Come nasce una storia? Come fanno certi pensieri a trasformarsi in personaggi fin troppo reali? Come fanno tutte quelle riflessioni che fluttuano nella mente di uno scrittore a diventare un mondo diverso dalla realtà ma il più verosimilmente concreto? È una cosa che ogni volta mi sorprende, una magia che mi lascia sempre perplessa con il dubbio che i narratori siano piccoli geni del male, creatori di individui come noi che vivono vite come le nostre ma che i lettori, da dietro le pagine, sperano di poter vivere al loro posto. C’è un passaggio, ne’ I capelli di Harold Roux di Thomas Williams, dove alcuni studenti discutono con il proprio professore del potere della narrazione e, soprattutto, dei personaggi; una discussione sentita che nasce fuori dalle mura dell’università, come se parlare di scrittura fosse più un bisogno che un dovere. Ne nasce un dibattito acceso dove alcuni studenti-lettori-aspiranti scrittori paiono concentrarsi talmente tanto sulla prosa da dimenticarsi che i veri protagonisti dei libri sono proprio i personaggi che compaiono fra le pagine, interpreti che con i loro pregi e i loro difetti danno voce a tutti i segreti più reconditi del romanziere. I capelli di Harold Roux di Thomas Williams, nonché il libro vincitore del National Book Award del 1975, pare nascondere fra le proprie righe proprio questo problema e per spiegarlo imbastisce una storia nella storia nella storia (no, non è una ripetizione) con personaggi così delineati che pare di averli conosciuti al bar fra una pinta di birra e l’altra.
Aaron Benham è un professore dell’università del New England che sta cercando di scrivere un libro dal titolo, stupitevi tutti, I capelli di Harold Roux. Protagonisti di tale libro sono due studenti, Allard Benson e, chi l’avrebbe mai detto, Harold Roux, intento a completare il suo primo manoscritto, Oro e Splendore. Solo questa premessa potrebbe farvi capire come al centro dell’opera di Thomas Williams ci sia sostanzialmente la scrittura e tutto ciò che la governa e la genera. E infatti, per tutti gli scrittori di questo romanzo, le storie sono proprio la base e il preambolo per poter scrivere di sé e di quelle creature che nascono nelle loro menti ma destinate poi a prendere il sopravvento su tutta la narrazione.
Aaron dice che sono tutti un po’ veri, ma modificati ai fini della storia. Non di proposito, è che mentre si sviluppavano cambiavano il significato della storia e ne venivano cambiati a loro volta, proprio come il racconto modifica il senso dell’intenzione originaria dello scrittore man mano che quest’ultimo comincia a capire di cosa sta scrivendo.
È come se I capelli di Harold Roux fosse un continuo elogio alla narrazione, tanto da trovare anche pagine dedicate all’importanza di raccontare storie ai bambini, di come per i più piccini, però, sia difficile ascoltare una storia senza vederla correre su binari ben delineati, di come veder deragliare un racconto in un finale diverso da quello conosciuto sia alquanto pazzesco e fuori dagli schemi. Per Thomas Williams, quindi, ogni situazione diventa un escamotage per dire la propria sull’importanza delle parole e, nascondendosi fra i dialoghi dei personaggi, anche della società americana. Fra le varie vicende narrate, infatti, si scovano forti critiche al mondo dell’università, al suo sistema bislacco che negli anni Settanta dava molto a pensare, ma soprattutto non mancano forti giudizi contro il cattolicesimo e la religione, strade che paiono spesso negare il libero pensiero.
È stato facile, per molti, paragonare I capelli di Harold Roux di Thomas Williams a un altro libro portato in Italia ancora da Fazi Editore dopo tanti anni dalla sua prima stesura: Stoner, l’opera più famosa di John Edward Williams datata 1965. I due romanzi, infatti, hanno certamente molto in comune, tantissime somiglianze che vanno ben al di là dell’omonimo cognome dell'autore, Williams, e del decennio storico che li avvicina. A unire le due opere sono soprattutto i protagonisti (Aaron Benham nel primo e William Stoner nel secondo), due personaggi che vivono la propria vita in onore della letteratura e con il vivido desiderio di elogiarla nel migliore dei modi e in ogni respiro della propria esistenza. Se lo stile fluido e coinvolgente di Thomas Williams è molto affine a quello di John Edward Williams, la struttura del suo romanzo, però, è decisamente differente con un coinvolgimento tutto particolare che non si basa più sulla vita di uno ma di tanti personaggi che cercano di raccontare la scrittura saltellando continuamente fra realtà inventata e fantasia.
A lettura terminata rimane un solo grande dilemma: quanto è capace di donare uno scrittore alla propria opera? Quanti pezzi di sé sono destinati a finire fra le pagine senza che nemmeno se ne renda conto? Possono davvero i personaggi di un romanzo rubare frammenti di anima al proprio creatore? Sono domande alle quali, fortunatamente, non possiamo trovare risposta: sono solo riflessioni che continueranno a rendere la scrittura e la stesura di un libro un mondo assurdamente affascinante.
I capeli di Harold Roux, Thomas Williams, Fazi Editore, 2015.
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