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Fabio Guarnaccia – Una specie di paradiso

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L'immagine viene dal bellissimo gioco elettronico Pesta Formica, che potete scaricare qui

Quando eravamo all'università a Bologna, "due miei amici" giravano di notte per i portici deserti con due pennarelloni in mano e scrivevano su tutte le serrande abbassate e, in generale, su ogni superficie imbrattabile sempre la stessa frase, di Gilles Deleuze: Non è mai finita con le formiche. In pratica il buon Deleuze, descrivendo il principio di rottura asignificante del rizoma, diceva appunto che non è mai finita con le formiche perché formano un rizoma animale di cui una parte significativa può essere distrutta senza che esso smetta di ricostituirsi. Come dire: se pesto con il piede una fila di formiche, appena lo tiro su la fila si ricompone automaticamente, come se non fosse successo niente. Non è mai finita con le formiche perché le formiche non hanno singolarità ma funzionano per dinamiche estese, seguono ordini strutturalmente superiori alla loro individualità. Non importa chi vive, importa solo che la fila non si spezzi. 

Bene, mentre aspetto che le forze dell'ordine mi suonino a casa chiedendomi ragione di tutte le scritte che ancora decorano Bologna, vorrei provare a spiegare come il bel libro di Fabio Guarnaccia, Una specie di paradiso, funzioni esattamente così. La trama, in due parole: Marzio vive a Londra per stare lontano dalla mamma, c'è stata una tragedia passata nella loro famiglia e il ragazzo si tiene alla larga. Quando ritorna a casa, a Milano, nel quartiere Lazzaretto (quello del lazzaretto del Manzoni, attorno a Porta Venezia e Buenos Aires più o meno), scopre che l'icona di una madonna si è messa a piangere e il quartiere, abitato da varie etnie e varie religioni, è in visibilio. Con un colpo di mano improvviso, Marzio (che tiene una rubrica in cui prende in giro le religioni su un giornale) ruba l'icona e la nasconde in soffitta, senza dirlo a nessuno. Ovviamente succede un casino, le dinamiche del quartiere si ridefiniscono a partire dalla mancanza dell'icona piangente e l'odio e l'intolleranza verso il diverso, l'altro da sé, imperversa tra i vicoletti, con situazioni spesso pericolose. Ci sono cattolici, ortodossi e musulmani. Poi c'è una bella storia d'amore, c'è azione, ci sono ragionamenti e riflessioni sul mondo contemporaneo e sulla multiculturalità. E' davvero tutto molto bello, parte un po' piano e poi accelera a dismisura, ma non siamo qui per parlare del libro, siamo qui per parlare delle formiche. 

LAURANA   Rimmel   023 Una specie di paradiso Fabio Guarnaccia   Una specie di paradisoL'icona della madonna che piange è un oggetto di valore, un oggetto cioè che viene valorizzato da un intervento percepito come trascendente: le lacrime. Il pianto della madonna trasforma un pezzo di legno in qualcosa d'altro e, da icona, diventa simbolo, ma un simbolo vuoto. Il sistema di relazioni del quartiere del Lazzaretto, molto instabile ed eterogeneo, si riallinea e si ridefinisce attraverso l'icona, che funge da collettore, da diaframma e da perno. Funge da pestone alla fila delle formiche, le blocca, le cristallizza in uno stato di apparente quiete prima della tempesta. Ma cosa succede quando tiri su il piede? Quando rubi l'icona? A un certo punto, Marzio dice al suo amico Lucio che il furto dell'icona ha portato alla luce meccanismi perversi in atto già da tempo e poi aggiunge, ubriaco: "Andiamocene da questo ghetto di merda. Ti dimostrerò che il ratto dell'icona ha creato cultura". E infatti dopo vanno a una specie di performance teatrale sulle icone in cui la gente le imbratta divertendosi, poi a un certo punto altri invasati bruciano delle case. Magari il ratto dell'icona non ha creato davvero cultura ma ha fatto succedere delle cose, ha ripristinato vecchi collegamenti, ha rimesso in fila le formiche, bloccate solo apparentemente dalle lacrime. I tumulti nemmeno troppo sotterranei, le linee di forza e di fuga dell'intolleranza, dell'odio religioso e sociale, le manie di protagonismo di un prete, sono dei vettori, delle frecce che spingono in avanti, verso il confronto e la distruzione dell'altro, formiche rosse bellicose che marciano e continuano a marciare. L'icona ci ha provato a bloccarle ma non è mai finita con le formiche che, infatti, si ricostituiscono subito e spaccano tutto. 

A un certo punto, l'icona torna al suo posto, in maniere abbastanza arzigogolate, e cambia di nuovo statuto: da miracolo diventa pretesto, da oggetto di valore diventa conferma di alcuni valori selezionati da chi ci sta marciando sopra, quelli della supremazia della propria religione e della propria cultura rispetto alla multiculturalità del quartiere. Le formiche adesso si sono incazzate sul serio. Poi c'è il finale e qui non si raccontano i finali. Ma un'altra roba sì. Quando Marzio ruba l'icona e se la porta in soffitta, succede una strana sindrome di Stoccolma al contrario: le porta offerte votive, le parla, la prega, si commuove. Perché Marzio è uno che crede in dio, ma non crede nelle religioni: file infinite di formiche che seguono ordini strutturalmente superiori alla loro individualità, legittimate da una trascendenza finta (come le lacrime dell'icona) che si rivela, alla fine, come un'immanenza sporca, sporcata proprio da quelli che la religione dovrebbero viverla, non usarla. 

Fabio Guarnaccia – Una specie di paradiso – Laurana 2015 – 240 pagine – quindici euro

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