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Alleggerire la vostra libreria, sacrilegio o opportunità?

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Libreria

Premetto che quando ho letto questo pezzo dal titolo "Sfoltire la mia libreria" sono caduta dalla sedia. Ok, tutti abbiamo o abbiamo avuto problemi di spazio nella vita, chi perché divide la casa con sette coinquilini, chi perché vive ancora con i genitori in una cameretta da dodicenne, chi semplicemente perché soffre di disturbo da acquisto compulsivo e sindrome da accumulo, due patologie che spesso vanno a braccetto. I più fortunati di noi si sono emancipati in un monolocale di venti metri quadri che nonostante i consigli dell’IKEA – soppalcate il soppalcabile! – non si è trasformato in un castello.

Capita prima o poi che per potersi muovere liberamente in casa ci troviamo costretti a liberarci di qualcosa; passi il servizio da té della prozia, anche se un hipster non ce lo perdonerebbe mai; passino due dei quindici cappotti che abbiamo nell’armadio, o quegli stivali del ’97, peraltro ancora mettibilissimi. Ma di sacrificare un libro non se ne parla nemmeno, ci sarà sempre un angolino per lui nella mia casa.

Arriva però nella vita di ognuno di noi il momento in cui questa scelta diventa opportuna, se non necessaria; basti pensare ad un trasloco, incubo di tutti noi accumulatori. È proprio questo il motivo che ha spinto l’autrice dell’articolo sopracitato a interrogarsi su come gestire questa situazione. Proviamo dunque a metterci nei panni di chi questa scelta l’ha fatta, senza esprimere nessun giudizio perché ovviamente non stiamo parlando di buttare via i libri, ma di far vivere loro una seconda vita fuori dalla nostra libreria; regalarli ad un amico, cederli a una biblioteca o venderli ad un mercatino dell’usato. 

Ma cosa tenere e cosa lasciar andare? È ovvio che questo tema sia molto sentito tra i lettori forti, al punto che nel 2009 il New York Times ha dedicato un post di inizio anno all’argomento, coinvolgendo alcuni addetti ai lavori, da autori a librai, che hanno fornito i loro consigli su come riorganizzare la propria libreria.

Se state quindi pensando di anticipare le pulizie di primavera, ecco qualche dritta emersa da quel dibattito:

  • rinunciate a tutti quelli libri per i quali rispondereste no a questa semplice domanda: se vivessi fino a cent’anni, rileggerei mai questo libro?
  • rinunciate a quei libri che non avete letto, ma ai quali non avete nessuna intenzione di dare una chance
  • rinunciate a tutti i manuali che cominciano con "Come fare a"… specialmente quelli che vi spiegano come migliorare voi stessi
  • rinunciate a qualsiasi romanzo scritto da una celebrità 
  • rinunciate a qualsiasi raccolta che contenga la parola "greatest" nel titolo
  • rinunciate ai libri di cucina che contengano nel titolo le parole facile, delizioso o leggero
  • rinunciate ai doppioni o ai libri con gli stessi contenuti; non avete bisogno di sei dizionari
  • tenete quei libri che hanno avuto una profonda influenza sulla vostra vita, i famosi volumi che salvereste se la casa stesse andando a fuoco. Quello che sopravviverà a questo repulisti sarà il vostro DNA letterario.

La maggior parte delle persone chiamate in causa descrive questa esperienza come liberatoria, un’opportunità di disfarci di cose che non ci interessano più o non ci hanno mai interessato e fare spazio al nuovo. Non c’è dubbio che tutte queste argomentazioni siano a loro modo validissime, ma vi dirò che io non mi sono fatta convincere. E voi, siete accumulatori seriali o minimalisti convinti? Avete mai alleggerito la vostra libreria? 

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