Tra le fila degli esordienti di casa Bao Publishing ne sono emersi alcuni che, per estro artistico da disegnatore e per la buona scrittura di trama e personaggi, si sono distinti ottenendo un chiaro plauso dal pubblico; non sono tardate ad arrivare le ottime critiche ricevute dalle testate di settore.
Nella vasta offerta delle case editrici italiane si affaccia sul mercato Flavia Biondi, proprio grazie al primo contratto firmato con la casa editrice milanese. Suscita da subito interesse per il tema affrontato nella sua opera prima e per la freschezza dei personaggi con cui si presentano graficamente.
L’autrice, nata a Castelfiorentino (FI), si appassiona da subito al fumetto con gli slice of lice di Rumiko Takahashi, capostipite del genere grazie alla serie seminale Maison Ikkoku.
Dopo aver conseguito la laurea presso l’Accademia delle Belle Arti di Bologna in Fumetto e Illustrazione, fonda assieme ad altri colleghi accademici l’etichetta di fumetti indipendente Manticora. Per Renbooks lavora successivamente a tre libri a tema LGBT.
Nel 2017 realizza una storia breve per la raccolta antologica Melagrana, edita da Attaccapanni Press: un contenitore di racconti dalla vocazione tutta al femminile.
La sua prima grande prova con le storie lunghe arriva nel 2015, debuttando con La generazione per la collana Le città viste dall’alto, nata sotto l’egida di Caterina Marietti e Leonardo Favia (tra l’altro autore con Ennio Bufi di un volume della medesima collana, ndr); si tratta della prima opera con cui comincia a descrivere davvero egregiamente i più giovani e gli attimi vissuti nella realtà di paese.
Il setting dell’opera ha luogo nella provincia toscana, la stessa che diede i natali dell’autrice, classe 1988.
Dopo tre anni Matteo scende da Milano, mosso dall’insuccesso di non essere stato all’altezza di vivere da solo come studente fuori sede e tenendosi da parte la sua paura più grande e ingestibile: il suo orientamento sessuale. Talmente ingovernabile che non sa se saprà raccontare tutta la storia a suo padre.
Il giovane fa ritorno a casa di sua nonna. Lei sarà subito pronta per dargli un caloroso bentornato, seguita dalla cugina Sara e dalle tre zie. Ad assistere l’anziana signora è Francesco, un ragazzo che fulmineamente individua i timori del protagonista, un confronto utile per la soluzione che condurrà Matteo al finale della storia.
Sin da questo esordio è chiara la capacità di Flavia Biondi di intessere un racconto che vede una vivida indagine umana, grazie alla quale il lettore entra in contatto empaticamente senza particolari forzature di scrittura.
Matteo sbatterà più volte la faccia contro l’atteggiamento ostile di una delle sue tre zie, per finire alla fine da solo contro tutti.
Le difficoltà iniziali, il senso di inadeguatezza che prova Matteo nello stare al mondo, convergeranno in un finale che oscilla tra il cinema di Michael Haneke e il Master of None di Aziz Ansari; proprio della serie creata dallo stand up comedian contiene una verve umoristica che è simile. Matteo si sente per certi versi un “maestro di nulla” (come recita l’espressione inglese citata nel titolo, ndr), perché fragile e incapace di reagire davanti agli ostacoli che la vita gli procura nel suo periodo più offuscato.
Il tratto della fumettista toscana è riconoscibile dalle prime pagine, sinuoso nel rappresentare le linee dei corpi e degli sfondi, cartoonesco nell’esaltare gesti e reazioni di ogni personaggio.
In terra lucchese (Lucca Comics & Games 2017, ndr) Flavia Biondi si presenta con La giusta mezura, sempre sotto pubblicazione Bao Publishing, tra le molteplici proposte editoriali che sfilerranno in fiera e per la maggior parte in anteprima assoluta.
La giusta mezura è il passo più lungo che la fumettista di Castelfiorentino potesse compiere, perché conferma visione ed estro grafico, qui nella sua massima espressione.
Mia si è da poco licenziata, non poteva più reggere lo stress durante il lavoro di commessa di un negozio di scarpe. Quando lo racconta al suo amico Tito, lui continua ad ascoltarla incredulo e divertito dalla sua uscita di scena: “alzo i tacchi!”
La ragazza, quasi a quota trenta (anni), condivide a Bologna un appartamento con degli studenti, tutti più giovani di lei. Son passati dieci anni da quando raggiunse la città emiliana per studiare; senza impiego e senza una prospettiva avverte sulle spalle sente il peso del tempo trascorso. La stessa Bologna che è stata teatro di sentimenti ed epiche cavalleresche in Un anno senza te, edito sempre da Bao e scritto da Luca Genovese e disegnato da Giopota.
Manuel è alle prese con un romanzo sull’amor cortese, con la speranza di vederlo pubblicato da un buon editore. Un manoscritto ambizioso che ha come protagonista Decimo, preso e innamorato della sua bella: Ludovica. A lei dichiara tutto il suo amore, ma non basta: per manifestare totalmente l’affetto per lei dovrà superare diverse prove.
Ai due giovani innamorati, e qui si parla di Mia e Manuel, il futuro appare ogni giorno più incerto. L’inadeguatezza si fa crescente in Mia con il passare delle giornate, trovando l’apice quando comincerà a vacillare emotivamente durante una festa tra amici.
E la chiamano estate, Jilian & Mariko Tamaki (Bao Publishing, 2014)
La ragazza si rivela d’essere il motore degli eventi della relazione con Manuel e di questa storia.
Il rapporto si incrina, Manuel concentrerà tutte le energie per la stesura del romanzo, distaccandosi completamente dall’evento che lo ha travolto.
A Mia non resta altro che affrontare diverse prove per riconquistare la fiducia e l’amore di Manuel, le stesse prove in cui proverà a cimentarsi Decimo.
La casa editrice milanese ha puntato nuovamente sul nome dell’autrice toscana, sempre capace di dare voce a quelli che potrebbero essere dei nostri perfetti coetanei, che sulla carta si muovono in una Bologna realistica, animata dalla gioventù intenta a trascorrere serate allegre quanto brave in p.zza Verdi, con l’unico scopo di tracannare birre comprate a poco prezzo.
Ne La giusta mezura trova di nuovo spazio il tema dei conflitti familiari irrisolti, che qui toccano Mia da vicino, sorti prima che lei lasciasse la città di Verona.
Biondi gioca e osa con la gabbia, che venga spezzettata in nove vignette verticali, o che venga utilizzata una pagina intera con delle piccole celle, utile per filtrare il racconto a cui lavora Manuel.
L’uso della scala di blu è riconducibile, come ha ammesso l’autrice stessa in un’intervista, alla tecnica di Mariko Tamaki nel romanzo a fumetti E la chiamano estate (Bao Publishing, 2014). Le tonalità del blu servono ad ammorbidire i toni del racconto, senza che questo ne venga esaltato dai drammi e dalla tensione che i protagonisti provano sulla loro pelle.
Il racconto di Decimo, scritto in corso d’opera dal pungo di Manuel, idealista e sognatore della coppia, descrive in parallelo (o quasi) le scelte di Mia, utili per arginare la tempesta e per tornare sui suoi passi dopo aver scatenato l’evento principale, che culminerà nello sconforto e nell’incomprensione di Manuel.
Si intervallano i siparietti comici già visti ne La generazione, la vis comica si rifà alla cifra di Aziz Ansari, con una punta di cinismo in più, e agli slice of life della già citata Takahashi; Mia è accomunata dal suo sentirsi “maestro di nulla” con Matteo.
Flavia Biondi entra così di diritto nell’ultima voce autoriale del fumetto, formata da identità fortissime quali Silvia Rocchi, Bianca Bagnarelli, Alice Socal, Lucia Biagi e Alice Milani: vero collettivo artistico ideologico che si fa cantore della vita di provincia e della nuova generazione di ragazzi in cerca di appartenenza nel mondo.
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