
Allora la storia è questa: c’è questo scrittore newyorchese di origini ebraiche, super nevrotico nonostante stia avendo un discreto successo, ossessionato dal sesso e troppo egocentrico per portare avanti una relazione duratura, che in un periodo di crisi decide di cercare rifugio nella casa di campagna di uno scrittore di origine ebraiche più anziano, che è sempre stato il suo idolo. Ah, questo scrittore si chiama Philip. Vi ricorda qualcuno?
In realtà quella che vi ho descritto sopra è solo la trama di un film indipendente americano che è stato presentato mercoledì al Sundance Film Festival; il film, dal titolo Listen Up Philip, è interpretato da Jason Schwarzman e al suo fianco ci sono Elisabeth Moss, la Peggy Olson di Mad Men, e Krysten Ritter, che molti di voi ricorderanno come la fidanzata di Jesse Pinkman in Breaking Bad. Dietro la macchina da presa c’è Alex Ross Perry, classe 1984, già autore del piccolo film indie The Color Wheel.
Se la trama vi ha incuriosito per le somiglianze tra il protagonista e un altro Philip, scrittore abbastanza noto del New Jersey, sappiate che non finiscono qui. Innanzitutto vi sarete accorti che il plot, la storia di questo giovane scrittore che cerca conforto nella casa di campagna del suo mentore, è in sostanza la trama di Lo scrittore fantasma, un romanzo di Roth del 1979 nel quale fa la sua comparsa per la prima volta Nathan Zuckerman, alter-ego di Roth ormai entrato nella storia della letteratura, ai tempi scrittore ventitreenne con qualche racconto alle spalle che va a bussare alla porta del suo padre spirituale, Lonoff, in cerca di approvazione.
E come se non bastasse, i più attenti si saranno accorti che anche i titoli di testa del film ricordano tanto le copertina originali dei primi romanzi di Roth, Il lamento di Portnoy per citarne uno.
Se vi sta girando la testa e vi state chiedendo se si sta parlando di Roth o di uno dei personaggi dei libri di Roth, siete finiti in un corto-circuito tra autore e protagonista che i suoi fan conoscono bene. Tutti i libri di Roth infatti parlano di Roth, uno degli scrittori più grandiosamente narcisisti di tutti i tempi.
E se il nome di Roth non viene fatto esplicitamente – date un’occhiata alla presentazione del film sul sito del Sundance - alcuni magazine hanno scritto che il film potrebbe benissimo intitolarsi Philip Roth: The Movie per quanto sono indiscutibili e lapalissiani i rimandi al grande scrittore, che nonostante il ritiro dalle scene è più che mai al centro dell’attenzione. In occasione del suo ottantesimo compleanno infatti è uscito un bel documentario, Philiph Roth rivelato, firmato dalla giornalista italiana Livia Manera e dal regista francese William Karel, che nel 2010 hanno trascorso dieci giorni in compagnia di Roth.
E mentre il mondo rende omaggio alla sua grandezza, un articolo uscito di recente su New Republic ci ricorda che non è sempre stato così, che lo scrittore oggi osannato come un classico americano è stato fortemente criticato all’inizio della sua carriera, almeno fino ai primi anni ’90, per la trasgressività e gli eccessi delle sue prime opere. Una carriera recentemente ricostruita da Claudia Roth Pierpont in Roth Unbound, biografia autorizzata dello scrittore che ne ripercorre la vita attraverso i suoi romanzi, da Goodbye, Columbus del1959 a Nemesis, l’ultima opera uscita nel 2010.
Ma probabilmente Roth lo sapeva bene, che pur annunciando il suo ritiro, sarebbe rimasto sempre al centro della scena.
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