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#teamlagioia

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(Credits immagine: Gaetano Bigi)

 

Ebbene sì, siamo quasi agli sgoccioli, la Coppa dei lettori si avvia al termine e noi siamo qui a cercare di convincervi, ancora una volta, a votare La ferocia di Nicola Lagioia.

Perché?

Ve lo abbiamo dipinto come un libro che sfugge a ogni definizione, a ogni vincolo di stile e genere precostituito. Lo abbiamo definito come il ritratto di un Meridione devastato dalla corruzione e dalla speculazione edilizia, in cui la cornice del noir fa da sfondo alla parabola discendente di una famiglia borghese. Lo abbiamo paragonato a una roccia: «compatta, dritta al punto, formata e cesellata dal tempo e dall'erosione: insomma, una storia a regola d'arte, perfetta come sono perfetti i grandi massi che schiacciano Wile E. Coyote».
E non sarebbe difficile andare avanti: La ferocia è un romanzo talmente ricco da prestare il fianco a ogni genere di tipizzazione, dal romanzo di formazione alla tragedia catartica, e da accogliere l’eredità evidente di grandi modelli letterari.

Ma queste sono tutte cose che avrete già letto nelle decine di recensioni sparse per il web, e che, se non l’hanno fatto in passato, difficilmente stimoleranno la vostra esperienza di lettura adesso.

Per questo motivo abbiamo pensato, in questa fase conclusiva, di passare il testimone a dei lettori speciali. Lettori che, fondamentalmente, hanno fatto dei libri il loro mestiere o la loro passione e che hanno visto nel romanzo di Lagioia quel qualcosa in più che hanno deciso di raccontarci.

Ascoltateli, ascoltateci e aiutateci a rendere giustizia a un romanzo destinato a lasciare una traccia indelebile nel panorama della narrativa italiana contemporanea.

 

Perché in questo libro, lo sguardo di Nicola, scontrandosi col problema del potere, da sociologico si è trasformato in etologico. Abbandonata l'inquietudine postmoderna, adesso si rapporta con l'Altro nella sua irriducibile alterità. Ne La Ferocia i Salvemini sono studiati nel loro ambiente naturale; il loro comportamento, le loro idiosincrasie, le loro disforie, vengono dapprima registrati su un taccuino, e poi analizzati, criticati, comparati e accuratamente sezionati in vista di un'interpretazione, benché – ed è questa la forza del libro in quanto documento – ci sia sempre qualcosa che sfugga alle pieghe di ogni possibile tassonomia: piccole deviazioni, conti che non tornano, aporie, roba da nulla che tuttavia non consente al cerchio di essere "quadrato". Per quanto possa sembrare strano, quei minuscoli "nulla" compongono la trama del libro, distorcendola. È un percorso unico nello scenario attuale, per questo merita di vincere.

(Daniele Zito, scrittore)

Diciamo che La ferocia è un libro che, specie se sei reduce da letture imperfette che ti hanno fatto dubitare dell’esistenza di una divinità autoriale, ti fa ritrovare la fede. Perché leggendo hai quella sensazione di finitezza e smarrimento che ti fa pensare di essere in balia di un’entità più grande di te, di qualcosa che ti trascende, di una sapienza insondabile. Insomma, di quel dio che manovra i destini di personaggi e lettori che è l’autore onnisciente e onnipotente. Una lingua esatta e implacabile rischiara – secondo un disegno precisissimo – ora quell’episodio dell’adolescenza di Clara, ora quel momento dell’infanzia di Michele, costruendo un gioco di luci e bui a cui capisci che devi affidarti per arrivare a vedere il quadro più ampio, il senso definitivo. La ferocia è un romanzo ambiziosissimo che ti chiede un po’ di pazienza e molta fiducia, ma poi ti ricompensa come fanno le religioni, regalandoti una verità.

(Linda Fava, editor)

Don DeLillo scriveva che "si può avere nostalgia di un posto anche quando ci si sta." Leggendo le prime pagine di La ferocia ti succede un po' quello: vuoi che la storia duri tanto, perché Lagioia costruisce una trama impeccabile, gotica e strappata degli anni che stiamo vivendo, ti guida nelle pieghe di una lingua corposa e violenta, un periodare potente e complesso, una goduria delle subordinate. Il mondo che costruisce è il nostro, storto e crudele, dietrologo e sporco, assolutamente reale. La ferocia è la storia feroce di una famiglia infelice a suo modo, come pronosticava Anna Karenina; la storia delle colpe di una generazione concentrate nella fragilità dei figli, del potere marcio del nostro paese, della debolezza della volontà e dell'anima, e dell'omertà sottesa: la fotografia di scorcio su una Puglia sfocata, la grande narrazione della vita di una donna perturbante e ombrosa, che si trova al momento sbagliato nel posto sbagliato. E, forse, l'ha scelto. Per questi e per moltissimi altri motivi La ferocia merita di vincere la Coppa dei Lettori.

(Sara, Libreria Therese di Torino)

La ferocia, l’avrei scelto anche solo per la copertina: una foto di Roderick Field che ricorda un quadro di Edward Hopper. Un’immagine quasi metafisica della solitudine umana carica di silenzi taglienti e inquietanti. Si dice che non bisogna giudicare un libro dalla copertina ma questo libro è ferocemente perfetto fin dal principio. Il libro di Lagioia è perfetto in modo quasi imbarazzante, la scrittura è limpida, senza sbavature, i personaggi ben delineati, non ci sono pagine che si è tentati di saltare né scene superflue . Sembra quasi un’operazione chirurgica fatta con la penna nel cuore della società moderna. In alcuni momenti mi ha ricordato fortemente De Lillo, per la capacità di descrivere la realtà con frasi brevi, precise e senza fronzoli. Gli auguro un futuro splendido e feroce come la bocca spalancata della tigre di cui Michele aveva letto da ragazzo.

(Flavia Peluso, lettrice e blogger per Extravesuviana e Una banda di cefali)

Tanto è stato detto su La ferocia di Nicola Lagioia, e giustamente, perché è un romanzo importante, di quelli che richiedono anni di lavoro e di sedimentazione. Al di là dello spunto noir (intrigante ma ampiamente travalicato), al di là del topos “ascesa e declino di una grande famiglia” (in questo caso della borghesia barese losca e intrallazzona), che ha subito innescato il paragone con I Buddenbrook, questo è uno di quei romanzi ambiziosi che non disattende le proprie pretese. Quel modo di concepire la narrazione attraverso un fitto mosaico di punti di vista parziali, che solo se debitamente incastrati mettono a fuoco, alla fine, la vicenda, ha molto del giallo, certo, ma ricorda anche il Faulkner de L’urlo e il furore, con cui il romanzo di Lagioia condivide il tema del rapporto morboso tra fratello e sorella e le atmosfere dei caldi giardini notturni brulicanti di vita animale. Il regno animale e quello umano a volte si intrecciano, a volte sono microcosmi paralleli. Sono equiparati, però, nell’istinto primordiale, l’ansia predatoria che si annida nei giardini notturni della Bari benestante, all’ombra della speculazione edilizia. L’uomo però, a differenza dell’animale, ha il potere di interrompere il circolo vizioso, di opporre la volontà al proprio istinto, e questo può costituire una nota di speranza che invece non è concessa a un’altra saga familiare del meridione, I Vicerè di De Roberto, che nella scrematura implacabile tra adatti e inetti alla sopravvivenza sembra costituire un antesignano più freddo e crudele della Ferocia.

(Laura Antonella Carli, giornalista)

La ferocia è molte parole. La Puglia, Bari soprattutto, ma anche la provincia, le statali, le provinciali, la vegetazione, gli odori buoni e cattivi, e sfondi di Roma, Avellino, Salerno. E numerosi altri sfondi che il lettore potrebbe facilmente immaginare esercitandosi in un gioco di sostituzione. Una famiglia: ricca, borghese, potente. Un marito costruttore, una moglie colta, quattro figli. Sei persone tutte determinate e fragili. Tutte controllate e tutte pronte a esercitare il controllo. Il gioco: potere, politica, appalti, imbrogli, soldi, cocaina, bellezza, sesso, corruzione, morte, ricatto, rovina, rinascita. L’amore: Chiara e Michele, due dei quatto fratelli, legati dall’infanzia, morbosamente, carni quasi sovrapposte, inseparabili, anche da lontani, anche da perduti, da morti. Il Sud: è sempre una faccenda di morte e bellezza, di cose a perdere, di modifiche senza cambiamento. La ferocia: è una parola che comparirà più volte, quasi ossimorica in un sorriso feroce, silenziosa in un gesto, definitiva in uno sguardo, vendicativa quando somiglierà alla gioia. Il ruolo degli animali: molti e di molte specie sono presenti nel racconto, sono metafora dei personaggi o lo sono del tempo? Stanno lì a significare un altro tipo di ferocia quella che è della natura, che è sopra il controllo, che viene prima dell’idea del controllo. La tecnica e la prosa: Tutti gli elementi precedenti insieme a molti altri di cui parleremo con Nicola non avrebbero alcuna ragione di esistere se non fossero manovrati da una perfetta tecnica di scrittura, dalla volontà di salire di livello scegliendo spesso parole che non appartengono al linguaggio comune. La ferocia sarebbe molto meno bello se non fossimo colpiti da frasi, pagine, colme di una suprema e malinconica bellezza.

(Gianni Montieri, poeta)

Bonus track: e se non siete ancora convinti, La ferocia è un romanzo che ispira illustrazioni bellissime, come quelle realizzate da Gaetano Bigi.

 

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