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Emomaniaci

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emo

Beati voi che ora piangete, perché riderete, dice Gesù. Nulla togliere alla grandi verità del Messia, ci mancherebbe; vorrei giusto fare una precisazione. Caro Gesù, in verità, in verità ti dico: e gli emo, dove li mettiamo?

Non ricordi? Ma dai! Gli emo, quelli che andavano di moda una decina di anni fa! Quelli che giravano col frangione nero e lungo, pantaloni strettissimi e neri, il trucco nero sugli occhi, lo smalto supernero. No, non i dark Gesù, non facciamo confusione.

Forse è vero, forse qualche caratteristica comune c’è: anche gli emo si sentono outsider della società, anche gli emo hanno una filosofia di vita che tende al depresso andante. Alcune velocissime precisazioni tratte dalla Bibbia dei Neologismi, senza nulla togliere alla tua, s’intende: urban dictionary.

Sotto la voce “emo”, troviamo una veloce e facile distinzione tra emo e goth:

  • gli emo odiano se stessi
  • i goth odiano tutti
  • gli emo vogliono uccidere se stessi
  • i goth vogliono uccidere tutti

Te li ricordi, ora? Dai, erano quegli adolescenti che ascoltavano musica con gente piangente, guardavano film con gente supertriste e super incompresa, giravano con espressioni sommesse e sofferenti e, sotto la lunga e asimmetrica frangiona, piangevano. Piangevano sempre.

Scherzi a parte, Gesù, come ben ricorderai la sottocultura degli emo moderni si è sviluppata a partire da un genere musicale che aveva tutt’altre peculiarità, ma a noi ora non interessa. Perché noi, oggi, parliamo dell’emomood, degli emo categorizzabili come tali a causa del loro atteggiamento e della loro filosofia di vita un po’, per così dire, apocalittica. Anche qui, senza nulla togliere, s’intende.

Dopo gli hipster e i nerd, oggi vogliamo quindi parlare degli emo della letteratura, che, come immaginerete, ne è davvero piena. Eccovi qualche esempio, nel frattempo attualizzeremo la verità del Messia dicendo: Beati voi che ora piangete, perché rideranno. Gli altri. Di voi.

  • Mirtilla Malcontenta dalla serie di Harry Potter, J.K. Rowling: quando si dice nomen omen. Mirtilla è un fantasma che abita nei bagni delle ragazze al secondo piano di Hogwarts. Uccisa da un basilisco poiché lo guardò negli occhi, Mirtilla passa le sue giornate a piangere, lamentarsi e rompere le ovaie alle povere studentesse della prestigiosa scuola di Magia. E a quel poveraccio di Harry Potter, chiaramente.
  • Il giovane Werther de I dolori del giovane Werther, Goethe: è evidente che se il grande letterato parla di “dolori”, Werther non fosse propriamente un felicione. Innamorato di Charlotte, detta Lotte, che però si sposa un altro, Werther intratterrà una corrispondenza con l’amico Guglielmo nella quale palesa il suo dolore, la sua frustrazione e il suo desiderio di farla finita. A differenza di Mirtilla, insopportabile e piagnucolona, è impossibile non affezionarsi a Werther e a non immedesimarvisi: ché l’amore, si sa, può essere ben più letale di un basilisco qualunque. Da leggere e patire.
  • Gaio Valerio Catullo: che poi tanto gaio non era. Esponente della poesia neoterica, screditata da Cicerone proprio perché affrontava tematiche più personali e quindi effimere, Catullo era un frignone. Si innamora di Lesbia e le dedica infiniti carmina di amore cosmico parlando di bacetti e passerotti, poi Lesbia lo molla, lui rosica un sacco e frigna nei suoi carmina dandole della sgualdrina. Il carme 85, l’Odi et Amo, è celeberrimo: un epigramma in grado di definire in soli due versi l’entità e la grandezza distruttiva del sentimento amoroso. Un po’ emo, forse, Catullo, ma da leggere e amare fortemente. E se poi ci prendiamo delle sgualdrine pure noi, chissene.
  • Antoine Roquetin de La nausea, Jean Paul Sartre: intrappolato in un presente in cui perde man mano la sua identità, sempre più conscio della nausea dell’esistenza e di ogni più piccolo gesto, Antoine è un trentenne solitario e inconcludente che farebbe la fortuna di qualunque psicoterapeuta. Da leggere quando pensate di condurre una vita piatta e senza sapore: leggere Antoine vi rinfrancherà, perché penserete “almeno io non sono messo/a così”.
  • La bambina vudù de La morte malinconica del bambino ostrica e altre storie, Tim Burton: sì, avete letto bene. Tim Burton. Sì, quello di Edward mani di Forbice, il regista. Ebbene, il suddetto scrisse anche un libercolo, anni addietro: una raccolta di poesiole da lui illustrate in cui il tema del “diverso”, a lui estremamente caro, balza fuori prepotente nel corpo spesso tumefatto dei tanti mostriciattoli protagonisti. Il “premo” (Premio Emo) va di sicuro, però, alla Bambina Vudù: con il suo grande cuore trafitto da enormi aghi, la povera ragazzina non può avvicinarsi a nessuno perché, così facendo, gli spilli entrerebbero in profondità facendola soffrire. E ora trovatemi una cosa più emo di questa.

E a voi? Quali altri emonaggi della letteratura vengono in mente?

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