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Arriva in UK il primo festival letterario per le minoranze etniche

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Debutterà nel mese di febbraio l’evento culturale destinato a infrangere ogni barriera di diversità e a riscattare penne significative ma spesso estranee al mainstream letterario inglese: il Bare Lit festival, «a festival for writers of colour» come si legge sul sito ufficiale, si terrà a Londra tra il 26 e il 28 febbraio, e annovera già tra i suoi ospiti nomi illustri come quello della pluripremiata autrice e regista Xiaolu Guo.

Alla base di questa iniziativa gli scrittori Sunny Singht e Courttia Newland, che hanno coinvolto Samantha Asumadu, fondatrice dell’organizzazione non profit dedicata alla promozione degli autori di colore Media Diversified, nelle loro rimostranze legate al fatto di essere stati «raramente invitati a prendere parte ai festival letterari del paese».
Una considerazione che è andata a confermare i dati dell’ultimo report sulla diversità nell’editoria, pubblicato lo scorso aprile, che aveva messo in luce come solo il 4% degli autori presentati a Edimburgo, Cheltenham e Hay facciano parte di una minoranza etnica.
Di fronte a questa evidenza, la necessità di fare qualcosa è diventata agli occhi di Asumadu un “imperativo”.

Il palinsesto dell’evento inaugurale prevede da una parte la presenza di scrittori quali Jane Yeh, Selina Nwulu e il giornalista e autore di fantascienza Robin Yassin-Kassab, dall’altra una serie di interventi che spaziano dai dibattiti su cosa significhi essere un autore di colore nella società contemporanea a tematiche quali “i poeti della seconda generazione in esilio” e “Fantascienza VS Afrofuturismo”.

L’etica della consapevolezza razziale che anima il Bare Lit si configura come una reazione alla “schiacciante omogeneità” della letteratura contemporanea che viene proposta dai festival del Regno Unito.
L'evento è stato finanziato attraverso una campagna Indiegogo e si spera possa diventare un appuntamento annuale. Secondo Asumadu, sarà l’occasione giusta per incentivare e accogliere centinaia di persone che finora non si sono sentite in obbligo di partecipare a iniziative di questo genere perché percepite come poco rappresentative della loro identità culturale o semplicemente delle loro preferenze di lettura.

La speranza è, ovviamente, che la comunità letteraria londinese non faccia mancare la sua presenza e il suo sostegno: «Se non consideriamo gli scrittori di colore alla stregua dei loro colleghi bianchi, essi avranno ancora meno possibilità di venire pubblicati».

Molti autori si sono già espressi a favore del nuovo festival, sottolineandone l’importanza. Tra questi, la scrittrice di origini sudanesi Leila Aboulela, vincitrice del Caine prize per la scrittura africana, ha dichiarato che le opere in ballo sono spesso «racconti nati da tradizioni, dinamiche e storie che spesso il mainstream ignora». Un po’ le stesse ragioni alla base dell’eccitazione della malesiana Zen Cho: «Le storie che riempiono le nostre teste  dovrebbero rappresentare la ricchezza e la diversità del mondo che ci circonda. Sono entusiasta di prendere parte a un festival che sta cercando di incoraggiare questa consapevolezza».

Un appuntamento senza dubbio interessante, che ha il merito di attirare l’attenzione degli addetti ai lavori su una questione sensibile e troppo spesso trascurata; con l’auspicio che, lungi dal configurarsi come il baluardo di una realtà culturale parallela e a se stante, scelga piuttosto di muoversi nella direzione di una maggiore integrazione con voci ed eventi del panorama letterario nazionale. Che rimane, non dimentichiamolo, l’obiettivo primario. 

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