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Adam Levin | Hot Pink

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“You’re eighteen, now. It’s about time you and your Dad had a talk about girls and technology.”
“Okay,” I say.
“They don’t go together,” he says. “Look at me, Mike. Do you see?”“

 

Lo ammetto, ho scelto questo libro unicamente perché è pubblicato da McSweeney’s e per la grande aspettativa al riguardo. Nel 2010 il debutto The Instruction aveva fatto parlare di sé non poco: una storia di 750 pagine su come un ragazzino di Chicago riesca a mettersi a capo di una rivolta nella sua scuola. Ed ecco che tutti hanno gridato al nuovo DFW. Paragone un po’ azzardato direi, considerato che in un'intervista Levin afferma ‘You know what's annoying? Footnotes in novels'.

Ma veniamo a questi dieci racconti, precedentemente apparsi su riviste letterarie come Tin House e, appunto, McSweeney’s e qua pubblicati in tre edizioni identiche se non per il colore della copertina. La mia preferita è la rosa, e non tanto perché mi piaccia il rosa, anzi, quanto per la spiegazione di che cosa è Hot Pink nella mente del ragazzino protagonista dell’omonimo racconto: Like hot pink? For years I thought it was regular pink that looked sexy on whoever was wearing it.

libro1 Adam Levin | Hot Pink

Dieci storie, genericamente definibili come tristi, ma tristi in modo tanto surreale e grottesco, così poco quotidiano, che, per quanto avvincenti e scorrevoli, non lasciano un alone di tristezza, ma una riflessione sull’assurdità del mondo.

I protagonisti di questi racconti sono genericamente deboli, spesso ghettizzati o appartenenti a delle minoranze che faticano a trovare il loro posto nel mondo. Una ragazza omosessuale senza gambe in Considering the Bitterness End Of Susan Falls, un costruttore di bambole bulimiche sull’orlo della depressione in Frankenwittegenstein, un bambino considerato 'freak accident' o 'fat stuff' solo perché sovrappeso in Finch. Ma in questa cornice bizzarra, l'essere diverso diventa un valore aggiunto, la capacità di far vedere le cose da una nuova prospettiva. 

E il racconto più potente, il mio preferito (ed è pure quello di Franzen, incredibile che ci si trovi d’accordo), Scientific American, in cui una coppia si trova alle prese con una crepa nel muro da cui esce del misterioso gel senza alcuna spiegazione logica. Dopo vari tentativi fallimentari di porre fine allo strano fenomeno, con conseguenze quali un incidente in auto e la morte dell'amato cane di famiglia, l’unica soluzione sarà accettare il bizzarro fatto e farlo entrare a far parte del quotidiano: togliere il gel ogni mattina con un pezzo di carta, per sempre, dopo essersi lavati i denti, prima di aver letto il giornale. E la spiegazione logica ci sarà, Scientific American, ma a che cosa serve del resto, se ormai non è più un problema?

Si dice che chi legga Adam Levin abbia la libreria (o l’e-reader) pieno di libri di Ben Marcus, Miranda July, Bolaño e Englander, e magari Levin insieme ad alcuni di questi verrà inserito nel prossimo 20 Under 40 del New Yorker, ma in una intervista lui dichiara che più che questa gente, uno scrittore che andrebbe letto è Hemingway, lui sì che era speriementale.

Buona lettura, che sia Levin,  Hemingway o Franzen. 

 

Adam Levin, Hot Pink, 2012, McSweeney's 

 

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