filosofia di cui si riempie la bocca, quando viene licenziato non la prende per niente bene e si ripresenta in ufficio vestito da pagliaccio con una pistola in mano (e non siamo ancora alla fine). Ma almeno ci prova a dare un senso a una vita scandita da cartellini da timbrare e pause caffè.
3. Akàkij Akàkievič – Il Cappotto, Gogol'
Non c'è bisogno di lavorare per Miranda Priestly per capire l'importanza dell'abbigliamento sul luogo di lavoro. La fashion police ti osserva e prende nota di quante volte a settimana ti cambi. Per questo non ho mai pensato fosse assurdo che l'impiegatuccio Akàkij si facesse così tante paranoie per la sua mantella lisa e fuori moda: in ufficio un cappotto nuovo può davvero rappresentare la svolta e far guadagnare un invito agli aperitivi che contano. E d'altronde ho visto gente rinunciare alla candela della sera e saltare i pasti per comprare il Mac.
4. Michele Gervasini – Nessuno è indispensabile, B.Fiore
Gervasini è un tranquillone che lavora da otto anni alla Montefoschi, un'azienda casearia modello. Viene pagato bene, ha le ferie, i premi aziendali e le mozzarelle e gli yougurt aggratis. A rompere la sua rassicurante routine sono una serie di suicidi cruenti, inspiegabili. I colleghi si fanno fuori uno dopo l'altro e l'azienda viene messa sotto commissariato. Gervasini però continua a presentarsi a lavoro e a preoccuparsi del report che deve consegnare al capo per poter ricevere l'agognato passaggio di livello. Nessuno è indispensabile alla Montefoschi, ma nessuno se ne va, (se non uccidendosi). Questa è la maledizione del contratto a tempo indeterminato.
«Senti Enrico, mi dici che cazzo ci rimaniamo a fare qui dentro?». «La domanda è: che cazzo andate a fare là fuori?»
5. Laars – Maledetti colleghi, E. Park
Laars è il frutto della frustrazione sessuale che regna sovrana in quasi tutti gli open space. Come non solidarizzare dunque con lui. È google-dipendente, si dedica alla ricerca ossessiva dei suoi omonimi e delle ex su internet e si deprime scoprendo come nella maggioranza dei casi tutti si divertono un sacco e conducono vite molto più interessanti della sua. Annuncia voti di castità per nobilitare un'astinenza sessuale subita e di notte digrigna i denti. Insomma è alla frutta. Uno di noi.
Ve ne vengono in mente altri?
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