Avrebbe potuto essere una delle tante azioni spettacolari che Greenpeace mette a segno dall’inizio degli anni ’70, smascherando crimini ambientali, denunciando i misfatti di inquinatori e governi irresponsabili e attirando l’attenzione del mondo attraverso la risonanza mediatica scatenata dai suoi blitz spericolati e scenografici. Invece, la mattina del 18 settembre 2013, qualcosa nelle gelide acque a nord del Circolo Polare Artico non va per il verso giusto. Il piano congegnato dall’equipaggio della rompighiaccio verde battente l’arcobaleno ambientalista Arctic Sunrise di Greenpeace è ambizioso: scalare la piattaforma petrolifera Prirazlomnaya, di proprietà del colosso russo degli idrocarburi Gazprom, e impedirne la regolare attività per più tempo possibile. L’azione – contraddistinta e pianificata, come sempre da quarant’anni a questa parte, in nome della non-violenza e della protesta pacifica – rientra nella vasta campagna Save The Arctic, movimento mondiale di sensibilizzazione alla situazione ambientale dell’Artico e alle motivazioni che lo hanno reso la nuova mecca della corsa all’oro nero. A gommoni già in mare, la reazione della guardia costiera russa è spropositata. Pistole, fucili, spari e abbordaggi contro attivisti disarmati. L’Arctic Sunrise è messa sotto sequestro, l’equipaggio – trenta persone in tutto provenienti da numerosi paesi – è in arresto. Ha inizio l’odissea degli Arctic30 nel sistema carcerario russo. L’accusa: pirateria.
Ho deciso di dedicare questo appuntamento della rubrica Il miglio verde a un libro che non è un romanzo né un racconto, ma ne possiede tutto il fascino. Si tratta di Non fidarti, non temere, non pregare. La straordinaria storia degli Arctic30, pubblicato in Italia da e/o, nato dalla superlativa penna del Guardian Ben Stewart (la prefazione è di Paul McCartney). Il testo non è un’inchiesta e nemmeno un pamphlet ambientalista: è narrazione pura. Stewart non lascia spazio a riflessioni o al dibattito sui cambiamenti climatici, alle proteste degli ambientalisti o alla condotta del governo russo nei confronti di un’associazione mondiale pacifista e non violenta. Fa parlare i fatti, fa ascoltare al lettore le voci e i pensieri degli attivisti minacciati con armi automatiche, abbordati sulla loro nave in acque internazionali e rinchiusi nelle celle della prigione di Murmansk controllate dalla mafia criminale. Ma è col passare delle pagine, grazie a una serie di rapide digressioni, sempre azzeccate e avvincenti, che il quadro fornito dal reporter inglese assume dimensioni sempre più estese, storiche e politiche, permettendo così al lettore di comprendere come lo sfruttamento delle risorse energetiche del pianeta faccia parte di uno scacchiere esteso, ingombro di pedine politiche, interessi economici e multinazionali assetate di dollari.
Qualche settimana fa mi lamentavo in questa rubrica di aver incontrato problemi nel procurarmi romanzi e racconti che avessero come argomento centrale il rapporto uomo-ambiente. Ne esistono, ovviamente, sul mercato editoriale internazionale. Alcuni di questi testi sono di grande valore e meritano una lettura. Dopo aver terminato questo libro che non so come definire – mi vengono in mente i termini reportage, diario, inchiesta, non-fiction narrativa; è probabile che Non fidarti, non temere, non pregare sia una miscela di tutti quanti e che in questa miscela si situi la sua forza –, mi sento di affermare che possa essere considerato senza ombra di dubbio una delle migliori opere mai scritte sulla lotta al degrado ambientale e sulle difficoltà e sugli ostacoli che questa lotta deve fronteggiare quotidianamente in tutto il mondo. Non nascondo di aver goduto di ogni pagina riguardante la vita nel carcere russo di SIZO-1, in cui gli attivisti di Greenpeace sono stati imprigionati per tre mesi prima del rilascio con il pericolo di venire condannati per pirateria – una pena che in Russia prevede dai dieci ai quindici anni di carcere. Le regole della prigione, gli ingegnosi metodi di comunicazione fra i detenuti e lo scoramento causato dalle condizioni squallide e deprimenti mi hanno ricordato le puntate migliori di alcune serie televisive, da Prison Break a Orange Is The New Black. Con la differenza che tutto ciò è successo davvero, trasformando quest’opera in una lontana parente degli scritti di Solženicyn e della “letteratura di prigionia”.
Un libro da leggere, che scommetto vi terrà incollati alle pagine neanche si trattasse di Limonov di Carrère. Forse, dopo averlo assimilato, guarderete gli attivisti di Greenpeace, e tutti coloro che protestano e fanno udire la loro voce, con occhi diversi. Forse, dopo averlo divorato, mediterete sul fatto che siamo ancora – come ci ricorda l’esergo griffato Kurt Vonnegut – «ubriachi fradici di petrolio».
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Non fidarti, non temere, non pregare. La straordinaria storia degli Arctic30 di Ben Stewart, edito da e/o (2015).
Il libro presenta la certificazione Misto FSC (Forest Stewartship Council) "Carta da fonti gestite in maniera responsabile" e l'indicazione: "Stampato su carta riciclata Cyclus Offset.
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