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Arkadi e Boris Strugatzki | Picnic sul ciglio della strada. Stalker

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Tutta la vita è stato così: io nella merda e sulla testa i fulmini.

Prima vedo il titolo Picnic sul ciglio della strada: figo; poi la copertina: bella; poi gli autori, Strugatzki, russi: bene; poi la trama, c'è un Rosso, qualcosa di fantascientifico e di sinistro: perfetto. E intanto mi si insinua nella testa un ricordo, e allora vedo il sottotitolo, Stalker, e tutto torna al suo posto. Stalker, lo stesso del film di Tarkovskij, quello con la locandina in bianco e nero con in primo piano un tizio che pare uscito da Auschwitz. Lo stesso film che ho guardato praticamente a testa in giù, tagliandomi le unghie, spuntandomi i capelli, mangiando noccioline, tutto pur di non addormentarmi. E penso, No! Quello Stalker lì da questo libro qui? E ho tremato.

Picnic sul ciglio della strada Arkadi e Boris Strugatzki | Picnic sul ciglio della strada. StalkerPoi ho tenuto il librino tra le mani. Un così bell'oggetto, con la copertina così vivace, zigrinata, con le pagine color panna morbide, con questo formato così compatto. E allora ho iniziato a leggere, e a ogni pagina pensavo che mi sembrava impossibile che quel film venisse proprio da qui.

Va detto che io e le immagini in movimento non andiamo sempre d'accordo, mentre io e le parole abbiamo un rapporto intenso da tutta la vita. Sta di fatto che questo Stalker qui è vivace, brioso, veloce. Ha ritmo, è sfacciato anche alle volte nel modo in cui ti afferra e ti trascina dentro per il bavero, anche tu lettore incerto, e ti lascia a bocca aperta spesso. Per quello che ti mostra e per quello che ti spiega sull'umanità intera, del futuro e dell'adesso.

E poi la Zona. La stessa del film, la Zona dove sono atterrati un giorno degli alieni lasciando le loro tracce, che possono tranquillamente essere la loro immondizia dopo un picnic. In questa Zona c'è il visibile e l'invisibile. E ci sono le sensazioni del Roscio, uno Stalker terrorizzato e prepotente che seguiamo lungo una vita travagliata. Ci sono dei movimenti che vedi e non vedi, ma che in ogni caso hanno degli effetti. Cose che sembrano esserci, ma poi non ci sono, ma poi invece hanno conseguenze che ci sono davvero, e le conseguenze sono la morte. Oggetti extraterrestri con un potere e una bellezza straordinari e sconosciuti. La gente che traffica intorno a Red e intorno alla Zona, i soliti arraffoni e poveracci di questo e di tutti quanti i mondi possibili. La “gelatina di strega”, i morti non morti che tornano come ombre nere, cumuli di polvere che sono stati persone e tutte le sfumature emotive dello stare, appena, in equilibrio tra la vita e la morte, e le conseguenze di questa condizione sui propri cari.

C'è un mondo spaventoso e orribile che è anche quello che può darti tutto quello che desideri nel profondo del tuo cuore. E questo mondo sinistro vive accanto a quello dei normali farabutti, del normale tirare avanti tra una truffa e l'altra, solo che quel sinistro si insinua nelle pieghe del grigio quotidiano.

Per chi avesse visto il film con gusto: questo libro potrebbe essere una delusione, perché di quella cupezza malvagia non ha molto, qui c'è più cinismo che dramma, più ironia che tragedia, più vita che morte, apparentemente.

Per chi non l'avesse visto: il libro apre solo degli spiragli sulla Zona, risponde a poche domande, mentre il film su quella punta tutto. E quindi se finito di leggere volete una dose maggiore di cupezza e mistero fiondatevi sul film. Dopotutto lo farò di nuovo anch'io.

Arkadi e Boris Strugatzki, Picnic sul ciglio della strada. Stalker, marcos y marcos, 2015

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