Sono in ginocchio davanti alla lavatrice con una cesta di panni sporchi da lavare, ma io non lo so. Non so se posso mettere insieme il maglione di lana con i jeans. Mica si rovineranno i jeans, a lavarli con il maglione. Ma la biancheria? È un casino. Tra l'altro lì in fondo ho ancora la maglietta bianca coi fiorellini rossi da quest'estate, ogni volta è un miracolo se non si autotinge da sé, figuriamoci se riesco a metterla con altri capi.
Vorrei vedere arrivare, in questi momenti, la signora coi capelli bianchi di Ace gentile, personaggio quasi mitico delle pubblicità che guardavamo da piccoli tra un cartone e l'altro. La signora-coi-capelli-bianchi di solito entrava in scena e spiegava alla figlia inesperta che è molto semplice, basta buttare tutto in lavatrice e usare il prodotto dalla formula magica che non stinge, ammorbidisce, protegge i colori e coccola la lana.
Nei commencement speech ci sono state tante formule magiche. Uomini emaciati con il dolcevita nero hanno raccontato che se "we stay hungry, stay foolish" e uniamo i puntini tutto andrà bene e il futuro si dispiegherà, già stirato e pieno di colore, di fronte a noi.
Ecco. Non questo ha fatto Kurt Vonnegut. Egli, nei suoi discorsi, rifugge le ricette facili per il successo planetario. Non ci promette che la lana e i chiari e gli scuri usciranno perfetti dalla lavatrice, al contrario: dice chiaro e tondo che è d'accordo con noi, è un bel casino. Il bucato che ne esce potrebbe non essere il futuro meraviglioso e senza pieghe che sogniamo, potrebbe essere un po' infeltrito. Però ci dice anche, servendosi di aneddoti a lui cari, che è pur sempre il nostro futuro e che dobbiamo amarlo, anche così, un po' infeltrito. E ci dice, poi, che intorno a noi è pieno di altre persone che come noi non sanno da che parte iniziare con la lavatrice e che dobbiamo metterci a disposizione gli uni degli altri, crearci famiglie allargate all'interno delle quali dare un senso alla nostra vita. È bellissimo.
Se siete maliziosi, probabilmente vi è sorto il sospetto che raccogliere discorsi e citazioni di un autore amatissimo dal pubblico sia la formula magica per vendere tanti libri. E se anche fosse?
Voglio dire, guardate la copertina*, non l'appendereste in salotto? Leggete il titolo, non ve lo tatuereste? E poi c'è quel momento, sfogliando le pagine del libro, in cui vi troverete a leggere un vostro pensiero, che fino a poco prima era più una sensazione informe, mentre ora è lì, perfettamente formulato da Kurt. O quel momento in cui vi ritroverete a raccomandarvi di ricordare certe parole, o quello in cui vi immaginerete Vonnegut, anziano con lo sguardo vivace, mentre pronuncia una battuta, e lì sorriderete.
In quel momento sarete – saremo - meno soli e certamente questo, a Kurt, avrebbe fatto piacere.
*A proposito della copertina, Silvia Pelizzari, che ne sa sempre una più del diavolo, mi ha inviato questo link in cui si svela perché il gelato in copertina è proprio ai gusti di fragola, pistacchio e cioccolato. Non è interessantissimo?
Kurt Vonnegut, Quando siete felici, fateci caso, minimum fax, 2014
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