La notizia è stata data ieri mattina, tardo pomeriggio in Italia, sulle pagine del New York Times e in pochi minuti è rimbalzata su tutte le testate globali, occupando uno spazio mediatico addirittura maggiore di quello del lato B di Kim Kardashian. Pace fatta tra Amazon e Hachette, si conclude una delle dispute più combattute del mondo dell’editoria.
Ma se siete a caccia di dettagli di questo storico accordo, sappiate che i due big non si sono sbottonati ma hanno solo annunciato di aver appianato le loro divergenze e di essere giunti alla firma di un nuovo contratto pluriennale, i cui termini accontenterebbero entrambi. A quanto riferisce il NYT, Hachette avrebbe ottenuto di poter decidere i prezzi dei propri e-book venduti sul colosso dell’e-commerce, punto che se ben ricordate era stato il casus belli di tutta la vicenda.
«Una gran bella notizia per gli scrittori», così commenta Michael Pietsch, chief executive di Hachette, sottolineando come l’accordo porterà grossi benefici agli autori del gruppo. Soddisfatto anche David Naggar, dirigente di Amazon, che preferisce mettere in evidenza i vantaggi per i lettori, in quanto il nuovo contratto conterrebbe specifici incentivi per mettere Hachette nelle condizioni di offrire un prodotto a prezzi più contenuti.
Commenti composti che stonano con i toni da ring ai quali ci aveva abituato questa vicenda fatta di colpi bassi, illustri prese di posizione e invocazioni al boicottaggio. Cogliamo l’occasione per ripercorre insieme le tappe che avevano portato alla rottura, tappe delle quali noi di Finzioni vi avevamo dato puntualmente riscontro.
Il tutto è cominciato la primavera scorsa, in occasione della rinegoziazione dei termini del contratto tra le due parti, quando la casa editrice controllata dal gruppo Lagardère accusò Amazon di cercare di ottenere le condizioni richieste boicottandola e allungando notevolmente i tempi di consegna dei libri del gruppo, portandoli addirittura a diverse settimane, senza che questi ritardi corrispondessero ad una effettiva carenza di quei titoli.
La trattativa in corso tra i due colossi – la piattaforma di e-commerce più potente del mondo e uno dei "Big Five" dell’editoria – verteva principalmente sulla questione del prezzo dei libri, e nello specifico degli e-book, per i quali Amazon premeva per la fissazione di un prezzo massimo di 9,99 $ per ogni nuova edizione.
Pratiche al limite del ricatto, che hanno immediatamente suscitato diffusa indignazione e sollevato un polverone mediatico senza precedenti. A gettare ulteriore benzina sul fuoco ci ha pensato Amazon, che a luglio ha provato a forzare il contratto facendo una mossa vagamente demagogica: la proposta era che per ogni eBook venduto, un compenso pari al 100% netto andasse agli autori coinvolti nella contesa, finché non si fosse arrivati a un accordo. L’offerta, pervenuta attraverso David Naggar, vice presidente di Kindle Content, è stata rifiutata da Hachette, che l’ha percepita come un tentativo di forzare la risoluzione della controversia ed è stata ritenuta un’azione in malafede anche dalla Authors Guild, che ha espresso il suo disappunto in una lettera che abbiamo tradotto qui.
Il 19 settembre un gruppo di 900 autori, riuniti sotto la sigla di Authors United, ha inviato una lettera aperta al board di Amazon, chiedendo di risolvere la contesa con il gruppo, senza danneggiare ulteriormente gli autori e i lettori, le vere vittime di questa faida.
Come scrittori – alcuni, ma non tutti pubblicati da Hachette – siamo fermamente convinti che nessun libraio dovrebbe impedire o boicottare la vendita di libri, tantomeno scoraggiare i clienti da ordinare o ricevere a casa i romanzi che desiderano. Amazon non ha il diritto di utilizzare un gruppo d’autori, estranei a questo conflitto, per compiere delle vere e proprie rappresaglie.
Tra i firmatari illustri di questo appello figuravano Paul Auster, John Grisham, Stephen King, Donna Tartt, tra i sostenitori anche il New York Times e il Wall Street Journal.
Ma la temperatura ha raggiunto il livello massimo a fine settembre, quando a entrare sul ring della guerra dei libri è stato l’agente letterario più noto e potente del mondo, Andrew Wylie aka Lo Sciacallo, che ha schierato contro le "politiche da strozzinaggio" dell’azienda di Jeff Bezos un battaglione di pesi massimi, tutti autori appartenenti alla sua scuderia, quali Orhan Pamuk, V.S. Naipaul, Philip Roth, Milan Kundera, Salman Rushdie. Viene scomodato addirittura il Dipartimento di Giustizia americano, invitato a prendere posizione contro le tattiche monopolistiche illegali di Amazon. Non contento, in un’intervista successiva, Lo Sciacallo ha definito la piattaforma di e-commerce "an Isis-like distribution channel".
E in difesa di Amazon, anyone? Qualcuno c’era. Tra i sostenitori di Bezos coloro che ritengono che le politiche di prezzo del gigante di Seattle avvantaggino il consumatore finale, nonché un gruppo di autori emergenti, promotori di una petizione pro-Amazon dal titolo Stop fighting low prices and fair wages, nella quale sostenevano che Amazon, grazie ai servizi di auto-pubblicazione, abbia fatto molto per far emergere gli scrittori non affermati.
In tutto questo polverone, a non essersi mai pronunciato è Jeff Bezos in persona. Come dicevamo, non sono noti i dettagli dell’accordo, quindi non sappiamo se quel volpone sia caduto ancora una volta in piedi. Quello che è noto è che parte dell’accordo prevede che i libri di Hachette tornino in vendita con sconto pieno e spedizione immediata, anche se ancora ieri mattina alcuni libri del gruppo avevano significativi ritardi, fino a diverse settimane ad esempio per i bestseller di Malcolm Gladwel. Una situazione che, stando alle indiscrezioni sull’accordo, non dovrebbe più ripetersi in futuro. Tutto bene quel che finisce bene dunque, almeno fino al prossimo rinnovo.
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