Badaboom. La voce girava da un po', eh, però la notizia fa comunque il suo rumore. Un rumore grosso. Perché solo a dirlo, che la Mondadori potrebbe a breve concludere l'acquisto di Rcs, fa un certo effetto. Certo, dopo che Feltrinelli ha comprato Messaggerie un po' eravamo giò pronti a una cosa del genere, in più c'è stata la fusione tra la Penguin e Random House e qui in Italia nessuno vuole essere da meno, perciò ti pare che anche i nostri due colossi dell'editoria non si mettono insieme? Nonostante ciò concediamoci uno wow.
Ieri la Mondadori ha sottoposto a Rcs Mediagroup una manifestazione di interesse non vincolante per acquistare il 99,99% di Rcs Libri, che comprende marchi come Rizzoli, Bompiani, Adelphi, Sonzogno, Fabbri e Marsilio. Niente di epico, né di tragicamente romantico. Sembra piuttosto la terminologia di un matrimonio combinato, con quelle tappe formali in cui lo sposo vaad accordarsi col padre della futura sposa, fin lì solo guardata da lontano e mai avvicinata per davvero. E questo matrimonio costa allo sposo circa 120-150 milioni di euro, ma avendo già 300 milioni di debito con cui vedersela dovrà chiedere un finanziamento, e qui comincia la parte complicata e noiosa della vicenda in cui si parla di banche, di liquidità, di asset e di aumento di capitale che a me fa incrociare gli occhi e che mi costringerebbe a parlare in modo serioso di tutta la faccenda.
In realtà Libero mi ha bruciato l'attacco simpatico, avendo cominciato il suo pezzo con un efficacissimo «Marina si vuole comprare Paolo Mieli». E anziché pensare al fatto che l'assemblaggio Mondadori-Rcs andrebbe a controllare da solo una roba tipo il 40% del mercato editoriale, penso alla scena di Marina Berlusconi che paga alla cassa perché si vuole comprare Mieli, come quando dici questo quasi quasi me lo compro, alla faccia di chi mi vuole male. La scenetta mi diverte, anche se poi questo Maxi Editore, insieme a quelli di Rcs già citati e alla Mondadori, avrà anche Einaudi, Piemme e Sperling&Kupfer, cioè praticamente quasi tutti i principali marchi editoriali del Paese.
Questa acquisizione scombussola un bel po' di cose. Prima quando volevi offendere uno scrittore nella manica avevi sempre pronta la carta del parla parla ma intanto pubblica con Berlusconi. E non stavi a sentire la vocina in risposta che ti diceva timidamente che Berlusconi era solo un nome in cima, che l'autonomia di editori e autori era intatta eccetera eccetera. Tu volevi offendere, senza sentire ragioni. Sta zitto, tu, fai lo splendido e intanto fai fare i soldi a Berlusconi. Punto. E ora che cavolo ci inventiamo? Cioè, qui va a finire che in un modo o nell'altro quasi la metà dei libri che troviamo in libreria fanno fare i soldi a Berlusconi, perciò non c'è nemmeno più gusto a offendere in questo modo, visto che tanto ci siamo dentro anche noi, praticamente. Vedete cosa succede? Che queste fredde fusioni industriali ci tolgono persino il gusto delle offese sommarie. Non ha lo stesso effetto dire: sta zitto, tu, che col tuo libro contribuisci ad arricchire il Gruppo Mondadori che detiene la tot. percentuale dell'editore per cui pubblichi. L'eventuale risposta Eh vabbe', tanto ormai Mondadori c'ha tutto quanto, nella sua inconfutabilità, ha l'effetto di uno schiaffo in faccia. E allora sei tu che dovrai stare zitto e fartene una ragione dicendoti che se l'Antitrust è contento, allora contenti tutti.
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