
(photocredit: formiche)
Lo so, Walter, mi dispiace mandarti di traverso lo Strega, ma qui sono i dati che parlano. Gli autori (e gli editori) solitamente smaniano, pur dissimulando l'ambizione, per accaparrarsi uno tra i più ambiti premi letterari. Con lo Strega o il Campiello metti la ciliegina sulla torta a una carriera, oppure la puoi avviare con uno sprint non da poco. E se invece vi dicessero che vincendo uno di questi riconoscimenti rischiate attirare giudizi più negativi?
La curiosa rivelazione è riportata qui dal Telegraph. In pratica, uno studio ha scoperto che i libri vincitori di un premio prestigioso dopo la vittoria verranno giudicati con maggiore severità. Se hai successo, non hai successo. Perché accadrebbe ciò? Be', perché come spesso capita ai lettori, quando questo o quel libro vince un premio, ci si sente in obbligo. Se, peggio ancora, il neo-vincitore era già sul comodino prima che il suo autore si attaccasse alla bottiglia di liquore, percepiamo con forza la necessità di rimediare, di capire perché ha vinto e soprattutto se la vittoria è meritata. Ciò aumenta le aspettative e forse distorce l'esperienza naturale della lettura, facendo lievitare il rischio delusione. Ovvio, perché da un libro premiato e fascettato pretendo di più che da un libro sfigato che non è riuscito a vincere nemmeno un cicchetto di Strega.
Amanda Sharkey della Chicago Booth School of Business si è presa la briga di analizzare diverse coppie di libri composte da un titolo vincitore e uno non vincitore. Ebbene, la vittoria implica una riduzione nella percezione della qualità dell'opera. Lo studio specifica che al momento dell'assegnazione del premio si registra un aumento dell'attezione mediatica attorno al titolo vincitore, che interessa i lettori in quanto cavallo vincente, a prescindere dal valore in sé. Inoltre, il riconoscimento attira sul libro anche persone solitamente non dedite alla lettura di quel particolare genere, che però si sentono in dovere di rompere gli indugi incoraggiate dalla vittoria. Del tipo: a me i gialli fanno schifo, ma se questo giallo ha vinto il Booker Prize allora qualcosa vorrà dire, magari sbaglio io. Se, però, non sbaglio e anche questo giallo mi fa schifo, non farà semplicemente schifo, sarà tremendo, un'offesa al mio status di lettore. Il premio dà, il premio toglie. Se vado a mangiare in un ristorante che mi hanno raccomandato molto calorosamente, starò più attento del solito e se un piatto è vagamente sciapo mi sembrerà senz'altro pessimo e valuterò la possibilità di litigare col cuoco.
Questione di aspettative, insomma. Non è detto che la vittoria vi spiani la strada, cari autori. È probabile, anzi, che ve la renda ancora più tortuosa. Se volevate starvene tranquilli, però, non facevate gli scrittori (niente balle con la storia della casetta in campagna, l'ispirazione e la pace dei sensi mentre date forma in tutta comodità al vostro capolavoro: questo è un mestiere in cui ci si sporca le mani, e neanche poco) e soprattutto non dovevate permettere al vostro editore di iscrivervi a un importante premio letterario. Vista così, la preparazione allo Strega acquista un'aria tragica, con gli scrittori che piagnucolano, spengono il cellulare e mandano a quel paese chi tenta di candidarli. Ora che sapete questa cosa guarderete le premiazioni con occhi diversi. Se crederete di vedere emozione e voglia di vittoria nelle espressioni tese dei finalisti, sappiate che in cuor loro stanno dicendo: ti prego non me, non me, non me.
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