Illustrazioni di Cecilia Barletta
Dopo le 50 sfumature di grigio e i loro epigoni, dopo un saggio dedicato solo a lei, la vagina, dopo l'infuriare di articoli sull'orgasmo femminile e su quanto il sesso sia percepito diversamente dagli uomini e dalle donne, abbiamo deciso di chiedere a un uomo e a una donna di Finzioni cosa ne pensano delle scene erotiche nei romanzi. Lei è Michela Capra, e parla molto di sesso qui, lui è Federico Tamburini, e parla molto di sesso nelle email di redazione. Da oggi per due volte al mese commenteranno la stessa scena hot dal punto di vista femminile e maschile. Godetevela.
Cominciamo con una scena da La bambina perduta (edizioni e/o 2014), quarto e ultimo volume del ciclo de L'amica geniale della chiacchieratissima Elena Ferrante.
La voce narrante è Lenù, ossia Elena Greco, che scopre il suo Nino mentre si dà da fare con Silvana, la donna delle pulizie…
Federico Tamburini
Dunque, c’è sta poverina che ritorna a casa coi pannolini appena comprati in farmacia. Non fa in tempo ad aprire la porta del bagno e chi ti trova dentro? Uno in canotta della salute di lanina che si sta bombando 'na vecchia che mi pare di aver capito essere la donna delle pulizie. E insomma st’omo in canotta di lanina si stava inchiavardando sta poraccia, a cuvioni sul lavandino, coi mutandoni tirati giù e il grembiulone tirato su. 'na vecchia che, cito – segnata dalla fatica, grossa, disfatta.
Una scena di sesso di una depravazione epocale.
Ho ancora i brividi. E guardate, io non so chi sia questa Ferrante, ma secondo me bene bene non deve stare. Però il problema è che mentre leggevo questa scena mi immaginavo che la Ferrante fosse Goffedro Fofi e ad un certo punto mi sono immaginato che la vecchia sodomizzata fosse il Fofi stesso. Quindi immaginavo questo in canotta che si bombava Fofi, coi mutandoni calati e le sue chiappotte bianche in bella vista.
E la cosa, in fondo, mi è piaciuta.
Michela Capra
Preferivo Goffredo Fofi, giuro, a Margherita Buy. Perché come non avere stampata in testa la faccia smarrita di Margherita Buy, occhi spalancati, bocca un po’ socchiusa, trucco nero che cola leggermente, mentre urla, senza parlare: “Povera me, perché a me, perché mi ha fatto questo?”. Femmina italica, che nervi.
Forse perché glielo hai permesso. Forse perché hai ingurgitato litri e litri e litri di senso di colpa (oltre che di liquido seminale, perché se dici no non ti si scopa più nessuno, vero?) che ormai ti muovi come un gabbiano quando esplode una petroliera e mi fai metà della pena.
Ti rendi conto che hai permesso a un trombatore seriale di dubbio fascino (cioè, nudo con la canotta a costine?!) di entrarti in casa e fare da padrone? Sai che ti dico, cara? Che quei litri tossici che ti sei calata ti hanno fatto credere di essere una privilegiata, visto che lui, oltre alle signore raffinate, si bomba anche a te.
E come non pensare a Isabella Ferrari a cena con la sigaretta in bocca che se ne sbatte di buttare il fumo in faccia ai commensali, mentre fa titillare charms d’oro e d’argento dal suo braccialetto a catenina? Ma che dico? I commensali hanno un silenzioso e inconsapevole orgasmo nel vedere una donna vera nel pieno dell’azione. Perché certo, sono quelle le donne vere.
E poi, perdio, Ferrante, i nomi. I nomi. Ma come cavolo si può riporre speranza in una prole che hai chiamato come i figli della nobiltà decaduta, ormai mischiata ai ricchi per soldi, che si vergogna della propria identità, tanto che si ricicla in una versione radical chic di se stessa?
Sono sfiduciata, sfiduciatissima. Nutrivo speranze in questa signora scrittrice che vuole vivere nell’ombra e invece mi trovo la solita donna italica immersa nella sua stessa cacca fino al collo. E il riferimento dantesco le fa fin troppo onore.
Insomma, se mi dovevo eccitare, non ce l’ho fatta. O forse sì, forse dopo una scena del genere sono pronta per del sesso arrabbiato, molto arrabbiato. Federico, la frusta?
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