
Due giorni e dieci anni or sono, è avvenuta una rivoluzione. Uno "sbarbatello" studente di Harvard con le infradito addosso diede vita nella sua camera di dormitorio ad una delle realtà informatiche più di successo della storia recente. Se non avete capito, sto parlando, naturalmente, di Facebook, la "creatura" di Mark Zuckerberg!
Al pari soltanto di altri "giganti" del web, come Google, Facebook è riuscito in breve tempo ad imporsi come realtà dominande nel mondo, pur vasto, dei social network, le reti sociali su cui spendiamo tanto tempo e risorse ma che forse non conosciamo così bene. Lo scopo della puntata di oggi, infatti, non è tanto di "celebrare" il successo di Zuckerberg, quanto di capire un po' meglio di "pasta" siano fatti Facebook e gli altri "social".
Ad aiutarci in questa ricerca, vengono due libri, anche loro di dieci anni fa, scritti rispettivamente dal fisico e informatico Albert-László Barabási e dall'altrettanto fisico di formazione, ma giornalista scientifico di professione, Mark Buchanan, intitolati Link. La scienza delle reti e Nexus. Perché la natura, la società, l'economia, la comunicazione funzionano allo stesso modo.
Barabási è uno specialista di teoria delle reti, quella disciplina, legata all'ambito matematico della teoria dei grafi, che studia le connessioni, simmetriche o asimmetriche, fra oggetti discreti. Si può parlare di connessioni, o di grafi, fra elementi puramente fisici, come gli atomi di un solido cristallino, tenuti insieme da legami chimici, oppure fra le molecole e i composti biochimicamente attivi in una cellula, anch'essi legati insieme da reazioni chimiche. Ma si può benissimo parlare di reti composte da computer, magari di un piccolo gruppo di terminali collegati ad una rete di ufficio, e così via.
Nel caso di Facebook, e delle altre reti "sociali", gli elementi che costituiscono i grafi non siamo altro che noi, o per meglio dire i "profili", i "gruppi" e le "pagine" tramite cui manifestiamo la nostra presenza nel network.
Come Barabási mostra nel suo libro, la matematica che governa le reti, di qualunque natura esse siano, è del tutto generale e tale generalità fa sorgere notevoli campi di ricerca ipotizzando che tramite lo studio dell'architettura di un social network si possano trovare nuove strategie per la descrizione, almeno qualitativa, di reti biologiche o ecologiche, la cui "complessità" è tale da rendere una modellizzazione efficace molto difficile.
Un esempio interessante di quanto le reti sociali possano sorprenderci è rappresentato dall'esperimento del "mondo piccolo" di Stanley Milgram, psicologo dell'università di Harvard che negli anni '60 volle "misurare" il grado di separazione medio che sussiste fra i membri di rete.
Come racconta anche Mark Buchanan nel suo Nexus, l'esperimento di Milgram, che consistette nel far spedire tramite posta dei pacchetti da mittenti che non conoscevano personalmente i destinatari e che quindi potevano unicamente "farsi aiutare" spedendo il pacchetto a dei destinatari intermedi, da loro conosciuti, e che potevano a loro volta conoscere il destinatario finale. Il risultato dell'esperimento, che certo pecca di rigidità metodologica, è però curioso: globalmente, i pacchetti non impiegarono più di 7 e non meno di 5 "collegamenti" per raggiungere il loro punto di arrivo; da qui, la frase, poi usata ed abusata, dei "sei gradi di separazione".
La teoria delle reti, in particolare dei social network, è di notevole interesse e sempre di più la ritroviamo collegata a tematiche quali la complessità e la descrizione matematica dei sistemi reali. La prossima volta che aggiornerete il vostro profilo, o cliccherete su di un link, pensate a quanti passi ci sono voluti e a quanti modelli sono stati elaborati per arrivare a darvi l'impressione di appartentere a questa nuova, digitale, grande "famiglia".
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