Qualche giorno fa c'è stata una notizia che ha toccato in modo particolare l'opinione pubblica. Come annunciato da tempo, Francesco Schettino ha pubblicato un libro scritto a quattro mani con la giornalista Vittoriana Abate in cui racconta la sua verità sulla tragedia della Concordia. In occasione dell'anteprima nazionale a Meta di Sorrento, stando a quanto ha riportato La Nazione Schettino è stato accolto «come una star», applaudito da un pubblico di lettori pronti a mettersi in fila per una foto e un autografo. Sbollita (anche se non del tutto) l'indignazione iniziale, questo episodio ci fornisce un'occasione per riflettere.
Non è facile, ma bisogna mettere per un attimo da parte il livido sarcasmo, i paragoni con Conrad e le offese rabbiose che naturalmente ci risalgono come un conato di vomito. La premessa è che ognuno è libero di scrivere e di pubblicare ciò che vuole e ritiene più interessante o redditizio. Graus editore ha pubblicato Le verità sommerse e lo presenta così: «Chi è l’uomo accusato di aver fatto naufragare la Concordia? Trenta anni in mare. Aneddoti, ricordi, testimonianze mai sentite prima. Tutto ciò che non è stato ancora raccontato e compreso del naufragio della Costa Concordia». Ma il libro è soprattutto un testo-verità, in linea con la moda editoriale che affolla le librerie con successo da almeno una decina di anni, una risposta di oltre seicento paine allestita dal duo Schettino-Abate per rispondere alla confusione mediatica esplosa attorno a una vicenda che ha fatto il giro del mondo e ha dato una delle peggiori immagini del nostro Paese.
Perché del naufragio della Concordia si ricordano sempre tante altre cose prima di quelle 32 persone che a causa dell'incidente hanno perso la vita, spezzando anche quella dei loro cari. Della Concordia si ricordano le intercettazioni Schettino-De Falco, i salga a bordo cazzo, le magliette salga a bordo cazzo, le persone che vanno a farsi le foto davanti alla Concordia che spunta dal mare, i pennaioli che si inventano la relazione tra Schettino e la Abate, Schettino che fa una lezione all'università su come si gestisce il panico e ora Schettino applaudito, che firma le copie del libro, che si fa le foto con delle persone in fila per farsi una foto con lui.
Si fa un respiro e ci si ripete che siamo in un Paese fortunatamente libero, dove tutti possono fare ciò che vogliono, dove i giornalisti scrivono ciò che vogliono, gli editori pubblicano ciò che vogliono, le persone applaudono chi vogliono e comprano i libri che vogliono, la gente si incazza per ciò che vuole. Trentadue persone morte. No, non è facile tenere insieme tutto questo, perché tutto si sovrappone, le immagini si alternano. Schettino abbronzato con gli occhi azzurri, le ricerche subacquee dei morti, Crozza che imita Schettino, la speranza per i dispersi, Schettino in motorino con la Abate, un nuovo corpo ritrovato ogni giorno. Poi gli applausi in sottofondo a Meta di Sorrento, mischiati alle urla dei video amatoriali mentre la Concordia affonda, le interviste, gli sciacalli, la nave rimorchiata, gli autografi, gli applausi, le urla. Siamo in un Paese libero che è libero di andare alla deriva, portato dalla corrente ma da nessun vento ispiratore. E tutto è così lontano e indefinito, lontani e indefiniti anche i colpevoli, i responsabili di una simile frantumazione morale. E possiamo indignarci oppure risparmiarci la fatica, perché questi applausi sono un finale grottesco che ci accende e contemporaneamente ci disarma, ricordandoci che quasi sempre non c'è niente di logico in tutto ciò che abbiamo di fronte.
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