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Angel at the Fence: The True Story of a Love That Survived

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È il luglio del 1944 quando il ghetto di Piotrków, Polonia viene rastrellato. Tra i deportati c'è Herman Rosenblat, un ragazzino di quindici anni che resterà nel campo di concentramento di Schlieben per sette mesi. Ma la storia di Herman è fortunatamente diversa da quella degli altri deportati, non solo perché lui sopravviverà e avrà una nuova vita, ma soprattutto perché durante l'intero periodo della prigionia, un angelo di 9 anni si recherà ogni giorno presso la recinzione del campo di concentramento e gli terrà compagnia. E se questo non bastasse, nel 1957 Herman Schlieben andrà ad un appuntamento al buio a Long Island dove incontrerà una donna a cui racconterà del suo passato, di ciò che ha passato per poi scoprire che quella che ha davanti il suo naso, quella donna lì che lo sta ascoltando con occhi luccicanti ed emozionati, è proprio l'angelo della recinzione, il suo angelo.

Angel at the Fence: The True Story of a Love That Survived, è il titolo di questa fiaba struggente dal finale felicissimo: il racconto del fato che se ne frega della pazzia di un uomo con i baffetti bizzarri, della distanza, dell'improbabilità e decide di far ricongiungere due anime che dovevano essere ricongiunte.

La storia diventa un racconto nazionale grazie a quel megafono popolare che è l’Oprah Winfrey Show e non può non diventare un libro. La pubblicazione è prevista nel febbraio 2009, ma nel dicembre dell'anno prima succede che la veridicità della storia è messa in dubbio e, così, l'editore ritira il libro.

Ad essere messo in dubbio non è l'intero racconto, perché Herman Rosenblat non si è inventato tutto: lui è un sopravvissuto all'olocausto, è stato rinchiuso a Schlieben, ha patito le sofferenze, le angherie, le brutalità del campo di concentramento. Ciò che è falso, inventato, è la premessa centrale del libro: nessuna ragazzina gli avrebbe potuto mai passare del cibo attraverso la recinzione elettrificata e sorvegliata dei campi di concentramento. Quindi quella donna che lui ha incontrato ad un appuntamento al buio e che è diventata sua moglie, non è l'angelo della recinzione. Non c'è nessun angelo della recinzione.

Perché mai un uomo come Herman Rosenblat, un uomo che ha dentro di sé una storia così triste, ha sentito la necessità di renderla ancora più incredibile, di trovare qualcosa che fosse ancora più interessante, come se la persecuzione che ha subito non lo fosse abbastanza?

Herman Roseblat non è uno scrittore, ma è stato attanagliato da una domanda che ogni scrittore si fa: quanto, questa storia, vale la pena di essere raccontata?

Rosenblat, evidentemente, riteneva che tutto ciò che aveva vissuto non lo era abbastanza. La sua storia, forse, non valeva la pena di essere raccontata perché, nonostante la tragicità – e nonostante la necessità, ora e sempre, di raccontarle, queste storie – la sua era la vita che tanti altri avevano vissuto e raccontato; forse riteneva che narrare la storia della sua vita non avrebbe aggiunto nulla alla memoria collettiva e non avrebbe insegnato niente di più di quanto non fosse già stato fatto.

Herman Rosenblat voleva soltanto essere ascoltato e, per farlo, ha ritenuto necessario inventarsi una storia che ispirasse, che ci dicesse che il mondo, nonostante le persone che lo abitano, è un posto buono, che ci lasciasse con un emozione forte e un insegnamento, che ci facesse emozionare e ci dicesse che l'amore vince su tutto.

Herman Rosenblat voleva soltanto scrivere un libro. 

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