È successo che qualche giorno fa ho fatto il #readerguest per @stoleggendo, un bellissimo progetto di letteratura collettiva su twitter di Francesco Musolino (noi ne avevamo parlato qui). E insomma, dovevo inventarmi delle minchiate per animare l'account e ho pensato di fare una lettura in diretta. Nel senso che io leggevo un libro e scrivevo su twitter tutto quello che mi veniva in mente durante la lettura: citazioni, raccontini, foto di sottolineature eccetera. Come libro ho scelto proprio La Divina che, non so perché, occhieggiava lì sul mio tavolino, ansioso di farsi aprire. E così è stato. Ed è stato bellissimo. Parliamone.
Già l'introduzione di Antonio Tabucchi vale il prezzo del biglietto, soprattutto per questa idea – mutuata da Gadda e da Cardoso Pires: diffidare dei propri personaggi. O, meglio, per dirla con le parole del buon Cardoso:
Certo che diffido di loro, i personaggi non sono così obbedienti come si potrebbe pensare, e non si sa mai cosa ti possono combinare nel capitolo seguente. Ma direi che questo è piuttosto normale. Il bello è quando anche loro diffidano di me. Allora sì, che nel romanzo c'è tensione!
Dici poco. I personaggi si fanno i fatti loro e, non paghi, ti rompono pure le balle. Ma io vorrei spostare un po' il fuoco: Tabucchi parlava di rapporto tra gli autori e i propri personaggi. Io invece voglio parlare del rapporto tra i lettori e i propri personaggi (dico propri perché, quando lo leggo, un personaggio diventa il mio) e della tensione che sbrilluccica dall'incontro.
E infatti i due protagonisti de La Divina sono due personaggi davvero enormi. In brevissimo la storia: il buon Dante C. de la Estrella racconta a un uditorio molto poco interessato la storia del suo incontro a Istanbul con Marietta Karapetiz, vedova del grande studioso Karapetiz e grandissima donna di lettere e cultura. Dante però ha un rapporto un po' di amore/odio con Marietta e le cose si mettono un po' maluccio. Ma non è importante. L'importante è Dante.
Permettendomi di dissentire con la quarta di copertina, che indica Marietta come il grande personaggio del libro, io punto tutti i miei risparmi sul suo discepolo adorante e adirato. Perché Dante è la persona più insopportabile che io abbia mai conosciuto. E di gran lunga. Incarna perfettamente un set di categorie che possono venire etichettate con il lemma romagnolo "patacca". È un povero ignorantello che si crede un genio e che sputa sul piatto in cui ha ripetutamente mangiato, trattando male tutti. E il nervoso non ti viene tanto da questo, quanto dalla sua incapacità di riconoscersi come tale. Lui si crede davvero il campione del mondo e lo scarto col suo non esserlo dà la nausea.
Ma di più! Dante diventa quelle categorie, le antropomorfizza. È puro, è perfetto nella sua integrità relativa, è il meth di Walter White, per intenderci. E noi, lettorucolo, siamo sbatacchiati tra l'impossibilità di una relazione civile con lui e l'ammirazione per qualcosa di assolutamente e profondamente cristallino. Ma, attenzione, non è la questione di Vallanzasca per cui alcune sue rappresentazioni letterarie e cinematografiche hanno portato ammirazione popolare per un assassino, no. A me Dante C. de la Estrella mi sta proprio sulle balle.
Ma quanto mi è dispiaciuto rimetterlo nella libreria.
Sergio Pitol – La divina – Edizioni Sur 2014 – 160 pagine – quindici euro
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