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Damasceno Monteiro: un eclatante caso di cronaca nera a Oporto

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Foto del ponte sul Douro e del quartiere Ribeira fatte da me durante una vacanza a Porto, maggio 2015

Pensiamo a Tabucchi e, automaticamente, un'associazione mentale ci fa pensare al Portogallo. Nel romanzo di cui parliamo oggi, il protagonista è Firmino, un giornalista appassionato di letteratura che vive a Lisbona e scrive per un giornaletto di cronaca nera, O Acontencimento, ma sogna in grande: vorrebbe fare il ricercatore in ambito letterario. Un giorno, gli tocca andare a Oporto, per seguire le indagini di un caso di cronaca iniziato con un ritrovamento macabro: a chi appartiene il cadavere senza testa scoperto nel bosco dal gitano Manolo?

Il caso investigativo che accompagna lo svolgersi della trama non è in realtà così ricco di pathos; il titolo stesso del romanzo, La testa perduta di Damasceno Monteiro, ci svela subito il nome della vittima, e indizi abbastanza precisi disseminati qua e là conducono il lettore a una facile soluzione del caso. Ciò che rimane dunque nel cuore, sono le atmosfere e i personaggi: non passa inosservata, in particolare, la contrapposizione tra il giovane sognatore Firmino e l'indolente avvocato Mello Siqueira di Oporto, detto Loton per la sua somiglianza fisica con l'attore Charles Laughton, celebre per il suo viso grassoccio e le labbra carnose e pendenti.

Oporto, al momento dell'arrivo di Firmino, è grigia e sembra anche un po' triste. Il narratore lascia intendere che il protagonista non muoia dalla voglia di andarci, né sia particolarmente attratto dal piatto tipico della cucina locale, la trippa. Sarà solo in occasione di un ritorno a Oporto, in primavera, a pochi giorni dalla risoluzione definitiva del caso, che finalmente Firmino vedrà la città con occhi diversi e finirà per apprezzarla.

Untitled ribeira Damasceno Monteiro: un eclatante caso di cronaca nera a Oporto

 

Nel romanzo, il punto di vista dei personaggi originari di Lisbona è evidente: Oporto, per loro, è meno bella, meno affascinante, più grezza della capitale. Eppure, io in questa città sono stata di recente, e mi è piaciuta moltissimo, anche più della malinconica Lisbona. Il Douro regala uno spettacolo mozzafiato, e il quartiere Ribeira, zeppo di casette colorate, proprio a ridosso del lungofiume, è allo stesso tempo scenografico e animato, grazie ai tipici balconi e alla fila di bar e ristorantini invitanti. 

È proprio a Ribeira che abitava Damasceno Monteiro, e Firmino descrive così il quartiere in uno dei suoi pezzi per O Acontencimento: «la zona più popolare della città, la gloriosa RIbeira che appartenne agli artigiani, ai bottai, al popolo minuto dei secoli passati, adagiata sulle rive del Douro».

Ma limitarsi a Ribeira, sarebbe riduttivo: Rua das Flores, importante via del centro storico, è un altro dei celebri landmark di Oporto, e a Firmino capiterà spesso di percorrerla o di incontrarsi in questa zona con altri personaggi. Anche Vila Nova de Gaia (è questo il nome della zona che sta dall'altra parte del Douro, rispetto a Ribeira) compare nel romanzo: poco lontano si trova la sede della Stones of Portugal, società di import-export per cui lavora Damasceno Monteiro. I turisti di passaggio a Oporto tendono a trovarsi nei dintorni soprattutto alla ricerca delle cantine di porto, tappa fondamentale per una visita e una degustazione di vino locale.

La terra lusitana porta alla mente atmosfere malinconiche, forse per il fado, quella musica un po' così, forse per l'indolenza tipicamente mediterranea con cui i locali affrontano la vita. Eppure, Oporto può rivelarsi più dinamica e interessante di quel che si possa pensare, se vista sotto la luce giusta. In fondo anche a Firmino, inizialmente diffidente, tocca riconoscerlo.

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