
il Secolo Corta è una rubrica latticino, con data di scadenza: 26 agosto 2014. È anche la festa per il centenario più lungo del mondo, ma non possiamo esserne certi. Diciamo che abbiamo dieci nove otto sette sei cinque mesi per festeggiare cento anni, che son quelli di Julio Cortázar, lo scrittore più alto del mondo. il Secolo Corta è un omaggio: ogni mese una puntata, ogni puntata un tema. Vuoi contribuire? C'è anche un blog, per dire: sarebbe bellissimo.
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Parlare di Cortázar per me è come parlare di Babbo Natale
(Roberto Bolaño)
Il boom latinoamericano.
Gli anni sessanta, pregni di sensazionali piroette per l'Europa capovolta: la rivoluzione cubana del 1959, i regimi militari argentini, brasiliani, cileni, paraguaiani, peruviani.
Un 11 settembre piuttosto nero per la storia del mondo, non questo, è datato 1973, in Cile, con il colpo di stato che depone Salvador Allende, primo presidente socialista democraticamente eletto, e l'avvento dei sedici anni di dittatura di Augusto Pinochet.
In Argentina se ne contano sei, di golpes de estado, tra il 1930 e il 1976.
In Uruguay, nella decade sessanta settanta, organizzazioni di ultradestra mettono le basi per la dittatura militare che, indovinate un po', prende il la con un colpo di stato, nel 1973.
Nel frattempo, qualche numero civico a nord, si parla di guerra fredda, corsa allo spazio, assassinii Kennedy e Luther King.
Insomma, probabilmente è (anche) questo pippone a giustificare quello che chiamiamo in letteratura boom latinoamericano e che, a mio avviso, deve gran parte della propria notorietà tautologica a Cien años de soledad, Gabriel García Márquez, pubblicato nel 1967, a Buenos Aires.
E questi sono gli anni di Julio Cortázar: nel 1962 Historias de cronopios y de famas, nel 1963 Rayuela, nel 1966 Todos los fuegos el fuego.
Ho sempre creduto che la latinoamericanità sia una sorta di fratellanza, un patto di sangue che stilla da questa pernenne e forse inconscia condizione di fuga, da geni e cromosomi europei catapultati in contesti sociopolitici altamente drammatici.
Cortázar, per esempio, nella seconda parte della sua vita non esiterà a dedicarsi alle cause cubane, nicaraguensi, costaricane.
Ma tra di loro, tra gli scrittori boom, pre boom e post boom, c'era sciovinismo? In che rapporti era Cortázar con il resto del mondo letterato latinoamericano?
Cortázar e Borges
Nato quindici anni e due giorni prima di Cortázar, Jorge Luis Borges è per gli appassionati di letteratura una sorta di feticcio. Per me lo è, quantomeno. Il rapporto tra i due non è così tarallucci e vino come sovente si lascia intendere. L'episodio più abusato è quello di Casa tomada, racconto di Cortázar che Borges riceve e pubblica nella sua rivista Los Anales de Buenos Aires, diventando, de facto, uno dei primi editori del misconosciuto Cortázar. Si videro tre, quattro volte in tutto. Divisi da un oceano di acqua salata e di opinioni politiche, Cortázar chiamava Borges “maestro” e Borges disse “a mí los cuentos fantásticos de Cortázar me gustan”. Due mammasantissimi che si tolleravano e stimavano in egual misura. [nello splendido cofanetto Bompiani, Conversazioni, quattro libri di dialoghi tra Osvaldo Ferrari e Jorge Luis Borges, ricordo di avere letto una risposta piccata, perlomeno brusca, del Maestro a proposito di Cortázar: non riesco a ritrovare la citazione esatta, my bad].
Cortázar e García Márquez
Nato tredici anni dopo Cortázar, García Márquez, colombiano e premio Nobel, racconta una roba divertentissima, un viaggio in treno da Parigi a Praga, nel 1968. Sembra una barzelletta: ci sono Cortázar, García Márquez e Fuentes che hanno paura di volare e che allora prendono un treno per arrivare a Praga e, per dirla come García Márquez, “a un certo momento abbiamo parlato di tutto”. La scintilla, ça va sans dire, è il jazz. La domanda è di Carlos Fuentes, ma così, dice García Márquez, per fare conversazione: “chi introduce il pianoforte nelle orchestre jazz?”. La risposta del Nostro, racconta il colombiano, si prolunga fino all'alba, tra bicchieri di birra e salsiccie fredde con patate e si traduce in una omerica apologia di Thelonious Monk. Divino.
Cortázar e Vargas Llosa
Nato ventidue anni dopo Cortázar, il peruviano naturalizzato spagnolo e premio Nobel Mario Vargas Llosa fu un amico e frequentatore della vita del Nostro, specialmente durante gli anni sessanta, a Parigi, nel periodo del primo matrimonio cortázariano, con Aurora Bernárdez. Recentemente ha detto: “Cortázar è uno scrittore assente, ma sempre presente”.
Cortázar e Soriano
Osvaldo Soriano, argentino, giornalista e scrittore, fece parte della generazione post boom e scrive: “Come tutti i grandi, Cortázar si guadagnò l'ammirazione dei giovani, di coloro che non hanno patteggiato i propri principi né rinunciato alla fede in un mondo migliore, meno incartapecorito e solenne. Quest'uomo, la sua opera colossale, li rappresenterà ben oltre la congiuntura politica: mentre altri tentennavano di fronte alla dittatura, lui diede l'esempio di un impegno che gli valse divieti, rifiuti, oblio, ingiustizia”.
Cortázar e Bolaño
Se time is a flat circle, come sostengono Rust Cohle e Pitagora, allora il cileno Bolaño, nato trentanove anni dopo Cortázar, potrebbe essere il fenomeno empirico di cotanta teoria. Ultimo grande autore latinoamericano in ordine di tempo, morto precocemente, ha converso l'accessibilità di Márquez, la raffinatezza di Cortázar e la torrenzialità di Borges. I suoi idoli? Borges, “senza dubbio il più grande scrittore di lingua spagnola del XX secolo, lo scrittore completo” e Cortázar, del quale ha detto “Amo moltissimo Cortázar. Lo conobbi in Messico moltissimi anni fa. Per me fu come conoscere un dio. E in più sembrava proprio un dio: era bellissimo, altissimo, molto giovanile. Lo vedemmo per strada; era con Carlos Fuentes, entrambi con le rispettive mogli, e noi vedemmo solo Fuentes che seguimmo a distanza perché lo odiavamo. Improvvisamente uno disse: "Quello con Fuentes non era Cortázar?". Tornammo indietro e ci fermammo a parlare con lui. Stavano aspettando un taxi che, per fortuna, tardò molto ad arrivare. Parlare di Cortázar per me è come parlare di Babbo Natale”.
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