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Le 5 poesie più belle mai messe in scena sul grande schermo

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A leggere poesia siamo rimasti in pochi. Sarà perché alcuni non si sono mai smossi da "lanéb biaglìr ticòlli / piovìg ginàn dosàle" della seconda media, sarà perché il nostro mondo non è più un mondo bambino e siamo tutti scafati postmoderni, sarà perché buona parte dei sedicenti poeti di oggi parlano principalmente a se stessi e alle loro piccole cerchie di eletti, ma rimane il fatto che la poesia è diventata merce rara da trovare nel bagaglio dei lettori, e questo è un peccato.

È un peccato davvero, perché se è vero che "la mente è una metafora del mondo degli oggetti", allora la poesia è il linguaggio che dà forma e suono a questa metafora. E forse è per questi motivi, perché ormai ci siamo disabituati a leggere e scrivere poesia nonostante tutta la sua bellezza, che quando una poesia riesce a farsi strada fino a noi attraverso altri mezzi, ecco che ne rimaniamo abbagliati e senza parole. Eccovi qui di seguito cinque esempi nei quali rime e versi si sono fatti strada sullo schermo della tv o del cinema, per rimanere poi incollati nella testa degli spettatori.

Così vediamo che quando i registi si decidono a tirare in ballo una poesia per far passare il loro messaggio, beh allora… shit just got serious. Perché in che altro modo si può parlare dell'amore e del tempo, delle vacuità del potere e della gloria, dell'assurdità dell'uomo, dell'immane stupidità e della profonda infelicità di quell'assurdo idiota che si è inventato di tradurre Eternal Sunshine of the Spotless Mind con Se mi lasci ti cancello, se non attraverso un verso, una rima, un'allitterazione? Perché la poesia è fatta per affrontare temi immortali, e quando si riesce a metterla in scena al meglio, i risultati sono memorabili.

Eccovi la mia personale classifica dei cinque migliori pezzi di cinema e televisione in cui la poesia è al centro della scena, a partire dalla quinta posizione in su:

5 – O Captain! My Captain! (O Capitano! Mio Capitano!) di Walt Whitman nell'Attimo fuggente

Oh! Capitano, mio Capitano, il tremendo viaggio è compiuto,
La nostra nave ha resistito ogni tempesta: abbiamo conseguito il premio desiderato.

C'è poco da fare, quando nel finale dell'Attimo Fuggente il professor Keating deve ritornare nella sua vecchia classe a raccogliere i propri effetti personali dopo essere stato ingiustamente licenziato, e lì viene salutato dai propri allievi — ciascuno in piedi sul proprio banco — con i versi di O Capitano! Mio Capitano!, scende sempre la lacrimuccia. L'Attimo fuggente parla di cosa vuol dire essere giovani, e di cosa vuol dire vivere una vita degna di essere vissuta: la scelta di Walt Whitman non poteva che essere la più azzeccata.

 

 

4 – Eloise to Abelard di Alexander Pope, in Eternal Sunshine of the Spotless Mind

Com'è felice il destino dell'incolpevole vestale!
Dimentica del mondo, dal mondo dimenticata.
Luce senza fine di una mente immacolata!
Ogni preghiera accolta e ogni desiderio rinunciato.

Ci sono mille dettagli nei quali potersi immedesimare dentro alla storia d'amore continuamente cancellata e ripetuta fra Joel e Clementine, e com'è bello guardare e riguardare questo film come se non l'avessimo mai visto, stregati dalla fantasia di Michel Gondry e dalla tristezza della storia. E se per un attimo ci dimentichiamo del tenore religioseggiante di Eloisa ad Abelardo, è facile intravedere come la poesia di Alexander Pope siano quasi come dei versi di un animale innamorato.

 

 

3 – The Hollow Men (Gli uomini vuoti) di T.S. Eliot, in Apocalypse Now

Siamo gli uomini vuoti
Siamo gli uomini impagliati
Che appoggiano l'un l'altro
La testa piena di paglia…

Lo so, lo so: Francis Ford Coppola, Marlon Brando e T.S. Eliot si meriterebbero di stare più in alto nel podio, ed effettivamente il monologo del Colonnello Kurtz che legge Eliot seduto in penombra, febbricitante e consapevole della propria morte imminente, è impareggiabile. The Hollow Men è la poesia che mi ha introdotto a T.S. Eliot attraversando la mia testa come se vi avesse spalancato all'improvviso una porta che non sapevo esistesse.

 

 

2 - As I Walked Out One Evening di W.H. Auden, in Before Sunrise

The years shall run like rabbits,
For in my arms I hold
The Flower of the Ages,
And the first love of the world.

Ogni volta che prendo un treno per qualche destinazione lontana e possibilmente fuori confine, non posso fare a meno di cominciare a immaginare scenari impossibili à la Before Sunrise, fatti di giovani donne in vestiti di cotone, libro per le mani, sguardi misteriosi e promesse di camminate notturne, vino e amore in qualche capitale europea. Poi mi ricordo che devo scendere a Bassano del Grappa, e mi viene un po' da piangere per la disperazione. W.H. Auden fa capolino in Before Sunrise, con tanto di ammiccamento a Dylan Thomas. As I Walked Out One Evening contiene due fra i versi più belli della poesia inglese (secondo me, eh): "And the crack in the tea-cup opens / A lane to the land of the dead".

 

 

1 – Ozymandias di Percy Bysshe Shelley, in Breaking Bad

«Il mio nome è Ozymandias, re di tutti i re,
Ammirate, Voi Potenti, la mia opera e disperate!»
Null'altro rimane. Intorno alle rovine
Di quel rudere colossale, spoglie e sterminate,
Le piatte sabbie solitarie si estendono oltre confine.

La voce di Bryan Cranston/Walter White che legge Ozymandias di Shelley ha qualcosa di voce primordiale, è la voce di un profeta biblico che legge l'Ecclesiaste, una voce che entra nelle ossa. Walter White è Ozymandias, re di tutti i re, ucciso dal cancro e dalla hybris, ora niente altro che un cumulo di frammenti di pietra, una statua inghiottita da un deserto piatto e senza voce.

 

Ozymandias – As Read by Bryan Cranston- Breaking Bad from Dara's Class on Vimeo.

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