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Contro il terrore: Festa Mobile di Hemingway, un simbolo per Parigi

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C'è una signora, garbata, con il cappotto color cammello e con la messa in piega un po' retrò, da nonnina beneducata.

C'è questa signora, che con il suo foulard elegantemente annodato al collo parla al microfono di un giornalista, e in trenta secondi o giù di lì mette in fila come colpi di mitraglia le sole parole che abbia senso dire all'indomani dell'attacco multiplo che ha sconvolto Parigi, e la Francia, e l'Europa, e il mondo per come lo conosciamo. Ora, noi non entreremo qui nel merito delle operazioni geopolitiche, della paventata guerra mondiale, delle alleanze belliche e del terrorismo: noi qui, lo scorso venerdì, ci siamo limitati ad assicurarci che Elena Chiara Mitrani, la parigina di Finzioni, non si trovasse in mezzo all'inferno, e tanto ci è bastato. Noi, qui parliamo delle teste che si rialzano prima ancora che l'ultimo proiettile abbia toccato terra.

Questa signora, dunque. Danielle è il suo nome. Con i suoi settant'anni e spicci, con il suo cappotto di panno e con in testa una importante quantità di lacca la testa l'ha tirata su a tutti, tutti in un colpo. Rispondendo colpo su colpo: ad ogni sparo un pensiero, per ogni morte una vita. Una vita mica da poco, quella che ha tirato in ballo.

«È molto importante portare fiori ai nostri morti» ha detto deponendo un mazzolino tra gli altri al Bataclan. E poi:

Ed è molto importante leggere, più di una volta, 'Paris est une fête', il libro di Hemingway. Perché noi siamo una civiltà molto antica e porteremo in alto i nostri valori. Fraternizziamo con i 5 milioni di musulmani che praticano la loro religione liberamente e gentilmente, e combatteremo contro i 10mila barbari che uccidono, dicono loro, in nome di Allah.

Bomba. Se trovate un'analisi più pertinente fate un fischio, voglio leggerla.

Non un'oncia di rancore, nelle sue parole. La signora ha già imbracciato un'arma, ed è la più pericolosa di tutte. Perché è fatta di carta e contiene bellezza. E Dio solo sa quanto il terrore detesti la cultura, e la bellezza. Tipo l'aglio per i vampiri, ma con un profumo migliore. Il profumo di carta e inchiostro, un profumo più forte di quello dei tantissimi fiori che ovunque ricordano le vittime degli attentati. Il profumo di una Parigi incantata, di una Parigi che era, che è , e che sarà, il solo posto veramente e profondamente vivo sulla faccia di questo pianeta.

Festa mobile, l'autobiografia di Ernest Hemingway, il ricordo incantevole e incantato della Parigi degli anni Venti, quel posto da sogno che fu poi protagonista dell'onirico film di Woody Allen Midnight in Paris, proprio in virtù del suo essere – miracolo – casa d'elezione per Hemingway, e per i Fitzgerald, e per Joyce, e per Ezra Pound, e per Picasso, e per chiunque avesse qualcosa da dire in quegli anni, e riuscisse a dirla dannatamente bene.

Nelle parole di Danielle, Parigi s'è fatta un'altra magia. Il video della sua intervista ha fatto il botto di condivisioni, in nome del suo appello sono stati raccolte migliaia di euro in donazioni destinate alle famiglie delle vittime, e – poesia – ai fiori per i caduti. E poi, tra i fiori, evocato dalle parole della vecchina, è spuntato un fiore di carta. Tra i fiori, decine di copie di Festa Mobile. Tra i sopravvissuti, centinaia di lettori. Festa mobile ha venduto ultimamente circa cinquecento copie al giorno, stando a quanto rivelato all’Agence France Presse da David Ducrieux, l’addetto stampa della casa editrice Folio, che pubblica l’edizione francese del libro e che del libro ha previsto una ristampa da 15mila copie.

Che magia, la Ville Lumière. Che magia, saper trarre un best seller capace di rispondere oggi a ferite profonde inferte appena ieri, da cui ancora stilla sangue, da un libro scritto mezzo secolo fa. Da un soldato americano, un giornalista, un gran bevitore, uno che non s'è mai fatto mancare donne e sigari, uno che ha amato la vita fino all'ultima pagina. L'autobiografia di un mito, un mito che di questo suo libro scrisse (e già per innamorarsene basterebbe questo solo)

Contiene materiale dalle remises della mia memoria e del mio cuore. Anche se la prima è stata manomessa e il secondo non esiste.

Autobiografia uscita postuma, oltretutto, negli anni sessanta, mettendo insieme, i pezzi della «Parigi dei primi anni, quando eravamo molto poveri e molto felici». Perchè 'unica cosa che pensi, arrivando a Parigi, è proprio che debba essere un posto felice.

Ah, la grandeur, la grandeur. Quella capacità tutta francese di opporre alla tragedia uno stizzito broncio di disappunto e superiorità. Quella cosa lì, riassunta con intuizione felice sulla copertina di Charlie Hebdo, il primo simbolo di oltraggiosa libertà puntato dai kalashnikov del terrore appena dieci mesi fa.

Ils ont les arms. On les emmerde. On a le champagne. 

è la staffilata di disprezzo e ironia che i francesi gettano in faccia a chi li attacca.

Letteralmente: "Loro hanno le armi. Si fottano, noi abbiamo lo champagne".
E i libri.

Oh, i francesi!

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