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Intervista a Bianca Pitzorno

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Conobbi Bianca Pitzorno nel 1999, alla Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna. All'epoca avevo 12 anni, e spiegare cosa significasse per la me di allora rivolgere la parola all'autrice dei libri che più avevano aperto i cassetti della mia fantasia e del mio cuore è di una difficoltà davvero impensabile. Per me ‒ e per tante bambine della mia generazione ‒ Bianca Pitzorno non è stata solo una brava scrittrice; è stata una mamma bis che, senza scapaccioni né rimproveri, ha forgiato, pagina dopo pagina, il mio carattere e i miei ideali, prendendomi per mano e portandomi a conoscere la vita vera, quella, purtroppo, spesso nascosta ai più giovani poiché ritenuti "troppo piccoli per". Anno dopo anno, storia dopo storia, Bianca mi ha portata su, sempre più su, a rimirare il mondo dall'alto, rivelandomi cose che nessun adulto aveva ancora avuto il coraggio di dirmi.

Cara Silvia, questa è la vita, che ti piaccia oppure no.

Bianca non ha mai trattato i bambini come tali, e forse è proprio questo che la ragazzina pigolante di 14 anni fa inizialmente non comprese durante quel nostro primo incontro nel quale, infatti, mi aspettavo chissà quali salamelecchi. A distanza di tempo, a mente fredda e, soprattutto, in seguito alla nostra recente chiacchierata, ho capito che forse è proprio questo che fa di Bianca Pitzorno una scrittrice d'eccezione, inossidabile e imperitura: il suo narrare la vita senza sconti, mettendone in luce gli aspetti più scomodi e meno appetibili, raccontando a chi alberga nel mondo da poco che vivere è anche morte, e dolore, e ingiustizia, e povertà, e sudiciume. Ci vuole coraggio nel dire la verità, soprattutto ai più piccoli: Bianca lo ha sempre fatto con trasparenza e umiltà, senza atteggiarsi a mentore o maestra di vita, bensì per l'appunto in qualità di mera narratrice e cantastorie. Di questo, non potrò che esserle eternamente grata.

Ho rivisto Bianca Pitzorno 14 anni dopo, un paio di settimane fa, sempre in occasione della Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna, e nonostante il ragionamento intrapreso è ancora difficile spiegare debitamente cos'abbia significato per me intervistarla. Per darvi un'idea, non posso che citare uno dei suoi libri a me più cari, Ascolta il mio cuore, e la prediletta tra le sue eroine, ovvero Prisca Puntoni:

Però, nonostante la sua spavalderia, era emozionatissima. Man mano che si avvicinavano all'aula sentiva il cuore accellerare i suoi battiti. Prese la mano di Elisa e se la poggiò sul petto. Elisa sentì BUM BUM BUM…

- Smettila! Lo fai apposta per farmi spaventare – protestò.

- Certo che per essere la nipote di un cardiologo sei proprio ignorante – rispose l'amica. – Non ti ricordi che la signorina Sole ci ha spiegato che i movimenti del cuore, come quelli dei polmoni e dello stomaco, sono involontari? Non è possibile farlo apposta.

bianca4 Intervista a Bianca Pitzorno

***

Lei ha sempre sottolineato quanto scrivere sia equivalente allo scagliare una freccia nel buio. Si scrive di ciò che si conosce, e non si può tenere conto preliminarmente di chi si andrà a colpire, perché ne verrebbe meno lo spirito stesso del romanzo. A distanza di più di quarant’anni dal suo esordio letterario, è impossibile però non notare che le frecce scagliate hanno fatto breccia in un quantitativo incredibile di cuori, cuori peraltro appartenenti a bambini di più generazioni. Pensa che il segreto di tale risultato stia proprio nel fatto che lei ha sempre scritto indipendentemente dal pubblico che avrebbe raggiunto?

Io penso che questo valga per me come per qualsiasi altro vero scrittore. Una delle cose che, secondo me, danneggia maggiormente l'ambito dell'editoria per ragazzi è il fatto che non esistano settori di saggistica o divulgazione. I bambini sono perfettamente in grado di capire quel che vogliamo dire loro senza la necessità di creare una storiella o un personaggio: possiamo parlare ai bambini direttamente. Se io racconto una storia che in qualche modo parla del destino di un essere umano, e se questo destino riesce a diventare, in qualche modo, specchio per una pluralità di persone, quella è letteratura, e quella è sempre stata la mia intenzione. Non so quante volte io vi sia effettivamente riuscita, ma probabilmente è questo il motivo per il quale i miei libri sono durati nel tempo.

Una delle cose che ho sempre amato dei suoi libri sono le splendide e ricche prefazioni. In quella de La voce segreta raccontava il suo entusiasmo per aver finalmente illustrato in prima persona il suo libro. Parte della sua produzione porta la firma, però, di un illustratore d’eccezione, Quentin Blake, che peraltro ha illustrato quasi tutta la celeberrima saga di Lossai. Quali personaggi della saga è riuscito meglio a delineare e quali, invece, erano differenti nella sua testa?

Allora, qui devo dichiarare la mia grande ammirazione per Quentin Blake e soprattutto per la sua umiltà. Quentin è un grande, non fa lo schizzinoso né l'"artista". Molti illustratori, purtroppo, spesso pensano che la loro attività trascenda dal testo, al punto da non leggere nemmeno i libri sui quali lavoreranno. "Quintino", a differenza loro, non si offendeva mai, e se io dicevo «Guarda che Prisca ha i capelli così», lui li disegnava esattamente come gli avevo suggerito. Il raggiungimento massimo lo ottenemmo con Re Mida ha le orecchie d'asino (terzo capitolo della saga di Lossai, ndr), che è ambientato nella Sardegna degli anni '50. Io avevo un filmato fatto da mio padre al mare con paesaggi simili a quelli che fanno da sfondo al romanzo: si vedevano la barca, mia madre con i costumi da bagno dell'epoca, i bambini… insomma, mandai a Quentin il VHS e lui, con grandissima umiltà, interpretò fedelmente con le sue illustrazioni quel filmato. Nei suoi disegni ho rivisto i miei 12 anni, la tata dei miei fratelli, la pergola sotto cui ballavamo… Quentin è riuscito a mantenere perfettamente lo spirito e il clima di quelle particolari ambientazioni, e non ha mai detto «Ma chi si crede di essere, questa? Gli anni '50 li interpreto come voglio io.» È un grandissimo artista.

Argia Sforza è uno dei personaggi, tra i tanti, davvero memorabili della sua produzione: assieme a Miss Minchin di Sara Crewe e alla signorina Spezzindue di Dahl, è stata la maestra che ha scatenato l’indignazione delle alunne di tutta Italia. Per delineare la severissima docente, ha preso spunto da qualche persona reale del suo passato? Bianca Pitzorno scolara ha avuto a che fare con una sua personale Argia Sforza?

La maestra Sforza esiste: io ho avuto a che fare con lei per tutta la durata delle elementari e i fatti raccontati sono tutti veri, anche se non sono successi in un unico anno scolastico. Lei era veramente così; non è paragonabile alla Spezzindue, perché la Spezzindue era una persona violenta di per sé, comunque e con chiunque. La mia maestra era una aspirante piccolo-borghese che maltrattava solo bambine povere, mentre si prostrava davanti a quelle appartenenti alle famiglie più abbienti della città. 

Mi ha sempre incuriosita immaginare come fosse Bianca Pitzorno da bambina. Personalmente, l’ho sempre identificata con Prisca, forse per le velleità da scrittrice o in generale per la grande esigenza di scrivere. Citando nuovamente la saga di Lossai e Ascolta il mio cuore, a quale bancata sarebbe appartenuta Bianca Pitzorno? Maschiacci, Conigli o Leccapiedi?

Noi non avevamo in classe le tre bancate, non vi erano gruppi così definiti come quelli del libro, ma se fossero esistite avrei sicuramente fatto parte di quella dei Maschiacci. Fummo in 4 o 5 bambine "ricche" a ribellarci alla maestra: non eravamo così aggressive, facevamo più che altro resistenza passiva. Autobiografico è sicuramente il fatto di aver cercato di farmi schiaffeggiare: sono stata io. Ho provocato la maestra oltre ogni limite, senza riuscire, però, a ottenere il fantomatico schiaffo. Per quanto riguarda Prisca, no, non ero come lei: a differenza sua, ero una bambina molto timida. La mia ribellione più grande era la scrittura, e lì sì che scrivevo cose turche contro alla maestra!

Spesso ha raccontato del suo mestiere di scrivere parlando di un "lavoro solitario” e aggiungendo di essere, prima che scrittrice, un’accanita lettrice. Come ama leggere Bianca Pitzorno?

Doverosa premessa: io non riesco ad addormentarmi senza prima leggere qualche pagina. Per me la lettura è un rito di passaggio dalla vita quotidiana al sonno e al mondo onirico. Che sia un manuale di istruzioni o il bugiardino di un medicinale, io devo leggere prima di addormentarmi, e se non ho qualcosa da leggere mi dispero e può capitare che non riesca a prendere sonno. Sul comodino ho sempre 3 o 4 libri diversi: c'è il principale, quello che non ho ancora letto e che sto per l'appunto leggendo, e altri tre che sono riletture o libri nuovi che però non mi coinvolgono ancora molto o che posso permettermi di leggere più sporadicamente. Il principale è sempre una fiction, e poi vi accosto sempre un piccolo saggio, alternandoli. Raramente leggo di giorno; purtroppo non posso leggere sui mezzi perché mi viene la nausea. Rileggo tanto, adesso sono in quella fase della vita dove amo leggere nuovamente libri che ho amato: ho riletto tutto Proust e anche tutto Harry Potter durante un trasloco! Vi sono libri che, riletti dopo tanti anni, risultano essere completamente diversi da come ce li ricordavamo. Un esempio recente è La lettera scarlatta: lo lessi quand'ero molto giovane, e avrei giurato che il cattivo fosse il prete, avrei testimoniato in tribunale! L'ho riletto l'estate scorsa, e il povero prete è una vittima quanto lei. È proprio vero quel che dice Eco: il testo è una macchina pigra, e siamo noi a farlo camminare. Un'altra mia attitudine è quella di rileggere immediatamente un libro subito dopo averlo finito. Mi è capitato con Il ragazzo giusto; quando ho finito di leggere mi sono quasi messa a piangere, e ho pensato «Non posso stare senza questa famiglia.» E così, ho ricominciato a leggerlo da capo.

In un’intervista, ha dichiarato di non essere entusiasta di varie rielaborazioni delle sue storie, per l’appunto perché sue o perché difficilmente riadattatabili in formati diversi da quello cartaceo o librario. Ha poi aggiunto che le sarebbe piaciuto vedere una sua storia sul grande schermo per la firma di Truffaut. Quale tra i suoi tanti libri in particolare le piacerebbe, in un universo immaginario, vedere sul grande schermo ad opera del regista?

Be', per esempio, Extraterreste alla pari. Sarebbe il regista perfetto per evidenziarne il grande disagio. Basti pensare a Gli anni in tasca: alla fine, nonostante le molte battute e i toni frizzanti, i bambini di quel film sono tutti tristi e infelici. A me spiace sempre molto essere considerata, da chi non mi conosce, una scrittrice che fa ridere o divertente solo perché "per bambini". Nella maggior parte dei miei libri, invece, io metto in scena il dolore dei più piccoli, il loro disagio, senza la redenzione dell'adulto che arriva dall'alto e salva tutto e tutti. Uno dei libri che amo molto e che secondo me sarebbe stato magnificamente interpretato da Truffaut è Re Mida ha le orecchie d'asino: la scoperta del sesso è un evento problematico, se non addirittura drammatico. Nel romanzo, Lalage capisce che c'è un corpo, non solo da un punto di vista sessuale, e che questo corpo si può ammalare e morire. Non capisco perché gli adulti si ostinino dire che i ragazzi non pensino a queste cose: ci pensano eccome, semmai siamo noi a fare erroneamente di tutto affinché non sia così.

Lei è mamma o in qualche modo portavoce di tantissime eroine, elementi costanti di tutta la sua produzione letteraria. Immagino che, come risulta difficile per noi lettrici sceglierne una, lo sia a maggior ragione per lei che le ha scritte e create. Ma ve ne è una, tra le tante, che nel suo cuore occupa una posizione di predominio?

Perché ci dev'essere una preferita? Non ci dev'essere! Potrei dire Teo (La bambola dell'alchimista, Mondadori 1998, ndr), perché è una persona perbene: seppur giovane, è onesto, sincero, si prende cura degli altri ed è molto responsabile. È buffo, scrivo di bambine e dico che il mio preferito è uno dei pochi personaggi maschili, però è uno dei più seri. Un altro personaggio che mi diverte molto è Toussaint de La bambinaia francese.

Questa è una domanda che facciamo sempre. Quale il personaggio letterario con il quale andrebbe volentieri a cena?

No, a cena no, non mi importa di mangiare: semmai con chi andrei a fare una passeggiata, o una gita in barca. Un personaggio letterario che adoro è Levin di Anna Karenina: non so cosa ci andrei a fare, magari andrei con lui nel bosco a raccogliere funghi, o qualcosa del genere. Amo molto l'Idiota, ma forse con lui mi troverei in imbarazzo. E magari opterei anche per qualche personaggio di Dickens, di quelli un po' strampalati con i quali potrei divertirmi.

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