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Quale futuro per la poesia in Italia?

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Photocredit: nuovasocieta.it

Siamo da tempo abituati a proclami apocalittici che puntualmente annunciano la fine di qualcosa: dal “mille e non più mille” alle profezie dei Maya sulla fine del mondo che doveva verificarsi un paio di anni fa (a volte ci ripenso e mi chiedo se lo abbiamo sognato) se non è l’intero pianeta che sta per morire si tratta, di volta in volta, del romanzo, della letteratura, della musica, delle librerie indipendenti e così via.

E se ormai siamo bravi a non curarci delle sparate apocalittiche, non riusciamo, per di più in tempi di crisi, a non soffermarci con una certa ansia di fronte a dati e indagini con il segno negativo. Un paio di settimane fa sono incappata in un articolo su "Avvenire" nel quale Alessandro Zaccuri rifletteva sulla profonda crisi della poesia in Italia, in relazione alla scelta di molti grandi editori italiani di non pubblicare più versi. Davanti a un dato di fatto difficilmente contestabile, ovvero che la poesia non vende o vende poco, molte delle case editrici del nostro paese hanno infatti ridotto significativamente se non del tutto cancellato questa sezione dalla loro produzione. Zaccuri parte da Mondadori, chiedendosi, ironicamente ma non troppo, se l’ultimo titolo pubblicato nella storica collana “Lo Specchio”, Incontri e agguati di Milo De Angelis, sia da intendere come l’ultimo nel senso di “il più recente” o in senso letterale. Mondadori è uno dei pochi grandi editori che pubblica ancora poeti italiani e internazionali di qualità altissima, ma alcuni segnali, come il pensionamento dell’Almanacco dello specchio, il cui ultimo numero risale al 2010-2011, destano preoccupazione.
E se Mondadori rallenta, va peggio con gli altri editori: è del 2012 l’ultima uscita nella “Collezione di poesia” di Garzanti (Turbativa d’incanto, Jolanda Insana) e rallentano anche Guanda e Marsilio, soprattutto per quanto riguarda la poesia italiana. Resiste Einaudi con la sua collana “Collezioni di poesia”, meglio nota come ''la Bianca’’ per il colore delle sue copertine, che sforna da oltre cinquant’anni una decina di titoli all’anno, alternando classici e novità. 

A sostituire i grandi nella produzione e promozione della poesia ci provano editori medi e piccoli – l’articolo cita in particolare due iniziative che si ispirano proprio all’Almanacco di Mondadori, ovvero il “Quadernario” dell’editore comasco Lieto Colle, periodico annuale diretto dal poeta Maurizio Cucchi, e ”Almanacco dei poeti e della poesia contemporanea” del riminese Raffaelli – o iniziative digitali quali poeti.com di nottetempo, che riduce la tiratura cartacea e punta sugli e-book. 

Un allarme, quello di Zaccuri, rilanciato un paio di giorni fa da Nicola Crocetti, editore dell’omonima casa specializzata in libri di poesia, che lamenta lo scarso se non nullo interesse verso la poesia nel nostro paese: nessuno ne parla, è mal distribuita, dunque non c’è da stupirsi che non venda. Sulla stessa linea Agnese Manni, a capo della casa editrice leccese Manni Editori, secondo la quale «la poesia è stata espulsa dal mercato», assente dalle pagine dei giornali e marginale nelle librerie. 

Entrambi gli interventi sottolineano come le grandi case editrici non investano più nella poesia in quanto non redditizia. Non stupisce dunque che molti titoli di poesia siano auto-prodotti, Crocetti riferisce che si tratta della maggior parte dei 1.500 / 2.000 titoli che escono in Italia ogni anno. 

Ad invocare un sostegno istituzionale per far fronte a questa situazione è il poeta e traduttore Maurizio Cucchi, secondo il quale basterebbe un piccolo supporto per mantenere le pubblicazioni di poesia sugli stessi livelli del passato, con numeri che non sono paragonabili alle altre categorie. Secondo Cucchi ad essere complici del disinteresse culturale verso la poesia nel nostro paese sono anche i mezzi di comunicazione, che «se ne infischiano della poesia» in primo luogo perché pensano che non interessi ai lettori e, in secondo luogo, per ignoranza dell’argomento. 

Uno spiraglio viene da Mauro Bersani, responsabile della già citata collana “Bianca” di Einaudi, che continua a far uscire otto titoli all'anno, ma soprattutto ristampa molti dei titoli in catalogo: su 430 titoli, almeno 250 vengono ristampati ogni anno e vendono più delle novità, permettendo alla collana di andare avanti. Anche Bersani finisce tuttavia per dichiarare, come Cucchi, che per la poesia non spera in un’evoluzione ma almeno in una tenuta.

L’articolo di Zaccuri e il j’accuse di Crocetti e Cucchi non hanno generato per ora grandi reazioni sul web e sui social, abituati a scatenarsi ogni volta che qualcuno si sveglia e grida alla morte del romanzo. Una prova a favore della teoria di Crocetti sul disinteresse per la poesia in Italia? Davvero non leggiamo poesia? Siamo dunque pronti a farne a meno? 

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