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Tra moglie e marito non mettere il libro

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Siamo quasi a San Valentino e tra poco si ricomincerà a parlare di cose da San Valentino. Giusto per anticipare i tempi, però, per prepararci a dovere, possiamo riflettere un po' sulle coppie in senso territoriale. Quali sono i confini, tra fidanzati o tra moglie e marito? La coppia è una somma di parti individuali che restano individuali, è una sintesi o è una saldatura? Conviene avere il conto corrente in comune? Ma, ancora più importante, è salutare avere una libreria in comune?

C'è questo articolo su Bookriot dove Amanda Nelson racconta una storia fatta di tanto amore e di tanti libri. Sposata col marito dalla tenera età di diciannove anni, dichiara di aver condiviso con lui tutto, di aver trascorso e affrontato tutto, senza però mai trasgredire a un'unica e importantissima regola: sugli scaffali della libreria potevano starci solo i suoi libri. E quelli del marito? In uno scatolone sotto al letto, perché non era concepibile mischiare i suoi tascabili di Star Wars o le sue biografie di Bob Dylan con dei meravigliosi volumi malandati e tremendamente romantici di Charles Dickens. I libri di Amanda erano perciò gli unici a essere messi in mostra sugli scaffali, anche per evitare che la gente potesse attribuire a lei quelli del marito (evidentemente i gusti di quest'ultimo non coincidono con quelli della sposa).

Non solo snobismo, però. Mantenere questa linea di demarcazione, tra le tante condivisioni matrimoniali, serviva alla donna come nucleo identitario, atomo personale per non fare in modo che la condivisione diventasse annullamento, blanda sovrapposizione. Poi però con gli anni qualcosa è cambiato e piano piano sugli scaffali si sono cominciati ad affacciare timidamente anche i volumi del marito. Perché tutto cambia, tutto si evolve e, specie nei matrimoni, impedire che ciò avvenga può diventare letale. L'autrice ha provato il piacere di accogliere i libri del consorte ma, soprattutto, di avere dei libri non solamente suoi, dei libri di entrambi. Ecco, si sa che i lettori spesso hanno un rapporto profondo con i propri libri (qui, ad esempio, si parlava di cosa si è in grado di fare per avere indietro quelli dati in prestito e mai più tornati), perciò decidere di condividere i propri libri e arrivare a concepire un noi anche sugli scaffali della libreria non è una cosa da niente.

A qualcuno sembreranno boiate, altri forse possono capire. Probabilmente, un po' come per tante altre cose, sbirciando le librerie di una coppia se ne comprende la natura. Così come sbirciando i titoli esposti a casa di qualcuno o allungando lo sguardo per vedere che sta leggendo la signora sulla metropolitana tentiamo di capire qualcosa in più di quella persona, vedendo come e se i libri di una coppia convivono può descriverci la coppia stessa. Trovi volumi sdegnosamente posti in zone separate che si guardano in cagnesco uno con l'altro e già te li immagini, i proprietari, rinfacciarsi le cose prendendo manciate di polvere sotto i rispettivi tappeti. Fai un apprezzamento su un titolo ed ecco che lei schizza "Ah, sì, quello è mio! È mio!" e rifletti su quanto poco devono parlare a fine giornata, rispettivamente disinteressati. Magari sono tutte scemenze e gli scaffali possono al massimo dirci se in quella casa si spolvera spesso. Io preferisco immaginarmi i libri un po' come i giocattoli di Toy Story, che appena chiudi la porta si animano e cominciano a parlare tra di loro. E mi piace pensare che sugli scaffali delle coppie i libri provino anche loro a scoprisi, avvicinarsi, fondersi, discutere, tenersi il broncio, litigare, non parlarsi e, perché no, amarsi.

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