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Franzen contro tutti

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Franzen

Photo credit: Il Foglio.it

Franzen ha parlato di nuovo. Lo ha fatto venerdì scorso sulle pagine del Guardian e come sempre le sue dichiarazioni non sono passate inosservate. Il grande censore si è scagliato questa volta contro Amazon e il suo fondatore Jeff Bezos, paragonato nientepopodimeno che a uno dei quattro cavalieri dell’apocalisse (parola che nell’articolo ricorre innumerevoli volte), colpevole di aver impoverito il panorama letterario favorendo il successo di «yakkers and tweeters and braggers» (che potremmo tradurre come sbruffoni e millantatori). Franzen ha osservato che l’obiettivo di Bezos sarebbe creare un mondo dove i libri sono tutti auto-pubblicati o pubblicati da Amazon stesso, con lettori che dipendono dalla recensione di Amazon nella scelta dei libri e autori incaricati della propria promozione, se non di pagare per ottenere recensioni a cinque stelle.

Queste dichiarazioni fanno parte di un pezzo dal significativo titolo What’s wrong with the modern world? uscito sul Guardian in occasione dell’imminente pubblicazione di The Kraus Project, che uscirà per Harper Collins il 1° ottobre, incentrato sulla figura di Karl Kraus, autore satirico austriaco vissuto nella prima metà del ’900 e noto per la sua critica tagliente alla cultura e alla società a lui contemporanee, al punto di essersi guadagnato il soprannome di The Great Hater. Nel pezzo Franzen suggerisce che le osservazioni che Kraus fece a inizio Novecento possono dire molto anche della nostra contemporaneità, saturata dai media e tecno-narcotizzata. E già che c'è ne approfitta per una stoccata alla Apple e ai suoi utenti, per una frecciatina a Salman Rushdie, colpevole di non aver saputo resistere a Twitter – e Rushdie gli ha risposto invitandolo a rimanere nella sua torre d’avorio – e ancora al magazine N+1, che ha definito la vecchia carta stampata "maschile" affermando che Internet è donna… Si passa poi alla politica estera americana, alla corruzione dell’informazione e il pezzo continua su questi toni con una serie di argomentazioni durante le quali si fa sempre più esplicito il confronto con la figura di Karl "The Great Hater" Kraus. Parlando di Kraus, Franzen arriva a parlare di se stesso e a spiegare come la scoperta dell’autore austriaco lo abbia portato – dopo che fino all’età di 22 anni non aveva conosciuto la rabbia – a guardare alla sua contemporaneità con uno sguardo più critico.

Uno sguardo al quale ci siamo abituati da un pezzo, basta ripercorrere velocemente le sue invettive che hanno preso di mira negli ultimi anni svariati bersagli. In principio fu Facebook, tomba dell’individualismo e creatore della passività del like. Poi è stata la volta degli e-book, definiti da Franzen come un danno per la società, gratificazioni immediate che non possono competere con la permanenza del libro cartaceo. Non venne risparmiato nemmeno Twitter, odiatissimo per la cultura della brevità tipicamente americana che esprimeva (e Twitter gli ha risposto dedicandogli un hashtag tutto per lui: #JonathanFranzenhates). Ultimamente ci sono andati di mezzo pure i gatti randagi, che rappresenterebbero un problema ambientale negli USA, responsabili del declino della popolazione dei piccoli uccelli (chiunque abbia letto Libertà e si sia sorbito pagine e pagine sulla dendroica cerulea sa di cosa stiamo parlando). E non abbiamo citato l’insofferenza verso i cellulari, la nota antipatia per Steve Jobs, la critica al canone di Bloom, il rapimento di Marcon… e credo che la lista non sia comunque esaustiva.

Che lo amiate o lo odiate, va spezzata una lancia a suo favore: quest’uomo di certo non si preoccupa di piacere a tutti, ma dice quello che pensa correndo il rischio di risultare antipatico a molti. Sentendolo parlare di Kraus viene immediato stabilire una connessione tra i due Great Hater, anche se non è affatto facile capire se Franzen sia l’Hater più odiante o il più odiato dagli Hater. Ma in fin dei conti, uno scrittore del suo livello ha bisogno anche di starci simpatico? 

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