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Lily Brett | Lola Bensky

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Stavo ripensando a quel giochino, che tutti abbiamo fatto, nel quale ci viene chiesto in quale epoca storica avremmo voluto vivere, se non fossimo nati quando siamo nati. Io non sono mai stata una di quelle pronte a rispondere la seconda guerra mondiale (cit.), il Medioevo, gli anni '20, la Francia della rivoluzione. Che fatica ragazzi! Tutte epoche di morti ammazzati, di fame e di terribili vestiti. Ho sempre e solo avuto una risposta: avrei voluto avere vent'anni nel 1969. Perché nel 1969 c'è stato Woodstock. Perché nel 1969 sarebbe stato bellissimo vivere a Haight Ashbury a San Francisco e avere come vicini i Grateful Dead. E poi perché 'sti hippie erano tutti un gran simpatici e pure dei bonazzi, il che non guasta. C'erano poi anche motivazioni più profonde di stampo politico, di apertura mentale, di necessità di libertà, di evoluzione. E poi c'erano i bonazzi. E la musica. La musica, cavoli. Ah e i bonazzi, l'ho detto? Però, dicevo, la musica, cavoli. Avevo diciassette anni. Il giorno dopo mi sarei trasferita a Los Angeles per un po'. La sera prima di prendere l'aereo ballavo a piedi nudi nel mio soggiorno con l'intro di Hey Joe di Jimi Hendrix. Non so se l'avete presente quell'intro. Dà i brividi. Sa di vita nuova, di speranze, di strade e di sole. Di amore e condivisione. Non so se sia mai stato scritto qualcosa di più bello. O meglio, lo so, a valanghe, ma allora, ecco, allora in quel momento per me non c'era nulla di meglio, nulla che mi facesse sentire infinito come quelle note.

cover 9788866326755 529 600 Lily Brett | Lola BenskySiamo nel 1967 e Lola Bensky viene inviata prima a Londra e poi in California per conto di un giornale rock australiano a intervistare i mostri sacri di quel momento, il più creativo della storia del rock e del cambiamento dei costumi.
Woodstock esisterà solo due anni dopo.
Jimi Hendrix era ancora un giovane gentilissimo e poco conosciuto che di lì a qualche mese avrebbe fatto impazzire il mondo.
Gli Who era già i soliti stronzi – ma non toccatemeli.
E Mick Jagger era già magro.

Lola Bensky, pseudonimo dell'autrice Lily Brett, che 'sta gente l'ha incontrata davvero, si trova quindi catapultata in questa meravigliosa follia fatta di amicizia e sentimenti. Fatta di stranezze e confidenze. Fatta di ciglia finte prestate a Cher e di riflessioni sul sesso con Janis Joplin. E di droga, e di eccessi, di odio e di egocentrismo (già Jim Morrison mi era antipatico, questo libro ha confermato le mie sensazioni). Potete quindi capire come possa essere apparsa l'Europa prima e gli Stati Uniti poi a una ragazza giovanissima, con una rigida educazione ebraica e due genitori vittime dell'olocausto, sopravvissuti ad Auschwitz e mai del tutto tornati a casa.

Lola Bensky è un libro potente.
Ha avuto la capacità di darmi un calcio fortissimo e catapultarmi con una forza incredibile ai miei diciassette anni prima, pieni di speranza, e ai miei ventidue poi, pieni di disillusione, quando, però, ero riuscita ad andare ad abitare in quella San Francisco che tanto bramavo. Gli hippie rimanevano pur sempre dei bonazzi.
Lola Bensky è un inno alla musica, alla vita, all'arte e alla follia.
Lola Bensky umanizza i miti e ci racconta che Jimi Hendrix si metteva i bigodini e che Cher non rispondeva mai alle domande perché ci pensava il marito Sonny e che, purtroppo, i ventisette anni portano una gran sfiga e Jim, Jimi e Janis erano tanto soli e tanto deboli.

Se potessi immaginarmi diversa, ancora oggi vorrei essere nata negli anni '40, per poterci essere stata in quella rivoluzione, per viverla e fantasticarne o perché no, cercare di esserne parte attiva. Se potessi immaginarmi diversa mi sarebbe piaciuto essere stata una giornalista rock nel 1967. Lily Brett ha avuto la capacità di realizzare almeno un po' il mio sogno con quella potenza che solo i libri (alcuni) riescono ad avere. Mi ha fatto sentire di nuovo quella sensazione di possibilità che ho provato solo quando a occhi chiusi e a piedi nudi ballavo su Hey Joe.

Lola Bensky, Lily Brett, Edizioni E/O, 2015

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