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Premio Strega 2014: la cinquina non vende

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Photocredit: Con Altri Mezzi

Stasera c'è la finale del Premio Strega. Si scongelano gli invitati, ci si veste bene, si mangia e si beve a scrocco e ci si prepara a un seratone che al confronto le gite a Sorrento organizzate dal centro anziani sono un rave party. Tutto bene, insomma. No, tutto bene per niente. Allarme! Tragedia! Disastro! Stasera c'è la finale del Premio Strega, ma la cinquina non sta vendendo per niente. 

Che si sbrighino, ad annunciare il vincitore. Tanto, dicono i maligni, si sa dall'anno scorso che quest'anno vince Piccolo. Vince lui perché l'hanno scorso ha vinto Siti, cioè Rcs. E quest'anno deve (o dovrebbe) vincere il Gruppo Mondadori, che però nella cinquina ha anche la Cilento, quindi sarà un po' imbarazzante. Piccolo e Cilento sono un po' come due invitate a un matrimonio che sono vestite allo stesso modo e fanno finta di niente, in pratica. Tanto io sono più fica, si fa forza una. Comunque, a prescindere da chi sarà il vincitore, l'importante è che ce ne sia uno, perché servono quelle dannate fascette.

Sono finiti i bei tempi in cui bastava promuovere il proprio libro dicendo che era candidato allo Strega o mettere su qualche polemica di routine. Quest'anno, poi, c'è stato anche il record di candidature, quindi bisognava inventarsi qualcos'altro per apparire speciali e degni di essere letti. Già, perché stavolta persino essere finalisti non garantisce delle buone vendite. Lo ha scritto Silvia Truzzi sul Fatto, snocciolando numeri che causano svenimenti ai piani alti dell'editoria nostrana. Piccolo, il vincitore annunciato, finora ha venduto appena 42mila copie, da novembre 2013. Ed è Piccolo, ed è andato da Fazio. Gli altri quattro sono a cifre inferiori. Scurati è a 8200 copie, Pecoraro a 4500 e la Cilento a 3800. Catozzella, invece, arriva a 20mila.

Badate, non è mica colpa dello Strega, degli editori o dei finalisti. È il mercato. Lo sappiamo che in Italia si vendono sempre meno libri, anche se ne vengono pubblicati sempre di più. Anche lo scorso anno dicevamo che in finale mancavano i best-seller e qualche tempo fa abbiamo addirittura scoperto che i premi letterari fanno male ai libri, quindi non sappiamo più cosa pensare. È un bene o è un male che le vendite della cinquina siano così basse? Significa che se vendi poco sei un buon libro, un buon autore? Ne acquisti in qualità? Sei un autore normale, umano, che può unirsi al coro per lamentarsi di Fabio Volo? 

Queste vendite non incoraggianti sono comunque in linea con i dati. Malgrado le fascette e, soprattutto, malgrado la reale qualità dei testi proposti, sappiamo bene che il lettore italiano non si scapicolla in libreria per andare a comprare quel meraviglioso romanzo che è La vita in tempo di pace di Pecoraro (sì, ho il mio preferito). Punta su Piccolo, incoraggiato da tutto il carrozzone, oppure sceglie Catozzella, perché è giovane e il suo romanzo affronta un argomento che stimola la sensibilità di molti. E allora se Pecoraro e Cilento vendono poco e di meno rispetto ai colleghi della cinquina, è tutto nella norma. Certo, Scurati non l'avrà presa bene, ma neanche chi ha letto del suo autoplagio l'ha presa bene. Quindi? Quindi possiamo stare tranquilli, sia noi, sia gli editori, sia gli autori. Andrà tutto bene, tutto come previsto. Stasera la lavagnetta ci dirà finalmente quale libro comprare (o non comprare) e l'estate farà il suo corso, sollevando le vendite e persino il morale degli afflitti.

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